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US Open 2018, le prospettive di Matteo Berrettini sul cemento. La superficie forse più adatta per il romano

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Nel momento in cui queste righe vengono scritte, Matteo Berrettini è nel pieno di un impegno di torneo: il luogo è Winston-Salem, dove ha già superato due turni contro avversari significativi per motivi diversi: uno è Julien Benneteau, una vecchia volpe del circuito, l’altro è Nikoloz Basilashvili, che quest’anno ha vinto (a sorpresa, ma non troppo) l’ATP 500 di Amburgo.

Per il romano, questo è il primo torneo dell’estate americana. No, non è un errore: Berrettini, d’accordo col suo coach Vincenzo Santopadre, ha deciso di saltare i Masters 1000 di Toronto e Cincinnati nella marcia di avvicinamento agli US Open. La motivazione alla base di questa scelta, presa già molto prima di agosto, è una e anche semplice: mantenere i piedi per terra, avere pazienza. Dopotutto, il numero 3 d’Italia è pur sempre alla sua prima stagione vera sul circuito ATP. Ed è una stagione che è esplosa subito dopo la vittoria con Frances Tiafoe nella sua Roma: sono arrivati il terzo turno al Roland Garros strappando un set a Dominic Thiem, la vittoria in rimonta su Jack Sock a Wimbledon, il successo al torneo di Gstaad battendo, tra gli altri, Rublev, Feliciano Lopez e Bautista Agut, non proprio nomi di secondo piano.

Se i risultati, finora, Berrettini li ha fatti per buona misura sulla terra, adesso per lui si tratta di confermare ad alti livelli ciò che già s’è visto durante la sua prepotente scalata verso i primi 100 del 2017: il rendimento sul cemento, che per caratteristiche può tranquillamente diventare la superficie su cui può realmente contare per raggranellare punti, vittorie e tornei, anche perché possiede un tennis molto adatto alle superfici dure.

Tuttavia, non è all’immediato che il romano punta. Lui, e ancor più Santopadre, hanno sempre predicato la già citata pazienza. In particolare, intervistato a luglio da Ubaldo Scanagatta proprio sulla possibilità che un arrivo in fondo a Winston-Salem si sarebbe potuta tradurre in meno energie per gli US Open, l’uomo che batté Magnus Norman al Foro Italico nel 2001 ha risposto: “Avresti ragione al 300×100 per un giocatore che punta forte a far bene all’US Open, ma per Matteo al primo anno non è ancora così, c’è tempo. Te lo dicevo, ci vuole pazienza”. D’altro canto, non va dimenticato che Berrettini non sarà testa di serie a New York, essendo numero 60 del mondo: questo significa che molto della permanenza a Flushing Meadows dell’azzurro dipenderà anche dalla fortuna.

Nell’attesa di vederlo impegnato sul cemento più famoso d’America, per Berrettini c’è ancora un torneo da onorare, che potrebbe anche portarlo, dovesse andare bene, a un nuovo miglior ranking personale. Il terzo passo si chiamerà Hyeon Chung: un uomo del futuro che è già presente contro un uomo del futuro che sta diventando presente. Ma senza mai fare il passo più lungo della gamba.





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Foto: Claudio Bosco – LivePhotoSport.it

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