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Sci Alpino

Cinque Cerchi di Neve: Giorgio Rocca, l’amaro di Torino

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Era la classica festa già preparata: Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006, slalom speciale maschile, Giorgio Rocca contro il resto del mondo. Cinque slalom vinti tra dicembre e gennaio, la coppa di specialità già ipotecata, il talento valtellinese nel pieno del suo fulgore e l’appuntamento a cinque cerchi per coronare una carriera già indimenticabile.

Sono le montagne della Val Susa ad ospitare quell’evento olimpico rimasto nel cuore di ogni italiano: perché in quei giorni tutti riscoprono un amore per lo sport, e per gli sport invernali in modo particolare, mai così forte. Al bar senti parlare della nazionale di sci, a scuola ti trovi con i compagni a simulare una partita di curling usando le ramazze dei bidelli: e siamo nell’Italia calcistica e calciofila, quella che passa 365 giorni all’anno a discutere di serie A, e che guarda con noncuranza, se non addirittura con disprezzo, tutto il resto dello sport. Eppure, in quelle settimane si respira un’aria magica, ci si ricorda che l’Italia non è solo calcio ma è anche montagne e neve, sci e ghiaccio.

Giorgia Rocca è il più atteso. Perché con lui la nostra nazionale aveva riscoperto un campione che mancava dai tempi di Tomba, pur essendo diversissimo dal fenomeno bolognese; è un ragazzo esploso nella maturità, dopo qualche stagione di ambientamento, un personaggio umile e capace di entusiasmare, uno che si porta in dote tre medaglie mondiali e undici successi in Coppa del Mondo, tutti rigorosamente in slalom. Il 10 febbraio il livignasco pronuncia il giuramento a nome di tutti gli atleti partecipanti; quattro giorni più tardi, chiude al quinto posto la combinata, a sette maledetti centesimi dal bronzo di Rainer Schoenfelder.

Ma la sua gara è quella del 25 febbraio. Anche perché giunge al termine di una serie di grandi soddisfazioni per i colori azzurri, escludendo però proprio lo sci alpino: in un certo senso, Rocca deve anche salvare una nazionale schiacciata da un impressionante dominio austriaco (ben 14 medaglie su 10 gare). Pettorale numero uno sulla “Giovanni Alberto Agnelli” di Sestriere: parte con margine, in assoluta sicurezza, sicuro della sua forza, una consapevolezza acquisita grazie ad anni di collaborazione col dottor Giuseppe Vercelli.  Trenta secondi di gara, Giorgio decide di cambiare ritmo: dopo un palo verso destra affrontato perfettamente, i due sci si toccano l’uno con l’altro nella fase di cambio e lui ne viene disarcionato, andando in rotazione e finendo a terra. Non la classica inforcata, ma quasi un “inciampo” nella neve. La delusione è enorme, per lui, per i tifosi accorsi in massa sulle tribune e presenti a milioni davanti ai teleschermi; la festa annunciata non ci può essere.

Da lì Rocca farà comprensibilmente fatica a riprendere a sciare ai suoi livelli: solo un podio, tre anni dopo, a Garmisch, che porterà il totale di piazzamenti tra i primi tre a ventidue. A Vancouver non ci sarà, perché avrà già deciso di appendere gli sci al chiodo, fermato da numerosi problemi fisici: ci penserà Giuliano Razzoli a raccogliere il suo testimone e, idealmente, a chiudere il cerchio con la straordinaria carriera del campione valtellinese.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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