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Australian Open, l’apparente fatica di Novak Djokovic nei primi turni: un film già visto, ma occhio a Shelton

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Novak Djokovic

Novak Djokovic in difficoltà: un film da qualcuno previsto, da qualcun altro no, ma presente in questo inizio di Australian Open in cui il serbo ha perso un set in ciascuno dei primi due turni nei quali è stato impegnato. Eppure, sebbene questa evenienza in particolare si sia verificata per l’ultima volta agli US Open 2018, non è nuovo il fatto che il numero 1 del mondo si trovi ad avere almeno una delle prime due partite con qualcosa da sistemare.

Andando ad analizzare tutti i 24 Slam che ha vinto, infatti, non si fa fatica a notare una certa frequenza del pattern. Cominciamo proprio con lo Slam di Melbourne, che ha portato a casa 10 volte: nel 2011 perse il secondo parziale con il croato Ivan Dodig al secondo turno, nel 2020 il terzo con il tedesco Jan-Lennard Struff al primo, nel 2021 il secondo con l’USA Frances Tiafoe al secondo e nel 2023 il secondo con il francese Enzo Couacaud ancora al secondo.

Se nei Roland Garros vinti mai si è trovato nella situazione, a Wimbledon lasciò per strada nel 2014 il terzo con il ceco Radek Stepanek al secondo, nel 2021 il contro il britannico Jack Draper all’esordio e, ancora nel match inaugurale, nel 2022 il secondo contro il sudcoreano Soonwoo Kwon.

Australian Open: Novak Djokovic cede un altro set, ma batte Alexei Popyrin con qualche brivido

In tema di US Open, invece, si è citato il precedente del 2018 (l’ungherese Marton Fucsovics e l’americano Tennys Sandgren furono vincitori del secondo set al primo turno e del terzo al secondo). Si tratta anche dell’unica occasione in cui questo è accaduto. Il totale, in sostanza, è di 8 occasioni su 24: un terzo dei suoi Slam vinti.

Il serbo qualche difficoltà nei suoi percorsi Slam la trova sempre. Del resto, dei Big 3 originali è l’unico che non è mai riuscito a vincere uno dei quattro tornei maggiori senza perdere alcun set. Questo, in buona sostanza, significa che queste prime due partite contro il 2005 croato Dino Prizmic e l’australiano Alexei Popyrin vanno prese per quello che sono: momenti in cui si vede ed è evidente una difficoltà di Djokovic, ma che non significano necessariamente che le cose andranno peggio con l’andare del tempo.

Rispetto alle molte occasioni già citate, un elemento si va però a porre come discontinuità: il numero 1 ATP è rimasto in campo ben oltre sette ore nel complesso, un numero che forse neanche lui s’immaginava. Questo fa capire quante e quali siano state le difficoltà di Djokovic, rimasto a un passo dal finire sotto per due set a uno contro Popyrin e, prima ancora, sostanzialmente mai lasciato in pace da Prizmic fino alla fine.

Adesso per lui ci sarà Tomas Martin Etcheverry: l’argentino, tra Roma e Parigi-Bercy nel 2023, contro di lui ancora non ha vinto un parziale, ma ha avuto finora il merito di liberarsi di due avversari davvero scomodi, vale a dire Andy Murray e Gael Monfils. In pratica, è la dimostrazione di chiaro merito dello status di numero 30 del seeding. In apparenza Djokovic non avrebbe particolari problemi contro di lui, però rimangono da una parte le incognite sulla sua condizione e dall’altra il sicuro buono stato del sudamericano, che anche per quanto fatto vedere nella scorsa annata è sempre più in grado di giocarsela a viso aperto con i big.

All’orizzonte c’è l’ottavo che tutti vorrebbero, Novak Djokovic contro Ben Shelton, a maggior ragione dopo gli strascichi degli US Open che non si sono mai realmente placati. Il giovane americano ha senz’altro il vantaggio di dover giocare contro il francese Adrian Mannarino, se non altro per via dei due quinti set disputati dal transalpino. Nondimeno, si tratterebbe di un’altra sfida, l’ennesima, della nuova generazione che ormai è presente a colui che sta cercando di tenerla il più possibile a bada. In sostanza, potremmo trovarci al primo capitolo del vero tema del 2024: l’uomo che è al saldo comando del tennis ancora in volo o una sempre maggiore preponderanza della generazione nascente?

Foto: LaPresse

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