Nuoto
Nuoto: il problema della programmazione e preparazione in Italia
I recenti Campionati del Mondo di Kazan, conclusi quasi una settimana fa, hanno messo in luce una spedizione italiana che, con le sue punte, ha centrato tutti gli obiettivi, conquistando 5 medaglie, di cui una d’oro con Gregorio Paltrinieri, e andando oltre le più rosee aspettative in termini cronometrici. Detto questo, c’è anche l’altra faccia della medaglia, ovvero una squadra che nel 70% dei casi non si è espressa come doveva, non ottenendo le migliori prestazioni per l’appuntamento clou dell’anno.
In questo senso, sono da mettere in discussione il modus operandi della programmazione e preparazione all’evento. In primis, l’idea di portare una squadra così numerosa con una larga percentuale di atleti logorati alla ricerca di un tempo di qualificazione, fino a 3 settimane prima dell’inizio della competizione mondiale, si è rivelato poco efficace. Un aspetto evidenziato anche dal capitano della Nazionale, Filippo Magnini che, senza troppi di giri di parole, ha indicato come questo uno dei motivi principali delle controprestazioni.
Pertanto, ci chiediamo: il metodo dei trials cronometrici è davvero quello adatto alle nostre caratteristiche? I peggioramenti prestazionali che vedono spesso protagonisti i nostri atleti come possono essere limitati? Prima di tutto, interpretare i meeting di avvicinamento ad un evento più importante per fini di qualificazione è quello che, allo stato attuale, andrebbe mutato per far sì che la programmazione di ogni atleta abbia i giusti tempi. In buona sostanza, attribuire agli assoluti primaverili una valenza qualificante superiore, magari però abbassando la difficoltà dei limiti imposti, e fornire una “priorità” ai nuotatori che hanno conquistato medaglie o finali in competizioni internazionali. In altre parole, non necessariamente “scaricare” ed arrivare all’obiettivo estivo nella miglior condizione possibile. Questo perchè l’ottenimento di un doppio picco stagionale è cosa assai complicata ed è preferibile che la squadra raggiunga il top in un Mondiale o ad un’Olimpiade, piuttosto che in un Campionato italiano.
Un altro aspetto importante riguarda la sfera psicologica. E’ palpabile in molti dei nostri rappresentanti quell’aria di smarrimento quando partecipano a competizioni così qualificate e ciò non aiuta la prestazione. E’ evidente che c’è una forte desuetudine a gareggiare in contesti internazionali senza lasciarsi troppo condizionare dalla tensione. Un motivazione è che gli azzurri gareggiano troppo poco nella World Cup, nel corso dell’anno in fase di carico, ed un allenamento simile manca. L’arte del competere non può essere ricreata in un collegiale ma va incentivata cimentandosi con gli atleti più forti del globo. Di sicuro, questa mentalità manca e non è una sorpresa che molti giovani siano quasi “spaventati” dall’importanza dell’evento. Non a caso, gli effetti collaterali sono che, posteriormente ad un Mondiale, alcuni sono capaci di nuotare più forte, nonostante in teoria la condizione sia peggiore. E’ successo ai recenti Campionati italiani di categoria estivi, come riportato in questo articolo, e dunque bisogna riflettere su un fenomeno non nuovo nei nostri confini.
Le Olimpiadi di Rio 2016 sono sempre più vicine e pur avendo due campioni come Gregorio Paltrinieri e Federica Pellegrini, la profondità di un movimento la si misura sulla capacità di trovare, al proprio interno, eventuali alternative e nuove certezze per far sì che sui due atleti citati non vi sia tutta la pressione di un Paese.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
Immagine: Deepbluemedia
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