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Cuba accusa gli Stati Uniti di attuare politiche che incoraggiano la defezione degli atleti

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Le autorità cubane hanno accusato gli Stati Uniti di applicare politiche che favoriscono le defezioni degli sportivi dell’isola, come accaduto ai recenti Campionati Mondiali Under 23 di baseball.

Diverse testate della stampa occidentale hanno riportato la notizia degli undici giocatori cubani che hanno disertato nel corso dei recenti Campionati Mondiali di baseball Under 23, tenutisi in Messico tra il 23 settembre ed il 2 ottobre. Dal punto di vista sportivo, il titolo è andato alla squadra del Venezuela, che ha superato per 4-0 i padroni di casa, mentre la compagine cubana, nonostante le suddette defezioni da parte di quasi metà della propria rosa, ha concluso ad un più che onorevole quarto posto, superata dalla Colombia nella finale per il bronzo (5-3).

Vogliamo però soffermarci proprio sulla questione degli undici disertori, o meglio delle cause fondamentali di questo fenomeno che sembrava essersi arrestato per un certo periodo di tempo, ma che si è ripresentato con questa defezione di massa mai avvenuta in precedenza. Le fonti ufficiali cubane hanno infatti puntato il dito contro la politica degli Stati Uniti volta a incoraggiare l’esodo illegale dei giocatori dell’isola caraibica verso il Paese nordamericano. Sebbene molti pensano erroneamente che il governo cubano non voglia che i propri sportivi militino all’estero, la realtà è ben diversa, ed è il governo degli Stati Uniti a non permettere ai talenti cubani di approdare in maniera legale nel campionato professionistico della MLB.

Facciamo un passo indietro. Nel corso dell’amministrazione di Barack Obama, gli Stati Uniti avevano operato una politica di riconciliazione nei confronti di Cuba, come dimostrato dalla riapertura delle rispettive ambasciate, il 20 luglio 2015. Nell’ambito di questo orientamento politico, il governo cubano aveva potuto iniziare la stipula un accordo con la MLB per permettere ai giocatori cubani di essere ingaggiati dalle formazioni nordamericane. L’accordo era molto simile a quello che Cuba applica già con gli altri campionati di maggior caratura internazionale (Giappone, Corea del Sud e Taiwan), ed era potuto finalmente entrare in vigore nel dicembre del 2018. “Dopo il ristabilimento delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, niente era più simbolico e promettente della possibilità di vedere i cubani arrivare in MLB senza portare la macchia della diserzione o dell’emigrazione irregolare”, afferma la testata sportiva JIT.

Donald Trump, che nel frattempo era succeduto ad Obama come inquilino della Casa Bianca, si è immediatamente opposto a questo accordo, che contrastava invece con la sua politica fortemente aggressiva nei confronti di Cuba. Proprio quando le parti stavano provvedendo ai primi trasferimenti legali della storia di giocatori cubani in MLB, il presidente ha imposto l’annullamento dell’accordo appena pochi mesi dopo la sua entrata in vigore, nell’aprile del 2019. Il presidente repubblicano ha apertamente accusato la MLB di finanziare in questo modo il governo cubano, in quanto secondo i termini previsti il 25% del valore del contratto di ciascun giocatore sarebbe dovuto essere versato alla Federazione Cubana di Baseball.

Secondo quanto riportato dal sito ufficiale dell’Istituto Cubano dello Sport, la cancellazione dell’accordo da parte dell’amministrazione Trump “impedisce ai giocatori cubani di realizzare i propri sogni con gli stessi mezzi dei giocatori degli altri Paesi”. “In questo modo”, si legge ancora, “il provvedimento dell’allora governo di Donald Trump stimola la tratta di atleti in difesa di interessi politici, estranei al benessere e alla tranquillità della famiglia cubana”.

Molto simili i commenti che si leggono sul sito della Federazione Cubana di Baseball: “Denunciamo la grettezza con cui l’amministrazione Donald Trump ha disabilitato l’accordo, determinata a stimolare capitoli come quelli ora vissuti dalla nostra delegazione, per presentarli come parte della sua campagna diffamatoria contro Cuba”.

La politica aggressiva nei confronti dello sport cubano da parte degli Stati Uniti non è cambiata neppure dopo l’elezione di Joe Biden, come dimostrano alcuni altri episodi recenti. Nello scorso mese di luglio, ad esempio, la nazionale di calcio cubana non ha ricevuto i visti per recarsi negli Stati Uniti, Paese organizzatore della Gold Cup, la massima competizione continentale per l’America centro-settentrionale. Risultato: i cubani hanno affrontato un inutile viaggio in Nicaragua, da dove avrebbero dovuto prendere l’aereo per la Florida, ma sono stati costretti a tornare indietro dopo aver ricevuto la notizia del rifiuto del rilascio dei visti da parte degli USA, subendo anche la beffa di una sconfitta a tavolino per 3-0 nella partita che avrebbero dovuto disputare contro la Guyana Francese. Episodi simili si erano verificati anche nell’atletica leggera, con sportivi cubani che avevano dovuto rinunciare alla partecipazione ai meeting della Diamond League organizzati negli Stati Uniti.

di Giulio Chinappi

Foto: LaPresse