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Coppa Davis, i precedenti tra Italia e Stati Uniti. Azzurri sotto 4-8, ma le vittorie hanno avuto grande significato

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La storia dei confronti in Coppa Davis tra Italia e Stati Uniti è lunga, e merita un approfondimento particolare. Gli americani conducono per 4-8, con questo computo statistico diviso per superficie: 1-3 sulla terra, 2-1 sul veloce, 1-3 sull’erba, 0-1 sul carpet. All’interno di tutto questo passano numerose storie.

Nel 1928 le due selezioni giocarono l’una contro l’altra per la prima volta. Era un’epoca totalmente diversa, in cui la Davis nemmeno aveva questo nome, ma si definiva International Lawn Tennis Challenge. Si giocava, in sintesi, attraverso due tornei zonali che davano diritto alla disputa di una finale interzonale. Questa fungeva da selezione per il Challenge Round, in cui la squadra vincitrice dell’anno precedente (in quel caso la Francia: era l’epoca dei Quattro Moschettieri, Lacoste, Cochet, Borotra e Brugnon).

In quell’occasione l’Italia aveva battuto la Cecoslovacchia per arrivare a giocare con gli Stati Uniti, che però erano troppo forti anche senza il leggendario Bill Tilden. Bastarono John Hennessey e Francis Hunter, con l’aiuto in doppio di George Lott, a battere Uberto De Morpurgo, il grande pioniere del tennis tricolore nonché bronzo olimpico nel 1924 (e proprio contro Borotra), e Placido Gaslini, del quale narrano le cronache rosa che ebbe un flirt con Suzanne Lenglen. Fu 4-1, con il solo De Morpurgo a battere Hunter in cinque set a giochi ormai già fatti; tutte le altre sfide furono territorio di caccia USA in tre parziali.

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Molto più combattuto fu l’esito del confronto di due anni dopo. Il 1930, infatti, aveva visto salire sulla scena Giorgio De Stefani, spalla qualitativamente più valida rispetto a Gaslini tanto da raggiungere la finale al Roland Garros nel 1932. Anche stavolta, però, niente gloria: Wilmer Allison, futuro vincitore degli US Open (al tempo US Championships) batté De Stefani in cinque set, mentre De Morpurgo cedette a Lott in quattro. Anche il doppio Gaslini/De Morpurgo perse da Allison e John Van Ryn in cinque parziali. L’unico punto venne da De Morpurgo nell’ultimo confronto con Allison.

Se i due incontri di cui sopra si erano disputati in Francia, e precisamente al Roland Garros, l’Interzonale del 1952 (stavolta con il nome Coppa Davis istituzionalizzato) venne giocato in Australia. L’Italia batté l’India a Brisbane, ma dovette arrendersi di fronte agli USA in una grande versione al White City Stadium di Sydney, complesso oggi in disuso. Erano gli anni di Vic Seixas e Tony Trabert, e anzi fu bravo Fausto Gardini, alfiere azzurro per eccellenza di quel tempo, a trovarsi avanti di due set con Seixas prima di venire rimontato nel match d’apertura. Nulla da fare per Gianni Cucelli contro Trabert, e non cambiò molto nemmeno la coppia con Marcello del Bello opposta ai due uomini a stelle e strisce.

Cambiò la scena nel 1956: primo turno dell’Interzonale, e per di più a Forest Hills, che fino a metà degli Anni ’70 fu sede degli US Open. A Trabert si sostituì Ham Richardson, mentre in Italia erano già assurti a fama nazionale Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola, ma sempre 4-1 fu con 3-0 conseguito dopo la seconda giornata e un set vinto solo in doppio dagli italiani, con Ham Richardson e Seixas a recitare la parte dei leoni.

Nel 1958 si tornò in Australia, a Perth: altra finale Interzonale, altro 5-0 americano ed ancora un cambio nella vastissima gamma di campioni americani del tempo, che rivaleggiavano con gli australiani. Al posto di Seixas (che è ancora vivo: ha 99 anni) c’era Alex Olmedo, che batté Pietrangeli in quattro set (ma solo i primi due furono lottati), quindi toccò a Richardson battere Sirola e ai due USA unirsi per battere i due azzurri in doppio.

