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Sci di fondo, l’Italia maschile dopo Falun: bicchiere mezzo pieno, ma guai ad illudersi
Le facili illusioni sono da sempre dietro l’angolo, ma per l’Italia maschile non è il momento di fermarsi a festeggiare. Certo, Federico Pellegrino e Dietmar Nöckler hanno riportato nel Bel Paese una medaglia iridata a sei anni di distanza dall’ultima volta, oltre ad aver offerto prestazioni di spessore nelle rispettive specialità, ma non può e non deve bastare, perché lo sci di fondo azzurro non può e non deve accontentarsi. Per storia, tradizione e per le potenzialità ancora inespresse in dote al movimento.
Gli stessi Pellegrino e Nöckler, d’altronde, possono ancora perfezionarsi e non poco. Il valdostano sarà chiamato a progredire ulteriormente in tecnica classica, per diventare a tutti gli effetti un all-arounder della velocità e lottare per le medaglie in ogni contesto. Non che a Falun non lo abbia fatto, visto che in finale Chicco è rimasto davanti fino alle ultime rampe, ma limando qualche dettaglio il margine tra ‘piazzamento onorevole’ a ‘straordinaria medaglia’ potrebbe diventare decisamente esiguo o, meglio ancora, scomparire del tutto. La mentalità vincente non manca, figurarsi il talento. Cresce step by step anche un Didi Nöckler sempre più consapevole dei propri mezzi e capace di adattarsi al meglio su tutte le distanze, come dimostrano il grande cuore riversato nelle frazioni di competenza della team sprint e la caparbietà nel restare attaccato con i migliori durante tutta la 50km. Orgoglio, qualità e competenza. Manca ancora quel salto di qualità decisivo per consentirgli di battersi con i migliori, ma il percorso intrapreso in questa stagione è senz’altro quello adeguato e – ci scommetteremo qualche euro – l’affiatamento con Pellegrino ha aiutato non poco per alzare di qualche tacca il livello di maturazione dell’altoatesino. Non ci sono dubbi, invece, sul fatto che i due medagliati mondiali siano gli attuali trascinatori e che alle loro spalle, al momento, ci sia poco.
Il ‘poco’ è rappresentato per la maggior parte da Francesco De Fabiani, talento esploso nella prima parte di stagione ma in calando negli ultimi due mesi. La dimostrazione più evidente è stata il Mondiale, in cui il giovane talento valdostano non ha mai inciso, né nella frazione in classico dello skiathlon, né in staffetta e nemmeno nella 50km. Nessun allarmismo, sia chiaro. Le promesse, con questo ritmo di crescita, non potranno che essere rispettate e 22 anni i passi falsi sono più che legittimi. Non possono esserlo, invece, per le due vere delusioni della rassegna iridata, quelli che contribuiscono a svuotare sensibilmente il bicchiere azzurro. Roland Clara ha steccato ancora una volta la sua gara, la 15km a skating con partenza ad intervalli, che la buona (ma non eccelsa) prestazione in staffetta non può cancellare. Totalmente da dimenticare il Mondiale e l’intera stagione di David Hofer, l’ombra di se stesso. Per lui parlano i non-risultati: 32esimo nello skiathlon e 43esimo nella 15km. Non può essere soltanto colpa dei materiali.
Meritano una menzione speciale, invece, due atleti desiderosi di mettersi in mostra e di stupire Giuseppe Chenetti che, da allenatore preparato qual è, avrà sicuramente preso carta e penna. E avrà annotato il 15° posto con tanti rimpianti di Maicol Rastelli nella sprint e il 23° posto di un indomito atleta come Mattia Pellegrin, capace di non sprecare l’unica occasione del Mondiale. Forza di volontà e sacrificio, dettame semplice ma che lo sci di fondo italiano deve ancora assimilare del tutto.
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