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‘Cogito, ergo sport’: Dani Alves nel Pianeta delle scimmie

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L’eleganza è quella qualità del comportamento che trasforma la massima quantità di essere in apparire.
Jean-Paul Sartre

Dani AlvesL’eleganza è il gesto di chi raccoglie il guanto di sfida trasformando un presunto “essere” in un voluto “apparire”. Somos todos macacos. Siamo tutti scimmie. Nessuna esitazione nello scegliere di sembrare quel che un pubblico rozzo e ridicolo, tifosi che come le “comari di un paesino, non brillano certo in iniziativa” (Fabrizio De André), vorrebbe deridere, beffeggiare, dimostrare. Dimostrare che un brasiliano nero che gioca nel Barcellona con dei tratti somatici imprecisi sarebbe una scimmia. E Dani Alves, due vittorie in Champions League, due coppe UEFA, altrettanti ori in Confederations Cup e tre coppe di Spagna, ha preso al volo, in tutti i sensi, l’opportunità di dimostrare la superiorità di chi la scimmia la fa rispetto a chi scimmia è.

Un gesto divenuto ormai virale, innalzato a simbolo antirazzista, riproposto da atleti, politici, attori, giovani su giornali, magliette, foto, pubblicità. Una banana lanciata in campo nel momento di tirare un calcio d’angolo; la risoluzione geniale di Dani Alves che in un istante raccoglie, sbuccia, morde il frutto dell’insulto dando un calcio all’ignoranza, prima ancora che al pallone, ed una risposta degna di essere imitata, visto che di scimmie si tratta.

SiamoTuttiScimmie

Circolano voci sul fatto che probabilmente l’intera vicenda fosse una commedia studiata da un’agenzia pubblicitaria che aveva progettato di far raccogliere la banana a Neymar, compagno di squadra di Dani Alves. Indiscutibilmente un semplice gesto è stato una vera e propria magia, secondo l’accezione che ne dà Ambrose Bierce, secondo il quale essa non sarebbe altro che “l’arte di convertire la superstizione in moneta sonante”. E tuttavia il caso della banana potrebbe essere, una volta tanto, un sistema di marketing con un valore simbolico pari, se non superiore, a quello economico.
La notizia della cattura di David Campayo, l’autore del gesto razzista, pare tuttavia mettere a tacere le voci sulla presunta manovra pubblicitaria. Ad ogni modo l’idea di educare un pubblico vasto, esteso oltre quello già imponente del calcio, contro la discriminazione attraverso un simbolo chiaro, semplice, diretto e, si presuppone, spontaneo, è di sicuro un ottimo modo per diffondere messaggi che ancora, nel ventunesimo secolo, faticano ad aderire. Un’assurdità, questa perseverante e imperterrita presenza di convinzioni intolleranti e razziste, che rende più che mai vere le parole del buon vecchio Nietzsche perché “ancora oggi l’uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia”.
Pare dunque non essere necessario godersi il film di Franklin Schaffner per approdare sul “Pianeta delle scimmie”; piuttosto bisognerebbe fare in modo che quello in cui viviamo evolva, per parlare in termini darwiniani, come accadde all’Homo Sapiens, anche dal punto di vista dei pregiudizi. E ben venga una banana, se questa può aiutare l’uomo-scimmia a staccarsi dal sue essere primate per abbracciare una natura più umana nel senso più vero del termine.

Evoluzione

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