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La migliore gioventù, sport e trincea nel libro di Nardi e Ricci

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Quando ci capita di rivedere le immagini delle vittorie degli sportivi, ci piace pensarli sempre vigorosamente atletici, protesi nello sforzo fisico e immortalati in un’inconfondibile smorfia verso la gloria. Fissati per sempre in un attimo di eternità. Perché, come avrebbe detto Francesco Guccini, “gli eroi son tutti giovani e belli”. Ma c’è stato un tempo in cui gli eroi sportivi hanno smesso gli abiti sportivi e hanno indossato la divisa militare per difendere il proprio Paese, la nostra Italia. Sono le storie raccontate in La migliore gioventù. Vita, trincee e morte degli sportivi italiani nella Grande Guerra (Infinito, 2015, 14,00 euro) di Daniele Nardi e Dario Ricci con la prefazione del Presidente del CONI Giovanni Malagò, l’introduzione dello storico dello sport Sergio Giuntini e la postfazione dello scrittore David Baldini.

Nelle loro pagine, l’alpinista Daniele Nardi e il giornalista Dario Ricci hanno ripercorso i luoghi e le battaglie della Grande Guerra attraverso dodici storie e gli occhi di alcuni tra i protagonisti dello sport italiano dei primi anni del XX secolo. Da Enzo Ferrari a Tazio Nuvolari, da Nedo Nadi a Virgilio Fossati e altri protagonisti dello sport italiano presi non sul ring, non sulla pedana, non sul campo da calcio o su una pista d’ atletica ma impegnati nella loro sfida cruciale, quella della sopravvivenza. Come ha scritto Sergio Giuntini “la vicenda umana, militare e sportiva nell’emozionante testo di Nardi e Ricci s’intreccia con quella di (…) marciatori, calciatori, ginnasti, pugili, ciclisti, schermidori, canottieri, piloti automobilisti, ognuno con una storia di piccoli e grandi eroismi. Molti caduti sul campo. Tutti tornati a rivivere in questo libro senza retorica, onesto e obiettivo nel suo descrivere la Grande Guerra con un respiro ricco di veri, indimenticabili, momenti di gloria”.

E allora torniamo a veder marciare Ferdinando Altimani, milanese classe 1893 e bronzo alle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912, talento sublimo di quell’ancheggiamento tacco e punta che vedrà in lui il “genitore” dei Dordoni, dei Pamich, dei Frigerio, dei Damilano; rivediamo salire sul ring Erminio Spalla, l’uomo “le cui mani furono davvero qualcosa in più dell’’arma’ da caricare per spedire al tappeto l’avversario di turno”. Apprendista scultore e pittore, s’innamorò della boxe guardando il match tra Jack Johnson e Jim Jeffries e divenne il primo italiano a diventare campione d’Europa dei massimi; rievochiamo la sfolgorante carriera di uno dei nomi più fulgidi del calcio azzurro, Vittorio Pozzo. Alpino durante il conflitto, il tecnico torinese vivrà gli orrori della guerra e vedrà morire molti bravi giocatori di football come Goggio e Caimi ma riuscirà a portare l’Italia a vincere i mondiali del 1934 e del 1938; riviviamo la sfortunata storia del grande ginnasta Guido Romano, oro a squadre a Stoccolma nel 1912 e caduto sui campi di battaglia dell’Isonzo, atleta cui “sarebbe bastato un solo sguardo, un minimo presentimento, giusto per individuare il pericolo imminente o la traiettoria dei proiettili, ché lui, ginnasta eccelso e anche buon praticante di atletica, magari sarebbe riuscito a evitarle, quelle pallottole”; rileggiamo la nefasta sorte del capitano dell’Inter Virgilio Fossati, morto sul Podgora nell’estate del 1916. “Era alto alto, dinoccolato, colle gambe lunghe come due trampoli, il petto sottile, il viso del fanciullo, i folti e bruni capelli a spazzola”. Grande talento, fisico vigoroso e grande visione di gioco: il centrocampista perfetto per dirigere la squadra nerazzurra e la Nazionale; ripercorriamo la carriera di Mario Meneghetti, Il Miniga, fondatore del Novara Football Club e suo formidabile centr-half; rivediamo all’opera due monumenti della storia sportiva italiana: Enzo Ferrari e Tazio Nuvolari. Durante la guerra, Tazio sfrecciava veloce con la sua autoambulanza per salvare da morte certa i feriti mentre Enzo, ingegnandosi di motori, fondava la leggenda del “Cavallino rampante” ispirandosi al simbolo dell’aereo di Francesco Baracca; ritroviamo Giuseppe Ticozzelli, classe 1894, terzino dell’Alessandria. Ferito durante il conflitto, rientra tenacemente all’attività sportiva seppur menomato, ma “con le armi di sempre: determinazione, passione, amore, bici e football”; riviviamo le gesta di Giuseppe Sinigaglia, superbo canottiere caduto al fronte nell’estate del 1916 sul Monte San Michele. Assente ai Giochi Olimpici ma vincitore a Londra del Diamond Sculls a Henley, sul Tamigi, nel 1914 battendo tutti i suoi avversari con una forza e una tecnica mai viste prima; rileggiamo le imprese di Nedo Nadi, leggenda della scherma italiana: “Il sublime Nedo Nadi, colui che col fioretto, la sciabola o la spada era un tutt’uno, una metafisica fusione, un insieme plastico, dinamico; futurista, vien da dire”; e rivediamo, infine, il grande sprinter Amedeo Polledri: “Il fruscio dei raggi che penetrano l’aria, il fibrillare del motore che ti spinge su, sempre più su, verso il cielo; la velocità, il vento in faccia, il rischio estremo, la sfida all’impossibile, l’acrobazia decisiva, il trionfo. Se mai c’è stato un “campione-futurista”, capace d’incarnare con la sua carriera e la sua vita, i miti d’un’epoca, questo davvero è stato Amedeo Polledri.” Arruolatosi come aviere, cadrà sul finire della guerra nel settembre del 1918 e con la sua morte, calerà il sipario sulle gesta del leggendario Rondinella.

Ma nel libro di Ricci e Nardi c’è anche spazio per una pagina collettiva di sport e guerra: la fondazione di Hurrah Juventus! Giornale che, durante il conflitto, narrò delle vicende dei giovani supporter juventini al fronte costituendo così un “flebile filo, la fragile rete che provò a tenere insieme, proprio durante gli anni folli della più assurda tra le guerre, quei giovanotti che appena una manciata d’anni prima, agli sgoccioli dell’Ottocento, a Torino, avevano dato vita allo Sport Club Juventus”.

di Simone Morichini

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