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Olimpiadi. Calgary 1988, l’edizione che evitò la morte dei Giochi invernali grazie a coraggio, competenza e visione del futuro

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Alberto Tomba

Oggi è il 13 febbraio, data che gli amanti degli sport della neve e del ghiaccio dovrebbero festeggiare come se fosse la Pasqua. In questo giorno del 1988 cominciarono i Giochi olimpici invernali di Calgary, rivelatisi cruciali per l’avvenire della manifestazione, la cui esistenza stessa era in pericolo. Invece l’edizione tenutasi trentacinque anni fa nell’Alberta mise pienamente in mostra il potenziale delle Olimpiadi bianche, sdoganandole dal ruolo di “evento di Serie B” , per conferire loro la dignità attuale.

Infatti, negli anni ’80 il Cio stava addirittura considerando l’ipotesi di abolire i Giochi invernali, visti come un appuntamento di secondo piano rispetto a quelli estivi. Inoltre si riteneva che la manifestazione non avesse modo di generare un indotto tale da renderla sostenibile. Fu il coraggioso approccio della CODA (Calgary Olympic Development Association) a cambiare le sorti dell’appuntamento.

Proprio questa associazione di privati spinse fortemente per lanciare una candidatura a organizzare le Olimpiadi invernali, probabilmente nel momento peggiore possibile in Canada, ovvero subito dopo l’edizione di Montreal 1976, passata alla storia come una delle più gravose di sempre dal punto di vista finanziario. Eppure, nell’Alberta erano convinti di poter dimostrare come un altro modo di organizzare i Giochi olimpici, rendendoli un affare anziché una tassa, fosse possibile.

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Il supporto del comitato olimpico canadese fu ottenuto nel 1979 enfatizzando il fatto che l’evento avrebbe consentito di costruire una serie di impianti in grado di supportare la pratica degli sport invernali in un’area ancora priva di strutture di grido. Calgary poté quindi lanciare ufficialmente la propria candidatura, venendo scelta il 30 settembre 1981 superando nettamente la concorrenza di Falun e Cortina d’Ampezzo, le quali per ragioni differenti non avevano convinto il Cio. Non che il Paese della Foglia d’Acero fosse privo d’incognite. La proposta era ambiziosa, bisognava costruire quasi tutto da zero e, vale la pena di ricordarlo, in quel momento storico l’economia mondiale era in recessione.

Eppure a Calgary avevano le idee chiare. I progetti erano ben definiti dall’inizio e, nel triennio 1979-1981, ci si mosse per assicurarsi il fondamentale supporto di finanziamenti privati. Difatti il giorno dopo il conseguimento della manifestazione si cominciò a lavorare per realizzarla. Tutto era stato definito con certezza e soprattutto perizia, bisognava “solo” mettere in pratica quanto ci si era già prefissati.

La CODA evolse in OCO’88 (Olympic organizing committee) e cominciò a bussare alla porta di tutte le più grandi aziende canadesi, dicendo loro “Signori, possiamo garantirvi una vetrina pubblicitaria globale a costi, per voi, relativamente bassi. Siete interessati”?

Per addobbarla, quella vetrina, non mancarono inventiva e coraggio. Per la prima volta si decise di spalmare i Giochi olimpici invernali su 15 giorni, ampliandone la durata rispetto al passato per garantire maggiore copertura mediatica. Come? Vennero inseriti nel programma, seppur come sport dimostrativi, il curling, il freestyle e lo short track, tutti molto popolari in Canada. Discipline che non hanno avuto impatto nel medagliere, ma associati alle Olimpiadi quali “eventi di contorno” generarono grande interesse nel pubblico generalista locale e, soprattutto, negli sponsor.

Le vedute avveniristiche della CODA vennero premiate dal corso degli eventi. Calgary 1988 si rivelò un’edizione riuscitissima, poiché dimostrò come, se curati a dovere, anche i Giochi invernali potessero avere il medesimo potenziale di quelli estivi. Da allora, per le Olimpiadi bianche, è cambiato tutto. In meglio, si intende. Gli sport dimostrativi sono peraltro progressivamente entrati a far parte del programma vero e proprio.

Inoltre Calgary 1988 non fu fine a sé stessa. La CODA continuò a esistere come associazione deputata a gestire le strutture edificate (divenendo, nel 2009, WinSport Canada). Per esempio l’Olympic Oval viene utilizzato con profitto ancora oggi sia per ospitare eventi di primissimo piano che come centro d’allenamento. La Paskapoo Ski Hill è invece divenuta il Canada Olympic Park, impianto polivalente dove praticare svariate discipline, nonché la “casa” della Hall of Fame dello sport canadese.

Insomma, Calgary 1988 si è rivelata vincente grazie allo spirito d’iniziativa, all’ampiezza di vedute e soprattutto alla competenza di chi ha concepito un progetto a tutto tondo nel quale ogni aspetto gravitava attorno allo sport. Le sponsorizzazioni e il profitto erano funzionali a supportare un programma a lunghissimo termine. Ogni dettaglio della candidatura, oltre a essere stato pedissequamente deciso in principio, era subordinato alla necessità stessa di renderla sostenibile nel corso degli anni.

Ne sono passati 35 da allora e quasi 10 in più da quando uno sparuto gruppo di uomini e donne illuminati formarono la CODA, salvando e dando lustro ai Giochi olimpici invernali. Pochi di loro avranno immaginato di poter avere un impatto così importante sul corso dello sport.

Sicuramente nessuno di essi avrebbe però previsto che, dopo quasi mezzo secolo, in un altro continente ci sarebbe stato chi avrebbe avuto bisogno di consultare quantomeno un bigino del loro operato prima di imbarcarsi alla “viva il parroco” in un’avventura analoga. Questa, però, è un’altra storia. In tutti i sensi.

Foto: Olycom