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British Open 2019: il percorso del Royal Portrush e le 18 buche ai raggi X. Tanti rinnovamenti per l’approdo in Irlanda del Nord

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Mancano pochi giorni all’apertura dell’Open Championship 2019, il secondo a tenersi nell’Irlanda del Nord, e precisamente al Royal Portrush Golf Club. Francesco Molinari difenderà su queste 18 buche il Major conquistato un anno fa a Carnoustie, ma con lui ci saranno anche altri due italiani: Andrea Pavan e Nino Bertasio. Andiamo a scoprire nel dettaglio il percorso.

BUCA 1 (Hughie’s, 385 metri, par 4): per iniziare, ci sono subito da evitare due bunker con il tee shot che apre l’Open Championship, oltre a un terzo profondo non lontano dal green. Quest’ultimo è leggermente sopraelevato: interessante scoprire quello che può succedere con i differenti posizionamenti della bandiera.

BUCA 2 (Giant’s Grave, 525 metri, par 5): leggermente modificata nella sua parte iniziale, prevede parecchi bunker ai lati del fairway. Per realizzare un eagle o un birdie è necessario un tee shot di primo livello con il drive. Modificato anche il green, sull’ispirazione di quello che già c’era.

BUCA 3 (Islay, 162 metri, par 3): il soprannome deriva dal fatto che il tee shot è talmente in alto che si vede quest’isola scozzese, oltre a una buona fetta del percorso intero. Il green, piuttosto ristretto, è anche complicato da gestire perché dal centro va in pendenza in tutte le direzioni, con possibili cattive sorprese se si sbaglia il primo colpo.

BUCA 4 (Fred Daly‘s, 441 metri, par 4): è intitolata a colui che ha dato la celebrità alla città di Portrush vincendo l’Open nel 1947. Questa buca è resa difficile dal fatto che a sinistra del fairway (e anche in mezzo) ci sono molti bunker, ma soprattutto è pericoloso andare a destra, dove c’è un fuori limite molto vicino.

BUCA 5 (White Rocks, 342 metri, par 4): molto bella da vedere, si affaccia direttamente sul mare. La buca è stata recentemente rinnovata in previsione dell’Open, con un paio di bunker ai lati del fairway nelle vicinanze del green. Importante, in questo caso, è non forzare troppo con il secondo colpo, perché il fuori limite è dietro l’angolo (e l’acqua anche).

BUCA 6 (Harry Colt‘s, 177 metri, par 3): prende il nome dall’uomo che ha disegnato il percorso negli Anni ’30. Green piuttosto ampio in questo caso, con parecchie ondulazioni che possono rendere molto complicata la situazione. In molti potrebbero essere soddisfatti uscendo da questa buca con un par.

BUCA 7 (Curran Point, 541 metri, par 5): è la prima di una serie di buche completamente nuove, create apposta per l’Open. Si passa attraverso un numero non indifferente di dune. L’attenzione è rivolta a diversi bunker, tutti posizionati in maniera pericolosa lungo la strada che porta al green. In questo caso il vento è il principale fattore da tenere in considerazione: se è favorevole, in green ci si arriva in due colpi.

BUCA 8 (Dunluce, 397 metri, par 4): seconda novità, è stata ricavata da una parte di terra dove il golf non è mai passato prima d’ora. Particolarmente ondulata, questa buca gira leggermente a sinistra, e dal tee shot la principale preoccupazione è quella di non finire nel primo bunker di destra. Anche qui il green è un po’ più in su rispetto al fairway, protetto da un ulteriore bunker a destra.

BUCA 9 (Tavern, 395 metri, par 4): qui è stato aggiunto un bunker a destra nella prima parte del fairway, cosa che potrebbe convincere qualcuno a giocare il primo colpo non a tutta forza o direttamente evitando il drive. Prima di arrivare al green ci sono due bunker che, con il secondo colpo, sarebbe bene evitare, anche perché sono piuttosto profondi.

BUCA 10 (Himalayas, 408 metri, par 4): qui si gira leggermente verso destra, e serve un buon primo colpo per arrivare con la vista sul green. Non ci sono bunker, ma questo non rende meno pericoloso finire sulle ondulazioni oltre il rough.

BUCA 11 (P.G. Stevenson’s, 433 metri, par 4): Padraig Harrington, che due volte ha vinto l’Open, ha definito questo tee shot il più difficile che esista nel golf. Bisogna, infatti, superare una fascia di fairway davvero molto stretta prima di arrivare in quello vero e proprio. Anche qui si va leggermente verso destra quando si è a metà strada. Attenzione all’ampia cunetta tra fairway e green.

BUCA 12 (Dhu Varren, 486 metri, par 5): qui si è deciso di spostare indietro il tee shot di poco meno di 50 metri per trasformare la buca in un par 5. Fairway molto ondulato, con diversi bunker sulla destra, a precedere un green sopraelevato dietro al quale c’è dell’acqua, che si rischia di centrare se la palla scende verso il lato destro. Il nome è quello della stazione ferroviaria del posto, aperta cinquant’anni fa.

BUCA 13 (Feather Bed, 177 metri, par 3): cinque bunker difendono il green di una buca che, tra la parte iniziale e quella finale, differisce moltissimo per elevazione. Potrebbe risultare non semplice per molti.

BUCA 14 (Causeway, 433 metri, par 4): ci sono più di 50 metri in più per questa buca, che ha tre bunker accanto al fairway (due a destra e uno a sinistra) e un altro a sinistra del green. Quest’ultimo, ancora una volta sopraelevato, ha una marcata pendenza dal centro verso i lati, non facile da gestire.

BUCA 15 (Skerries, 390 metri, par 4): dal tee shot si sale verso un fairway ondulato e, se affrontato male, molto complesso da gestire. Con il secondo colpo è possibile arrivare in green, ma ci sono un paio di bunker pronti a ricevere un certo quantitativo di palle in caso di errate valutazioni.

BUCA 16 (Calamity Corner, 236 metri, par 3): il nome non è un caso. Se si colpisce bene dal tee shot, verso sinistra, si può arrivare in green con discreto agio, ma se si colpisce troppo verso destra si può finire parecchi metri più giù. Il sudafricano Bobby Locke, quattro Open vinti (ma non al Royal Portrush), nel 1951, decise di puntare direttamente verso un avvallamento a sinistra lungo tutti e quattro i giri, chiudendo sempre in par. Oggi quella zona porta il suo nome.

BUCA 17 (Purgatory, 373 metri, par 4): nuova partenza anche qui. Dopo un centinaio di metri si va in discesa fino al green, attorno al quale ci sono due bunker e che nella sua parte più lontana si allarga.

BUCA 18 (Babington’s, 433 metri, par 4): si va da sinistra a destra per l’ultima fatica. Molto importante, in questo caso, è non forzare troppo la mano verso sinistra, pena l’uscita dal limite. Ci sono due bunker posti ad alcune decine di metri dall’interessante green, circondato in questa occasione dalle imponenti tribune mobili dell’Open. Nel 1951 Max Faulkner riuscì a trovare un colpo miracoloso dalle vicinanze del limite che contribuì a costruire il suo successo.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Valerio Origo

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