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MotoGP: Valentino Rossi deve smettere? La prestazione di Sepang smentisce i detrattori

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Nell’era social si è abituati a valutare tutto con estrema superficialità. Talvolta basta un titolo di una condivisione Facebook per sparare a zero. Si parla di sport, in questo caso di motociclismo, e sul banco degli imputati c’è Valentino Rossi. Il “Dottore“, a secco di titoli iridati in MotoGP da ormai un decennio, non ne vuol proprio sapere di attaccare il casco e la tuta al chiodo e, nonostante le quaranta primavere siano vicine, la voglia di lottare e competere è sempre la stessa.

Oggi potremmo definirlo il sogno e il grande incubo: l’illusione di una fuga per la vittoria a Sepang (Malesia), sede del penultimo round del Mondiale della classe regina, e poi la scivolata beffarda a poche tornate dal termine. Un successo svanito sul più bello che alimenta il partito dei detrattori, convinti che la caduta odierna sia l’emblema di una carriera giunta ai titoli di coda. Tuttavia, le interpretazioni spesso possono essere diverse e sfuggono alla mera lettura dell’almanacco. Fosse bastato solo questo nel corso degli anni, miti dei motori come Gilles Villeneuve non avrebbero avuto ragion di esistere.

Per chi ha avuto la voglia e il piacere di assistere alla gara e valutarla senza pregiudizio deve riconoscere la qualità della prestazione del centauro italiano. No, non si ha il colore giallo sugli occhi o un santino ritraente la figura del “46” a portata di mano. Basta consultare i tempi siglati dal pilota della Yamaha per rendersi conto che uno sportivo “finito” mai avrebbe potuto sciorinare una prova così autorevole, costringendo il nuovo dominatore della top class Marc Marquez a tirar fuori il massimo.

Si perché, conti alla mano, in Malesia non si è giocato ma si è spinto dall’inizio alla fine. Una corsa tirata in cui il rischio di cadere era dietro l’angolo e il retrotreno della M1 ha tradito Valentino. Valutare solo quest’ultimo aspetto non rende giustizia a ciò che è avvenuto. Rossi, infatti, ha fatto vedere di essere ancora competitivo ed in grado di giocarsela con i migliori. Lo certifica anche la graduatoria generale che lo vede in terza piazza, davanti al suo compagno di squadra Maverick Vinales, ben più giovane di lui, nonostante questo “zero” e una moto spesso non all’altezza di Ducati e Honda. Le argomentazioni quindi a sostegno di una perseveranza agonistica ci sono e non sono frutto di simpatie o di antipatie ma di mere constatazioni.

 





 

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Foto: Valerio Origo

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