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Ciclismo

Alfredo Binda, il fuoriclasse immortale che ha fatto la storia del Giro d’Italia e del Mondiale

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Alfredo Binda è stato il corridore più vincente nel periodo antecedente alla Seconda Guerra Mondiale. In un’ipotetica classifica dei migliori pedalatori italiani di tutti i tempi, si gioca il primo posto con Fausto Coppi e Gino Bartali. Il suo palmares è sterminato e tutt’oggi Alfredo, soprannomitato il Trombettiere di Cittiglio, detiene diversi primati. E’ recordman di successi al Giro d’Italia, cinque come Coppi e Merckx, di vittorie di tappa in un edizione della Corsa Rosa, dodici, conseguite nel 1927, e di trionfi parziali consecutivi, otto nel 1929. Oltretutto, è anche uno dei cinque corridori ad aver conquistato tre edizioni del Campionato del Mondo.

Alfredo era un atleta completo, pressoché devastante su ogni terreno. Andava fortissimo su qualsiasi tipo di salita. Sul passo possedeva doti sublimi che gli permettevano di eccellere a cronometro e di portare a termine azioni a lunga gitata. Era anche abbastanza veloce, inoltre, soprattutto in sprint ristretti. Tra le vittorie ottenute in volata, ovviamente, non si può non citare i Mondiali del 1930. Oltretutto, era capace di splendere anche con condizioni climatiche decisamente avverse. Memorabili gli assoli solitari con cui, in giornate da tregenda, conquistò il Giro di Lombardia del 1926, ove rifilò 29’40” al secondo classificato Antonio Negrini, e il primo Campionato del Mondo, nel 1927, al Nürburgring, nel quale piegò Costante Girardengo dopo un duello epico.

Nato a Cittiglio, in provincia di Varese, l’11 agosto 1902, da giovane Binda si trasferì in Francia per lavorare. Fu al di là delle Alpi che nacque la sua leggenda. Tra il 1923 e il 1924 vinse circa 30 gare del calendario transalpino. Quei risultati, uniti alla grande prestazione al Giro di Lombardia del 1924, ove Binda si era levato tutti di ruota sul Ghisallo, prima di subire la rimonta di Giovanni Brunero, convinsero la Legnano ad offrirgli un contratto per la stagione 1925.

Il suo esordio nel Bel Paese fu folgorante. Alla prima stagione vinse Giro d’Italia e Giro di Lombardia. Da quel momento in poi si aprirà un lustro di vera e propria dittatura. Nel 1930 l’organizzazione della Corsa Rosa lo pagò per non partecipare. Lui andò al Tour de France, conquistò due frazioni di cui una comprendente Tourmalet e Aubisque, ma, successivamente, si ritirò poiché i soldi che gli erano stati promessi per saltare il grande giro italiano non gli erano ancora arrivati.

Costretto al ritiro dalla Corsa Rosa, mentre era primo in classifica, nel 1931, a causa di una caduta, e limitato da problemi intestinali nel 1932, otterrà il quinto e ultimo successo al Giro d’Italia nel 1933. Sarà anche la sua ultima stagione ad alto livello, prima di due anni di declino che porteranno al suo ritiro nel 1936. Terminata la carriera, Binda diventa commissario tecnico della nazionale e guida Bartali e Coppi al successo del Tour de France.

Binda, nel complesso, è stato un corridore capace di dominare il suo tempo come ci è riuscito giusto Eddy Merckx quarant’anni più tardi. Aveva un talento incredibile e in bicicletta gli veniva tutto naturale. Paradossalmente cinque Giri d’Italia gli stanno anche stretti. Nel 1926 e nel 1931 furono le cadute a costargli il successo, nel 1932 un problema allo stomaco e nel 1930 lo pagarono per non partecipare. Pur non interessandosi mai realmente al Tour de France e alle grandi classiche straniere, dimostro il suo valore al di fuori dei confini nazionali grazie al Mondiale. Nella rassegna iridata non solo conquistò tre successi, ma fu sovente il più forte anche quando i suoi rivali trovarono il modo di batterlo.

 

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luca.saugo@oasport.it

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Foto: Lapresse

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