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L’Italia che vince senza velodromo. Una situazione grottesca: se i campioni azzurri diventano nomadi…

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Gli Europei di ciclismo su pista si sono aperti in maniera trionfale per l’Italia, aggiudicatasi la medaglia d’oro nell’inseguimento maschile a squadre e l’argento al femminile. Un risultato paradossale, perché ottenuto da una nazione attualmente senza alcun velodromo coperto utilizzabile.

Una situazione grottesca ed iniziata nell’autunno del 2017, quando l’impianto di Montichiari iniziò ad essere afflitto dalle infiltrazioni. Tra i soliti rimbalzi di palla tipici della burocrazia italiana, dove tutti alzano le mani e nessuno agisce, si è rimasti immobili per ben 9 mesi. Fino a che un semplice ritardo nella presentazione di una documentazione relativa alla normativa anti-incendio ha scoperchiato il vaso di Pandora: la Commissione Provinciale di Vigilanza ha stabilito la chiusura a tempo indeterminato (clicca qui per saperne di più).

Negli ultimi giorni è arrivata una notizia incoraggiante: il Coni ha deciso di intervenire direttamente nella questione, stanziando un finanziamento di 1,8 milioni di euro necessari ad effettuare i lavori di riparazione. Tale budget dovrà prima essere approvato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tra autorizzazioni ed inizio della ristrutturazione vera e propria trascorreranno diversi mesi, forse anche un anno e mezzo. I nostri campioni saranno costretti a diventare dei nomadi, girovagando per l’Europa in cerca di un velodromo che li accolga (ovviamente dietro un lauto compenso che dovrà sobbarcarsi la Federazione). E’ questo che meritano un campione olimpico come Elia Viviani, un fenomeno come Filippo Ganna già due volte d’oro ai Mondiali, un inseguimento a squadre maschile che ha raggiunto la vetta in Europa ed un vivaio femminile che ha sfornato diademi come Elisa Balsamo e Letizia Paternoster? Un patrimonio di inestimabile valore che la cecità della burocrazia italiana rischia di danneggiare in maniera irreversibile. Preparare un’Olimpiade richiede progettualità, sicurezza ed investimenti, non improvvisazione e pressapochismo. A Tokyo 2020 gli azzurri rischiano di non arrivare nel pieno delle proprie potenzialità. E tanti dovranno farsi un esame di coscienza.

federico.militello@oasport.it





Foto: Twitter Federciclismo
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