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Tennis, il paradosso Carlos Alcaraz. Scrive la storia in termini di precocità, ma riporta il tennis indietro nel tempo

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Nella notte europea, Carlos Alcaraz ha vinto lo Us Open di tennis, battendo in finale Casper Ruud in quattro set. Quello dello spagnolo è un successo significativo sotto tanti punti di vista. Rappresenta senza dubbio l’alba di una nuova stella nel firmamento sportivo e profuma quindi di futuro tramutatosi in presente. Contemporaneamente, però, sancisce una sorta di ritorno al passato relativamente ad alcune dinamiche legate al tennis. Andiamo a vedere perché.

Sappiamo come l’iberico, issatosi peraltro al numero 1 del ranking, abbia stabilito il primato di precocità in merito, diventando il primo teenager di sempre a porsi al comando della graduatoria ATP. Fino a ieri, il record apparteneva a Lleyton Hewitt, salito in cima al mondo all’età di 20 anni e 268 giorni. Alcaraz, invece, c’è riuscito a 19 anni e 130 giorni, dunque con largo anticipo rispetto all’australiano. L’aspetto di essere il primo under-20 di sempre a diventare #1 è indubbiamente significativo, poiché rappresenta una novità assoluta. Cionondimeno, il murciano riporta contemporaneamente le lancette dell’orologio indietro nel tempo.

In passato, vedere dei teenager vincere gli Slam non era così peregrino. Non si tramutavano in numeri 1 del mondo, ma conquistavano i Major. Erano però 17 anni che un under-20 non trionfava in uno dei quattro tornei più importanti del panorama tennistico. L’ultimo era stato Rafael Nadal, al Roland Garros del 2005. Se guardiamo, invece, allo Us Open si deve tornare addirittura al 1990 e al successo, all’epoca a sorpresa, del fresco diciannovenne Pete Sampras.

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Il dato relativo all’età dei vincitori Slam merita, però, di essere approfondito. Alcaraz ha letteralmente polverizzato la gerontocrazia che ormai caratterizzava il settore maschile da tempo immemore. Più che divenire il primo teenager ad affermarsi in un Major dal 2005, la dinamica veramente impressionante è un’altra. Carlos è diventato il primo under-25 ad arpionare uno Slam dall’Australian Open 2012, quando l’allora ventiquattrenne Novak Djokovic festeggiò per la terza volta down under. Da più di un decennio, infatti, la prerogativa per imporsi nei quattro tornei più importanti era quella di aver superato il quarto di secolo di età.

Anzi, a ben guardare, da fine 2016 in poi gli Slam erano terreno di conquista degli over-31. Si badi bene, 31, non 30, perché dallo Us Open 2016 è cominciata una sequenza sconvolgente. Dall’inizio dell’Era Open (Roland Garros 1968) a Wimbledon 2016 solo 8 Major su 194 erano stati vinti da giocatori che avevano già compiuto i 31 anni (4%). Invece, dallo Us Open 2016 a Wimbledon 2022, gli over-31 hanno praticamente monopolizzato la scena, imponendosi 21 volte su 23 (91%). Peraltro gli unici due Slam sfuggiti ai veterani sono andati a chi aveva già compiuto almeno 25 anni.

Ovviamente, questa dinamica è stata favorita dall’incredibile longevità dei vari Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic (citati in rigoroso ordine anagrafico), coincisa con l’impalpabilità della cosiddetta Next Gen, ovvero dei nati negli anni ’90. Già, perché Alcaraz consente già agli anni 2000 di fregiarsi di uno Slam. Anche questo è un aspetto che riporta il tennis indietro nel tempo.

Gli anni ’50 compaiono sugli schermi radar dei vincitori di Majors all’Australian Open 1974, grazie a Jimmy Connors.
Gli anni ’60 lo fanno al Roland Garros 1982 con Mats Wilander.
Gli anni ’70 si propongono al Roland Garros 1989 per merito di Michael Chang.
Gli anni ’80 salgono sul palcoscenico allo Us Open 2000 con Marat Safin.
Gli anni ’90 devono aspettare lo Us Open 2020 con Dominic Thiem.
Gli anni 2000 invece spuntano allo Us Open 2022, grazie a Carlos Alcaraz.

Come si può notare, l’anomalia relativa a chi è venuto al mondo nei nineties è evidente. Con i 2000s, invece, si torna alla normalità. Al riguardo, è bene sottolineare un fatto. Non è mai trascorso più di un anno e mezzo senza che il nuovo decennio abbia prodotto un secondo vincitore Slam. Björn Borg ha trionfato a Parigi pochi mesi dopo Connors in Australia; Yannick Noah è succeduto nell’albo d’oro a Mats Wilander; Pete Sampras ha festeggiato un anno e pochi mesi dopo Chang; Lleyton Hewitt ha seguito Marat Safin a New York e persino Daniil Medvedev ha fatto altrettanto con Dominic Thiem.

La storia del tennis parla chiaro, nel 2023 o al più tardi a inizio 2024 dovremmo avere il secondo nato nel XXI secolo a conquistare un Major. Chi potrebbe essere costui? Alla luce del ranking ATP e di quanto visto nel 2022, può venire in mente un solo nome e sappiamo tutti qual è…

Foto: La Presse