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Formula 1

F1, perché la Ferrari ha sbagliato tutto: strategia, pit-stop, e non solo. Gara fallimentare

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Il 31 luglio del 1994, la Ferrari vinceva il Gran Premio di Germania con Gerhard Berger ponendo fine all’astinenza dal successo più lunga della sua storia. Oggi, 31 luglio 2022, a esattamente 28 anni di distanza da quel giorno commovente, la Scuderia di Maranello è invece incappata in una sconfitta epocale in Ungheria. Viene da chiedersi come sia possibile che un’azienda da miliardi di euro di fatturato e che rappresenta un’autentica istituzione della Formula 1 riesca a sbagliare tutto, ma proprio tutto. A cominciare dalla comunicazione.

“La nostra macchina è fantastica, gentile con le gomme […] abbiamo piena fiducia nel nostro pacchetto, e vogliamo la conferma anche a Budapest, una tappa fondamentale per voltare pagina e guardare avanti. L’Ungheria sarà di nuovo molto calda e si parlerà ancora di gestione delle gomme, degrado e surriscaldamento. Vedo molte ragioni per cui dobbiamo essere positivi, perché il nostro obiettivo in Ungheria non dovrebbe essere una vittoria, ma la doppietta”. Mattia Binotto, 26 luglio.
Ora pensiamo all’Ungheria, dobbiamo voltare pagina e puntare alla doppietta, che potrebbe essere nelle nostre corde”. Mattia Binotto, 28 luglio.
Se non siamo soddisfatti dopo un secondo e un terzo posto in qualifica significa che siamo molto competitivi. Chiaramente le nostre aspettative erano quelle di fare uno-due oggi, ma il nostro obiettivo è lo stesso per domani, per cui non firmo di certo per il piazzamento odierno“, Mattia Binotto, 30 luglio.

Se si parte da questi presupposti, ovvero quelli di generare la massima aspettativa e di sbandierare ai quattro venti la doppietta come obiettivo, è evidente come persino un eventuale risultato di primissimo piano, quale ad esempio vittoria e terzo posto, verrebbe vissuto come una mezza sconfitta. Questo tipo di approccio tronfio, caratterizzato da grande tracotanza, non fa altro che porre squadra e piloti in una situazione in cui hanno tutto da perdere. D’altronde se si chiude primi e secondi non si fa altro che centrare il traguardo posto alla vigilia. Invece qualunque risultato differente da quello massimo è inferiore alle aspettative. Significa mettersi spalle al muro da soli. Che senso ha? Sembra l’approccio di Cortés, che bruciò le navi con cui era sbarcato in nel Nuovo Mondo per motivare i suoi uomini. O sconfiggevano gli Aztechi, o morivano. Nel suo caso funzionò, ma qui parliamo di sport, non di conquistadores. Soprattutto, sono passati 600 anni da allora!

F1, Mattia Binotto: “Non è colpa della strategia, la macchina non funzionava! Potevi mettere qualsiasi gomma…”

Forse non è un caso che certe figuracce siano sistematiche, a partire dalla comunicazione stessa, sintomo di come nell’azienda Ferrari 2022 ci sia qualcosa di storto e assolutamente controproducente. È inutile dilungarsi troppo su quanto accaduto quest’oggi. Gli strateghi del Cavallino Rampante hanno dato, per l’ennesima volta, una lettura completamente errata della gara. Ci si aspettava un grande caldo in Ungheria, invece si è corso con il freddo e qualche goccia di pioggia. Il crollo della colonnina di mercurio ha fatto svanire la superiorità della F1-75. La punta dell’iceberg Binotto aveva ragione quando diceva che “la vettura è gentile con le gomme”. Anche troppo, perché la monoposto ha faticato a mandare in temperatura gli pneumatici! È una dinamica risaputa.

È stata sottovalutata l’incidenza delle condizioni atmosferiche. L’errore non è stato tanto quello di partire con mescola media, la sequenza media-media-soft avrebbe anche potuto essere funzionale, come ha dimostrato Lewis Hamilton. L’assurdità è stata quella di montare le dure per finire il GP nonostante facesse freddo, rimandando Leclerc in pista praticamente senza grip. Le hard sono state utilizzate solamente da chi ha impostato la gara su una sosta singola, come le Alpine. Si tratta di un’aggravante per chi ha preso certe decisioni. Si è visto subito come le vetture francesi fossero in enorme difficoltà con gli pneumatici a banda bianca. Cionondimeno, il muretto box ferrarista non ha prestato alcuna attenzione al rendimento delle monoposto transalpine, dando ancora una volta l’impressione di seguire un piano puramente teorico, ignorando invece l’andamento concreto della gara e la fluidità delle situazioni. La proverbiale “ciliegina sulla torta dell’errore” è stato il pit-stop lentissimo dell’iberico, l’ennesimo di una stagione in cui anche la crew dei meccanici sta lasciando a desiderare. Nessuno però ci fa caso, perché gli svarioni di chi sta a pochi metri di distanza sono ben più clamorosi.

L’Ungheria avrebbe dovuto essere il Gran Premio in cui Ferrari avrebbe rilanciato le proprie ambizioni iridate. È quello che, invece, verosimilmente consegna il Mondiale nelle mani di Max Verstappen e della Red Bull. La domanda a questo punto è una sola. Con questa gestione, si può pensare di vincere i titoli del 2023?

Foto: La Presse