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Ricomincia una MotoGP senza padrone. Cadute, incertezza e sorprese: indice di un Mondiale livellato verso il basso?

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L’atipico iato primaverile della MotoGP si è ormai concluso. Nel fine settimana i motori torneranno finalmente a rombare in grande stile, poiché al Mugello si correrà il Gran Premio d’Italia. Si apre una fase di tre gare consecutive, durante la quale si potrebbe palesare quantomeno la parvenza di una o più certezze, viceversa totalmente mancate nel periodo iniziale della stagione.

A fine marzo, i favoriti per la conquista del titolo erano quattro. Di essi solo uno ha risposto “presente”, seppur balbettando in maniera marcata. Parliamo di Francesco Bagnaia, che avrà anche vinto due gare, ma è anche caduto tre volte (due per colpa sua, una per sfortuna). Questo ruolino di marcia, per quanto schizofrenico, è comunque sufficiente per essere in testa al Mondiale (anche grazie ai punti raccolti nelle sprint, di cui si parla in una monografia dedicata).

Gli altri tre “papabili” per l’Iride sono invece tutti mancati clamorosamente. Chi, come Enea Bastianini e Marc Marquez, perché incappato in un serio infortunio. Chi, come Fabio Quartararo, perché anziché guidare una MotoGP si è trovato per le mani una CRT (ricordate le sterili moto Claiming Rule Team del periodo 2011-2013?). Così, con tre desaparecidos e il quarto caballero che si accende e si spegne come un indicatore di direzione, ci troviamo con degli outsider da considerare in corsa per il titolo, almeno aritmeticamente.

MotoGP, Marco Bezzecchi in fuga nel Mondiale… senza Sprint! Il paradosso della ‘garetta’ che incide di più del Gran Premio!

Jorge Martin, nonostante un paio di ruzzoloni, ha prepotentemente scalato la classifica generale tra Jerez de la Frontera e Le Mans. Viceversa, pur senza grandi acuti (se non nelle gare dimezzate), Brad Binder è riuscito a far leva sui piazzamenti per entrare nei quartieri nobili della graduatoria assoluta. Soprattutto, Marco Bezzecchi sta in tutto e per tutto recitando il ruolo ricoperto da Bastianini nel 2022, avendo vinto più di una volta pur appartenendo a un team satellite e disponendo di una moto meno evoluta delle altre.

Insomma, non c’è un potere egemone e l’unica sovrana è l’anarchia. Alla luce di questa babele, in tanti si chiedono quale sia il reale valore degli attuali piloti. Innanzitutto è doveroso premettere che le differenze tra le varie moto sono decisamente meno marcate rispetto al passato, però l’attuale situazione non si spiega solo in questo modo.

Chi dovrebbe avere qualcosa più degli altri cade troppo. I wannabe champions hanno troppi passaggi a vuoto e non emergono. Vediamo navigati comprimari improvvisamente in lotta per il Mondiale (già dall’anno scorso) o centauri che non hanno mai vinto una gara costantemente nelle posizioni di vertice della classifica generale.

Difficile pensare vi siano veri fenomeni nell’epoca attuale. O meglio, l’unico conclamato fuoriclasse corre martoriato da tre anni (quando corre, perché gli infortuni si susseguono). Inoltre, colui che era ritenuto il suo potenziale erede, sta venendo trascinato a picco dal crollo del mezzo di cui dispone. Però tutti ricordano cosa fece Valentino Rossi prendendo in mano una Yamaha poco più competitiva di quella attuale…

Dunque, quali conclusioni trarre? Parafrasando i latini, Iris non olet. L’Iride non ha odore. Negli annali ci entra chi vince il Mondiale, non chi viene battuto. La MotoGP di oggi è sicuramente livellata. Verso l’alto? Verso il basso? Poco importa. Conta passare per primi sotto la bandiera a scacchi, indipendentemente dal proprio livello. Chi vince, alla fine, ha sempre ragione di fronte al tribunale della storia. Vale in tanti ambiti della vita, sport compreso.

Foto: MotoGPpress.com