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Novak Djokovic: “Simone Biles? Senza la pressione non ci sarebbe il nostro lavoro…”

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Il “crollo” a livello mentale della regina della ginnastica Simone Biles, ha letteralmente scosso i Giochi Olimpici di Tokyo. Un segnale chiaro e inequivocabile che, anche i più grandi campioni o fuoriclasse, siano “umani” e possano ritrovarsi davanti a dubbi e incertezze nonostante carriere lastricate di successi e trofei.

A proposito di pressione, un atleta che sta procedendo cercando di non pensare proprio a questo aspetto è, senza ombra di dubbio, Novak Djokovic. Il numero uno del mondo, infatti, si trova nel bel mezzo di un percorso che ha quasi dell’incredibile. In questo 2021, dopotutto, dopo aver vinto Australian Open, Roland Garros e Wimbledon, si sta incamminando a vele spiegate verso il Grande Slam. Anzi, essendo impegnato (al momento senza il benché minimo intoppo) anche nel torneo olimpico, il serbo potrebbe puntare addirittura al Golden Slam, un traguardo che manca dal 1988 ai tempi di Steffi Graf. Un uomo in missione, senza mezzi termini, suddiviso tra Tokyo e US Open di fine agosto.

Nella conferenza stampa dopo il match vinto in scioltezza contro Alejandro Davidovich Fokina, il tennista serbo è stato interpellato su quanto accaduto a Simone Biles, legandolo al mondo dello sport in generale. La sua risposta ha sorpreso la platea, cercando un punto di vista davvero particolare. “La pressione? Penso sia un privilegio, almeno per come la vedo io. Senza, infatti, non esisterebbe lo sport professionistico. Se miri a raggiungere i livelli più alti in qualsiasi settore, è bene che impari fin da subito come gestirla sia dentro, sia fuori dal campo di gara”.

“Non sto dicendo che io non avverto tutto quel rumore che mi circonda – puntualizza il 34enne di Belgrado – ma faccio in modo che non arrivi a distruggermi. So di avere abbastanza esperienza per entrare in campo e giocare il mio miglior tennis. Mi vengono in mente le Olimpiadi di Rio 2016. Ero il grande favorito, avevo vinto quattro degli ultimi cinque Slam ed ero il numero al mondo. La sensazione era simile a quella di adesso, ma ora sono molto più esperto”.

Foto: Lapresse

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