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Tennis, Andy Murray critica la programmazione dei tornei: “Non si può finire a notte fonda!”

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Andy Murray

Nove ore di grande lotta, ma anche di contrarietà. A Glasgow, il confronto tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ha animato la scena. Il match valido per il Gruppo D della fase a gironi delle Finali di Coppa Davis 2022 ha visto il successo degli americani 2-1, con il doppio decisivo per le sorti del confronto. Il duo Sock/Ram ha avuto la meglio di Salisbury/Murray e l’ex n.1 del mondo, però, ha aspramente criticato la lunghezza della sfida, terminata in nottata.

Sarebbe certamente una situazione migliore per tutti, se i match incominciassero prima. Credo che iniziare così tardi, non sia vantaggioso per nessuno, penso che non sia l’ideale sia per i media sia per i fan. Sugli spalti alla fine del match di doppio, c’era sicuramente soltanto la metà delle persone che erano presenti nell’impianto all’inizio del primo singolare. Questo è un peccato, perché molti si sono persi una gran partita. Inoltre è una programmazione non corretta neanche nei confronti dei raccattapalle, tutto ciò è inappropriato“, ha sottolineato lo scozzese.

Ovviamente non è un problema per i giocatori, noi siamo in grado di scendere in campo e competere al meglio delle nostre possibilità anche a notte inoltrata. Tuttavia, non mi sembra giusto per la squadra statunitense, che deve tornare a giocare già nelle prossime ore. Non accade ovviamente solo qui, non è una cosa circoscritta a questa settimana di Coppa Davis. Abbiamo visto la stessa identica cosa anche allo US Open, e quindi appena una settimana fa. È qualcosa a cui il tennis deve in qualche modo porre rimedio. Non è una situazione professionale“, le parole al vetriolo di Murray (fonte: Ubitennis).

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Un concetto, quindi, che si allarga anche a quanto accaduto a New York e che, nel caso specifico, riguarda un match iniziato alle 17.00 italiane. Una scelta voluta dagli organizzatori per avere più spettatori, ma che di fatto non ha pagato per quanto detto da Murray stesso in conferenza stampa.

Foto: LaPresse