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Formula 1

F1, Luca Cordero: “Michael Schumacher ha lasciato una traccia nel DNA della Ferrari. Padre esemplare, maniacale e vincente”

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Luca Cordero di Montezemolo è tornato a parlare del suo rapporto speciale con Michael Schumacher quando mancano ormai pochi giorni al 50° compleanno del Kaiser che taglierà il traguardo del mezzo secolo il prossimo 3 gennaio. Come sempre vige il massimo riserbo sulle condizioni fisiche del sette volte Campione del Mondo di Formula Uno a cinque anni di distanza dall’incidente sugli sci, delle recenti indiscrezioni parlano di una ripresa ma non sono arrivate conferme dirette dalla famiglia.

L’ex Presidente della Ferrari, che gustò in prima linea tutti i trionfi del fenomeno tedesco, ha rilasciato un’intervista al Quotidiano Nazionale: “Con lui abbiamo vinto e rivinto tutto, più volte. Il nostro rapporto si era presto trasformato in amicizia personale. Condivido la scelta del riserbo voluta dalla famiglia sulle sue condizioni. Sono in contatto con Corinna, ho visitato il museo di Kerpen, spero in buone notizie e auguro a suo figlio Mick di ripetere anche soltanto in parte le imprese del padre. Forse sorprenderò, ma la prima cosa che mi viene in mente, a proposito di Schumi, non riguarda il pilota. Ma l’uomo di famiglia. Era nato da poco Mick, il secondogenito. Vennero in vacanza a casa mia tutti gli Schumacher. Era estate, tempo di zanzare. Beh, ogni cinque minuti Michael correva a controllare se per caso il bambino era stato punto dagli insetti! Mi colpiva la sua attenzione maniacale ai dettagli. Con Schumi ti rendevi conto che il particolare più piccolo era comunque fondamentale. A parte l’immenso talento al volante, io credo che lui abbia lasciato una traccia nel DNA della Ferrari.

Quelli sono stati anni davvero indimenticabili: Era spesso a Maranello per i test, che allora non erano limitati. Siccome andava sempre a giocare a calcetto con i meccanici e poi a mangiare la pizza, non amava far vedere che rientrava in hotel a tarda ora. Così mi chiese di poter usare l’appartamento che Enzo Ferrari aveva fatto costruire accanto alla pista di Fiorano. Facemmo anche allestire una palestra perché era ossessionato dalla efficienza fisica. Così gli sistemammo un garage per i suoi allenamenti. Era sempre coerente con sé stesso anche nei momenti di difficoltà, che non mancarono. Oggi giustamente si ricordano le vittorie, ma lui ebbe bisogno di cinque anni per farcela. In mezzo ci furono sconfitte e polemiche. Almeno due volte, nel 1997 dopo la collisione con Villeneuve e nel 1998 dopo l’incidente con Coulthard, in Belgio, sono stato tempestato di inviti a licenziarlo! Licenziare Schumacher, capite? Mi dicevano che non sapeva controllare le emozioni, figuratevi. Pensate se avessi dato retta ai presunti opinionisti“.

Indimenticabile il giorno del primo trionfo iridato, 8 ottobre 2000 a Suzuka: “E’ stato un momento storico, c’era un’ansia popolare per quel benedetto Mondiale che non si decideva ad arrivare. Schumi incarnava un’attesa quasi messianica. Quella domenica ero a casa davanti al televisore. Tormentavo amuleti e talismani e pregavo, mischiando profano e sacro. Mancano tre giri alla fine, sto in apnea, suona il telefono. È Gianni Agnelli. Luca, mi fa, complimenti, l’incubo è finito. E io a toccare tutto, con l’avvocato che non stava zitto un attimo, per fortuna arrivò la bandiera a scacchi!“.

 

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Foto: Luigi Bertello / Shutterstock.com

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