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Sochi 2014

Sochi 2014: è un’Italia coraggiosa

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Nello sport si può vincere o si può perdere, ma quando non si parte con i favori del pronostico, l’atteggiamento degli atleti va sottolineato oltremodo. Perché, è bene ricordarlo, nella giornata odierna l’Italia non aveva grandi favoriti: sì, Federico Pellegrino è reduce da una grande stagione, ma non era certo da considerarsi una “medaglia sicura” a fronte dell’imprevedibilità di una gara come la sprint e delle particolari condizioni dell’anello russo.

Certo, forse il valdostano può essere l’unica nota negativa di giornata: ad un certo punto, ha dato l’impressione di non averne più, di aver svuotato il serbatoio; d’altronde è ancora molto giovane e la gestione tattica rappresenta un aspetto su cui lavorare anno dopo anno, con la consapevolezza che anche l’esperienza gioca un ruolo importante in tal senso. Ma se Pellegrino ha reso un po’ sotto le aspettative, agli altri non si può davvero dire nulla: in particolare ad una Gaia Vuerich letteralmente aggrappata con le unghie e con i denti alla sua prova, che ha reso meglio di atlete molto più titolate; emblematico il rettilineo dove ha sorpassato negli ultimi metri Kikkan Randall, azione che le è valsa il pass per la semifinale, un capolavoro di tecnica ed astuzia. Ottimo, quindi, il suo settimo posto finale, in una disciplina con i contorni di “elimination race” ancora più accentuati dalle neve molle e dalle conseguenti cadute.

Poco prima, era giunto l’exploit di Silvia Bertagna nel freestyle: chi avrebbe scommesso su una sua presenza in finale? La gardenese ha fatto qualcosa che la lascerà tra le pioniere del movimento azzurro, perché il suo risultato è davvero di valore assoluto. A proposito di gardenesi: che dire di Evelyn Insam? Mai oltre il quattordicesimo posto in stagione, ha tirato fuori due salti da urlo, forse persino penalizzati da una giuria la quale, come spesso accade, ha destato più di un dubbio; Evelyn ha lottato con le marziane, con Daniela Iraschko e Sara Takanashi, e ha ottenuto un piazzamento che scrive la storia dell’Italia nel salto con gli sci, alla sua prima apparizione femminile ai Giochi Olimpici.

Infine, il biathlon delle grandi speranze: partivano bene, Karin Oberhofer e Dorothea Wierer, e hanno sparato benissimo per metà gara; straordinario, in particolare, il primo poligono di Dorothea, con una velocità di esecuzione che ha lasciato molti senza aggettivi. Poi sono arrivati gli errori e un passo sugli sci non eccelso, ma in ogni caso la sensazione è che queste ragazze abbiano davvero dato l’anima, anche qui lottando con atlete di ben altro spessore e ben altro palmarés, esattamente come la Insam, la Vuerich e la Bertagna.

Domani non sarà molto diverso. Potremmo avere un’altra infornata di ottimi piazzamenti, ma per le medaglie sembra difficile: difficile per Pittin e per i due doppi dello slittino, difficilissimo per le discesiste e per Nenzi. Chiudiamo con una citazione  di Alberto Ghezze, tecnico della squadra femminile di sci alpino, estrapolata da un’intervista odierna a RaceSkiMagazine: “Dalle ragazze mi aspetto che siano le portabandiera di una nazione per la quale sono selezionate; lo spirito olimpico è nel loro DNA, nel loro sangue, sono sicuro che riusciranno a dare il 100%.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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