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Sci Alpino

Sci alpino: Norvegia, pochi ma buoni

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Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, nello sci alpino maschile era difficile non tifare Norvegia, anche solo per mancanza di alternative: gli scandinavi erano gli unici a poter competer col Wunderteam austriaco, quello di Maier, Eberharter, Walchhofer, Raich, i due Strobl…, viste le difficoltà dell’Italia del dopo Tomba e quelle di Svizzera e Francia (Bode Miller e lo squadrone americano dovevano ancora emergere). Per contrastare il monopolio dei biancorossi, ci si affidava dunque a Kjetil André Aamodt e Lasse Kjus.

Due campioni straordinari, due polivalenti purissimi che soprattutto sul finire delle rispettive carriere centellinavano con sapienza le proprie apparizioni per puntare tutto sui grandi eventi: otto medaglie olimpiche, dodici iridate e una Coppa del Mondo assoluta per il classe 1971 di Oslo, cinque olimpiche, undici iridate e due sfere di cristallo per il suo amico-rivale nativo di Ski. Casi isolati? No. La Norvegia non ha mai schierato sette o otto atleti di altissimo livello, non ha mai avuto un Wunderteam e, appunto, talvolta non riempie nemmeno i contingenti di gara: dai fiordi vengono fuori pochi atleti di altissimo profilo, tutti, presto o tardi, polivalenti e in grado di competere per la Coppa del Mondo assoluta. Anche perché, probabilmente, c’è alle spalle un bacino d’utenza quantitativamente inferiore rispetto ai paesi alpini – d’altronde stiamo parlando della patria degli sport nordici – ma con il quale si riesce a fare un lavoro di qualità enorme.

Aksel Lund Svindal è il caso più vincente e più recente dell’era post-Aamodt e Kjus: imperatore della velocità, nel corso degli anni ha fatto vedere cose più che buone anche in gigante e persino in slalom, nonostante la mastodontica stazza; le tre medaglie olimpiche, le otto mondiali e le due sfere di cristallo sin qui conquistate parlano per lui. Ma a Sochi tutto il mondo ha dovuto fare i conti con Kjetil Jansrud, oro in supergigante e bronzo in discesa libera ad aggiungersi all’argento in gigante vinto a Vancouver; stiamo parlando di un atleta che in Coppa del Mondo non è mai stato un fuoriclasse assoluto come i suoi connazionali, eppure anche in questo caso si tratta di un polivalente formidabile che ha saputo tirare fuori la zampata che vale una carriera nell’evento più importante.

Dietro Svindal e Jansrud, scalpitano altri ragazzi. Uno è ben noto: Henrik Kristoffersen, ventenne bronzo a Sochi in slalom e già vincitore di due gare del massimo circuito, l’ultima a Levi l’altra settimana. Solo slalomista? Alla prima, vera stagione in Coppa del Mondo ha chiuso nei dieci nella classifica di gigante e non è un mistero che stia lavorando anche sulle discipline veloci. Poi ce ne sono altri che devono ancora iniziare a ruggire, ma hanno tutte le carte in regola per diventare ottimi polivalenti: Alexander Aamodt Kilde (già, nel 1992, quando nacque lui, il buon Kjetil Andrè era già sulla cresta dell’onda) e Rasmus Windingstad, di un anno più giovane e specialista – per ora – delle prove tecniche come il diciannovenne Marcus Monsen (che pure ha vinto un bronzo junior anche in supercombinata). Impressionante, comunque, come la polivalenza sia il must della squadra norvegese: Adrian Smiseth Sejersted, campione del mondo junior di discesa in carica, alla fine della passata stagione ha inanellato una serie di apparizioni in prove tecniche per migliorare anche lì. Insomma, la scuola dei fiordi sembra destinata a continuare a brillare.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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