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Rugby, Mondiali 2015: Italia-Francia, è l’ora della verità. Le chiavi di un match già decisivo

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Dentro o fuori. O quasi. Sarà anche la prima di quattro partite, ma l’esordio nei Mondiali 2015 inglesi degli azzurri di fatto è già decisivo per le speranze (sogni, per non dire utopie) della nazionale italiana di raggiungere i tanto agognati quarti di finale. Questo, d’altronde, era già risaputo da tempo, probabilmente dal momento del sorteggio dei gironi avvenuto nel dicembre di tre anni fa. E ora il momento della verità è arrivato. Al tempio di Twickenham il compito di decretare chi, tra Italia e Francia, si involerà probabilmente tra le prime otto del mondo (insieme alla favorita Irlanda).

Sotto diversi punti di vista, nonostante i transalpini partano evidentemente avanti in tutti i pronostici, per l’Italrugby non poteva esserci avversario migliore (giocando ad eleggerne uno dell’élite della palla ovale mondiale che non sia la Scozia). I motivi sono presto spiegati: le radici latine, estremamente differenti da quelle anglosassoni, un carattere umorale che la rende imprevedibile (soprattutto nel male, va detto) e le due recenti stagioni di grandi difficoltà. Gli uomini di Jacques Brunel dovranno insistere soprattutto su questi ultimi aspetti, fondamentali da un punto di vista psicologico per instillare qualche dubbio ai galletti sulla loro reale superiorità. Mettere a nudo i principali difetti della Francia, come la mancanza di continuità nel corso degli ottanta minuti, equivarrebbe a creare sconquasso nella testa dei Bleus, apparsi comunque in grande crescita nei due test di preparazione giocati contro l’Inghilterra. Imbattibili? No, perché le crepe ci sono e possono essere aperte ulterormente. La domanda, piuttosto, è un’altra: l’Italia è in possesso delle chiavi per confezionare un’impresa di tale portata?

. Dell’assenza di Sergio Parisse abbiamo già parlato lungamente. L’Italia perde un potenziale enorme senza il suo capitano e trascinatore, sia da un punto di vista prettamente tecnico ma soprattutto di leadership, ma deve fare di necessità virtù. Contro il Galles, la scossa dopo il disastro scozzese è sembrata essere arrivata proprio grazie al rientro del fuoriclasse azzurro, ma l’Italia non può permettersi di piangersi addosso (sostituirlo del resto è impossibile). Anzi. L’infortunio di Sergio non potrà che essere sfruttato unicamente in chiave positiva per i giocatori scelti da Brunel, chiamati a prendersi quelle responsabilità che solo Parisse poteva assumersi e ad impegnarsi il doppio per fermare il ciclone Francia. Anche perché gli azzurri dovranno presumibilmente pensare prima a non prenderle che a darle. Gettare il cuore oltre l’ostacolo, insomma, sarà una prerogativa fondamentale, soprattutto in difesa.

Già, perché se la lotteria della mischia non garantisce alcuna certezza (e i transalpini, al momento, hanno dimostrato di avere uno dei pack più forti al mondo), proprio la retroguardia dovrebbe essere il perno su cui dovrà ruotare forse l’intera partita azzurra. Il motivo è anche da ricercare nei gameplan della Francia dell’ultimo anno, snaturato rispetto a quello tradizionale d’Oltralpe che prevedeva il rugby champagne. Saint-André, nel tentativo di dare un senso ad una squadra senza identità, ha preferito puntare tutto sulla potenza fisica e sull’intensità delle collisioni, un gioco che gli azzurri possono reggere difensivamente a patto di restare concentrati sul match e di disturbare con regolarità i loro punti d’incontro, senza contare l’importanza nella tempistica dei cambi, spesso e volentieri criticata a Brunel nella sua gestione. Frenare le sfuriate di Picamoles&co. (facile a dirsi, estremamente complicato a farsi visto il talento dei XV), a quel punto, significherebbe azzerare quasi del tutto la Francia da un punto di vista offensivo, vista la poca creatività nel reparto dei trequarti, dove solo Huget è in grado di pungere costantemente. Dopodiché, toccherà affidarsi alla mischia. E sperare che Slimani venga ridimensionato rispetto alle ultime devastanti uscite.

Se i dettami difensivi possono apparire più o meno semplici, ancor di più potrebbe esserlo la fase offensiva azzurra. La scarsa qualità nel muovere il pallone e nel creare spazi al largo è acclarata. Nel gioco aperto, ad eccezione di qualche possibile sortita individuale, difficilmente dunque vedremo situazioni elaborate da parte della Banda Brunel, che verosimilmente dovrà cercare di sorprendere la difesa francese esplorando lo spazio con il piede di McLean e, sopratuttto, di sfondare con le rolling maul. In questo senso, ancorare il gioco alla touche (altalenante ma fondamentalmente solida) potrebbe essere una soluzione ottimale. Per una squadra generalmente poco produttiva a livello di mete, poi, la grande speranza non può che essere soltanto una: piazzare in mezzo ai pali tutto il piazzabile. Soltanto a quel punto si potrà sognare.

Twitter: @panstwee

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daniele.pansardi@oasport.it

Credit FotosportIT/FIR – Roberto Bregani

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