La storia, però, cambiò nel 1960. Butch Buchholz e Barry MacKay erano un gradino sotto i grandi precedenti, ma intanto Pietrangeli aveva vinto il Roland Garros nel frattempo. Questo non bastò a evitare, a Perth, uno 0-2 iniziale. Stavolta, però, Pietrangeli e Sirola vinsero il doppio contro Buchholz e Chuck McKinley. Toccò a Pietrangeli sventare la rimonta di Buchholz in cinque set e a firmare il 2-2. E la sorte diede a Orlando Sirola, da Fiume come Cucelli, due metri abbondanti di altezza, l’opportunità della vita. La sfruttò: 9-7 6-3 8-6, e l’Italia giocò per la prima volta la finale di Davis, poi persa con l’Australia.

Nel 1961 la scena si ripeté: finale Interzonale. Quella che cambiò fu la sede: stavolta, infatti, si sarebbe giocato al Foro Italico di Roma. Sul rosso. Gardini fu scelto come secondo singolarista in luogo di Sirola, perse con Jon Douglas facendosi rimontare due set di vantaggio, ma Pietrangeli fece il percorso inverso con Whitney Reed. Il doppio con Sirola fu vinto contro Reed e Donald Dell (sì, mister ProServ, nonché co-fondatore dell’ATP e rappresentante di gente del calibro, tra tennis e basket, di Arthur Ashe, Jimmy Connors, Ivan Lendl e Michael Jordan). A Pietrangeli bastarono tre set per chiudere la questione con Douglas. In finale altra sconfitta con l’Australia.

Passarono 18 anni per la sfida successiva. Stavolta, con i tanti cambiamenti intercorsi, valse proprio la finale assoluta, che però si raggiungeva attraverso una serie di zonali e interzonali. Quegli USA, però, erano semplicemente imbattibili perché dotati di immenso talento: il 1979 fu per loro trionfale. Corrado Barazzutti si ritirò dopo un set e mezzo contro Vitas Gerulaitis, che se n’è andato troppo presto nel 1994, mentre John McEnroe fermò con, appunto, fermezza Adriano Panatta. Quest’ultimo, con Paolo Bertolucci, poté poco contro Bob Lutz e Stan Smith, coppia storica di quegli anni. San Francisco non fu foriera di felicità.

Dopo altri cambiamenti si giunse al World Group come l’abbiamo conosciuto fino al 2018. In questa sede, Italia e USA si ritrovarono nel 1995, a Palermo (con tutte le discussioni che si ebbero al tempo per la scelta della sede). Gli americani fecero le cose in grande, era una campagna con Pete Sampras e Andre Agassi. Il Kid di Las Vegas batté Andrea Gaudenzi 6-4 6-4 6-1, poi “Pistol Pete” erose la resistenza di Renzo Furlan per 7-6(3) 6-3 6-0. Finì 5-0, e il punto decisivo lo realizzarono Jared Palmer e Richey Reneberg su Cristian Brandi e Stefano Pescosolido.

L’Italia ritrovò gli States a Milwaukee, nel 1998 e in semifinale. Era una situazione del tutto diversa: Sampras saltò tutta la campagna di quell’anno, Agassi e Jim Courier non andarono. Gaudenzi sconfisse in quattro set Jan-Michael Gambill, ma l’impresa fu di Davide Sanguinetti che vinse 7-6(0) 6-3 7-6(8) su Todd Martin, il quale si presentò in doppio con Justin Gimelstob. Gaudenzi e Diego Nargiso, però, dopo una partita davvero complicata vinsero in cinque set e regalarono agli azzurri la prima finale dopo 18 anni. Finì 4-1 con anche il primo successo di Gianluca Pozzi in Davis.

Salto temporale di 21 anni: nel 2019 la Davis era appena cambiata, con la riforma più divisiva della storia. C’era in ballo il passaggio del girone alla Caja Magica di Madrid. Fabio Fognini portò a casa un difficilissimo match con il gigante Reilly Opelka, ma un Matteo Berrettini provato dalla stagione dell’esplosione fu rimontato da Taylor Fritz. L’Italia era già fuori dopo i primi game del doppio, che durò fino a notte inoltrata e vide Sam Querrey e Jack Sock battere Fognini e Simone Bolelli. Variante: 2 set su 3. Per tutti i confronti.

L’ultima storia è anche di un anno fa, e si è vista al Pala Alpitour di Torino. Nella fase a gironi l’Italia non corse mai rischi: Lorenzo Sonego superò Opelka in due set, e poi Jannik Sinner rifilò un sonoro 6-2 6-0 a John Isner. Rajeev Ram e Sock, poi, sconfissero Fognini e Lorenzo Musetti in doppio. Gli azzurri poi il girone lo passarono, ma si fermarono ai quarti di finale.

Foto: LaPresse