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Andrea Santarelli: “E’ stata dura arrivare al top. Alla scherma serve più visibilità”. E quelle stoccate in beneficenza…

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Un 2019 da incorniciare, con le prime medaglie ‘pesanti’ a livello individuale (bronzo europeo, argento mondiale), anno solare concluso da n.1 del ranking per la prima volta in carriera, a dicembre. E un’Olimpiade a cui pensare già in sottofondo, in questo 2020 appena iniziato, ricordando lo splendido secondo posto a squadre conquistato a Rio 2016 dopo una qualificazione sofferta ai Giochi brasiliani. Andrea Santarelli da Foligno, 26 anni, trapiantato professionalmente a Milano, ripercorre le tappe della sua vita sportiva che l’hanno portato a guardare tutti dall’alto per poche settimane, ma non certo ad accontentarsi, visto che di obiettivi da raggiungere ce ne sono ancora tantissimi. E intanto continuano le sue… stoccate di beneficenza, visto che ogni “tocco” in pedana serve a sostenere l’associazione di pubblica assistenza Croce bianca di Foligno. Umbragroup, azienda locale leader mondiale nella meccanica aeronautica e aerospaziale, ha infatti deciso di devolvere un euro per ogni “botta” messa a segno dall’atleta folignate nel corso della sua stagione sportiva. Trattasi del progetto “Una stoccata per l’Umbria“. “Devolvere in beneficenza un euro per ogni mia stoccata – le parole di Santarelli – è sempre e comunque una motivazione in più quando si scende in pedana contro un avversario“.

Andrea, a Doha, nel 1° GP Fie stagionale, è tornato sul podio in Coppa. Sensazioni? 

Sono molto soddisfatto di quella gara. È stata una giornata iniziata in salita, alla ricerca di quelle buone sensazioni che a stento sono venute fuori. Alcuni colpi uscivano con difficoltà e mi sentivo un po’ ‘macchinoso’. Riuscire ad ottenere un risultato partendo da questa situazione è una novità per me ed è per questo che vale doppio. Ora la testa va alla gara a squadre di Vancouver dove sono di nuovo in palio punti importanti per la qualificazione olimpica”.  

Tornando invece indietro ad Heidenheim, cosa le è rimasto di quella gara?

Ben altro discorso. Individualmente ho perso con un atleta in giornata, ma senza riuscire a esprimere la mia scherma e questo mi pesa ancora. Per la squadra è stato diverso, ci ho messo più determinazione e carattere, come tutti del resto, e si è visto. Un quarto posto non è stato assolutamente da buttare in ottica qualificazione”.

Com’è stato trovarsi al n.1 del ranking a dicembre? Ok adesso c’è Bida, ma la sensazione di stare lì davanti a tutti com’è?

È una strana sensazione, in quanto mi sono ritrovato là in cima senza essermene reso conto. E’ arrivato tutto molto in fretta, partendo da una situazione assurda dopo aprile dell’anno scorso, quando ero a malapena 20esimo. Ma fa tutto parte di una maturazione che era latente e che è esplosa da un giorno all’altro. Ho attraversato momenti duri per essere lì e ora me lo godo un po’ “.

Ci racconta un attimo dei suoi spostamenti da Foligno? E’ vero che ormai ha imparato anche… le imprecazioni in siciliano?

Milano è stata l’inizio della mia maturazione sia come persona, sia come atleta. Avevo bisogno di cambiare aria e, senza nulla togliere ai miei compagni di Foligno, questa è la giusta piazza per poter sfondare in questo sport. Le imprecazioni in siciliano vengono di conseguenza nel momento in cui ti ritrovi a condividere qualunque cosa con tre personaggi come Marco Fichera, Enrico Garozzo e Paolo Pizzo. È diventato quasi un secondo dialetto!“.

Capitolo squadra: come avete accolto l’addio di Paolo Pizzo e come è cambiata la ‘chimica’ interna con Cimini o Di Veroli?
L’addio di Paolo è arrivato quando meno me l’aspettavo ed è una di quelle cose alle quali non vuoi credere, perché sembrava davvero impossibile a un passo da Tokyo. Comunque l’alchimia con Cimini prima e con Di Veroli ora si è ritrovata subito. Un obiettivo in comune così forte ha aiutato molto“.

 

L’argento di Rio che sensazioni le ha lasciato 4 anni dopo e pensando a quanto indietro nel ranking fosse la squadra solo agli Europei di Montreux 2015?

Questa qualificazione è stata diametralmente opposta a quella passata. Per me, ma anche per il gruppo.
Personalmente ho una maturità tecnica completamente differente, e la squadra ci arriva per confermare una medaglia, non per fare l’exploit. Da me si dice che vincere è difficile, confermarsi di più.
Vedremo…”.

Ha sempre tirato di spada o iniziato con un’altra arma?

Ho iniziato con il fioretto che mi piaceva molto di più, tanto che quando vinsi il titolo italiano di spada… quasi non lo accettavo. Ma col senno di poi mi trovo bene con la mia arma e sarebbe stato un errore intestardirmi col fioretto. Caratterialmente ritengo di essere molto più adatto a questa arma“.

Voi schermidori come vivete il quadriennio olimpico, nel senso che per tre anni e mezzo siete seguiti da pochi addetti ai lavori (noi ci siamo sempre), poi arrivano le Olimpiadi e improvvisamente si accendono i riflettori su di voi. Non è un po’ frustrante?

È chiaramente irritante. Ma la colpa non è dello spettatore, che guarda ciò che gli viene proposto meglio.
Evidentemente c’è qualcosa che non attira o che non è molto chiaro al tifoso, tanto che non riesce ad appassionarsi. Non sono un esperto e non ho una soluzione, so solo che così non va e sarebbe il caso di provare nuove strade inesplorate“.

Hobby extra scherma?

Come passione ho sempre avuto la musica e la tecnologia. Suono la chitarra e da poco sono riuscito a unire queste sue passioni, facendo dei corsi per montare video. Chissà che non possa diventare un lavoro
Ci spero. Per ora mi diverte molto!”. 

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gianmario.bonzi@gmail.com

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Foto: Bizzi.

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