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Storia delle Olimpiadi: Alberto Cova, il “ragioniere” con cui tutti dovettero fare i conti a Los Angeles

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L’anno dopo, ad Helsinki (prima edizione dei Mondiali di atletica leggera IAAF), capitale della patria di tanti fenomeni del mezzofondo prolungato, Cova concesse il bis in una delle più appassionanti gare di atletica che si siano mai disputate nella storia. Gli avversari principali erano gli stessi dei Campionati europei: i tedeschi orientali Hansjörg Kunze e Werner Schildhauer, l’idolo di casa Martti Vainio e il veterano portoghese Carlos Lopes. Il ritmo della finale fu lentissimo tanto che al suono della campana dell’ultimo giro il gruppo era ancora compatto. Schildhauer aumentò per primo l’andatura con un poderoso scatto, il plotone si disgregò e solo il connazionale Kunze sembrava poter restarvi attaccato. Si creò anche un po’ di luce tra i due teutonici e il terzetto degli immediati inseguitori Vainio – Shahanga (Tanzania) – Cova, il quale dava l’impressione di essere molto sofferente. Alberto fu addirittura sul punto di staccarsi ma, incredibilmente, negli ultimi 150 metri le carte vennero rimescolate del tutto: Kunze apparve in grado di seminare il connazionale, Vainio, Shahanga e Cova ricucirono lo strappetto e, all’ultima curva, l’italiano si allargò scattando a velocità doppia rispetto al resto della compagnia. Il tanzaniano Shahanga cedette di schianto, mentre Cova divorò negli ultimi metri, nell’ordine, Vainio, Kunze e Schildhauer vincendo con il tempo di 28’01”04, con 14 centesimi di vantaggio su Schildhauer e 22 centesimi su Kunze.

Ai Giochi Olimpici di Los Angeles ’84 il “ragioniere” completò la sua leggendaria tripletta andando a vincere i 10000 metri a cinque cerchi, orfani sì dell’eterno secondo Schildhauer a causa del boicottaggio dei Paesi del blocco comunista, ma impreziositi dalla presenza del portoghese Fernando Mamede il quale aveva appena abbassato di quasi 9 secondi il record mondiale (27’13”81) che avrebbe resistito per ben cinque anni. Tuttavia il lusitano, piuttosto fragile psicologicamente, pativa i grandi appuntamenti e infatti uscì di scena dopo pochi giri, così fu lo spilungone finnico Vainio a dettare il ritmo gara, imprimendo continui cambi di velocità per cercare di disinnescare l’arma letale del favorito Cova: lo sprint finale. L’azzurro parve perdere smalto agli 800 metri (un déjà-vu?) conclusivi, ma tenne duro e resistette nella scia del battistrada. I due contendenti arrivarono appaiati all’ultimo giro con un Oceano Pacifico di vantaggio sugli inseguitori. Stavolta Cova non aspettò il rettifilo finale e, sorprendendo Vainio, scattò a 200 metri dal traguardo: il cambio di marcia lasciò quasi sul posto il finlandese e oro vinto per distacco.

Nel 1987, ai Mondiali di Roma, Cova rimase escluso dalla finale, così come l’anno successivo, alle Olimpiadi di Seul, dove non poté difendere l’oro losangelino dopo aver corso una pessima batteria. Dopo i Giochi sudcoreani, Alberto Cova si ritirò dalle competizioni agonistiche, a soli 30 anni, lasciando agli appassionati di atletica il ricordo indelebile delle sue imprese e un record: lui e il super somalo-britannico Mo Farah sono gli unici due atleti nella storia dei 10000 m ad aver conquistato la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici, ai Campionati del Mondo e ai Campionati d’Europa.

 

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Storia delle Olimpiadi, seconda puntata: Ondina Valla
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Storia delle Olimpiadi, quarta puntata: Pietro Mennea
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