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Ciclismo

Damiano Caruso, lo scudiero diventato cavaliere. La grandezza di aver sognato oltre i propri limiti

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Il 7 maggio scorso, prima della partenza del Giro d’Italia 2021 da Torino, avevamo fortissimi dubbi che un azzurro potesse piazzarsi tra i primi 10 della classifica generale. Vincenzo Nibali si presentava al via menomato dopo l’operazione al radio del polso destro. Domenico Pozzovivo era ormai in là con gli anni, Davide Formolo non aveva mai fornito grandi garanzie nei grandi giri e, quel che è peggio, da troppi anni non emergono giovani all’altezza. Una piccola fiammella era riposta proprio in Damiano Caruso, già 10° al Tour de France 2020. Eppure il siciliano partiva da secondo uomo della Bahrain-Victorious, dunque con logici compiti di gregariato da adempiere nei confronti dello spagnolo Mikel Landa, ritiratosi ben presto a causa di una caduta. Mai, mai, mai avremmo immaginato che un italiano potesse salire sul podio a Milano. Un’eventualità che non campeggiava neppure nel più recondito dei sogni.

Siamo sinceri: prima della Corsa Rosa la situazione del ciclismo italiano, in termini di prestazioni, era oltremodo allarmante. Il miglior risultato nelle Classiche Monumento di primavera era stato l’ottavo posto di Sonny Colbrelli alla Milano-Sanremo: unica top10 in mezzo a tante, troppe comparsate. Il panorama appariva ancora più fosco con riferimento alle corse di tre settimane, dove da troppi anni si attende invano un erede di Vincenzo Nibali. A salvarci da un pressoché scontato Giro d’Italia intriso di mestizia ed anonimato ci ha pensato un incommensurabile Damiano Caruso. Lo scudiero diventato cavaliere ha capitalizzato la grande occasione che il destino gli ha prospettato.

Una vita da gregario, apprezzato dal gruppo per le sue doti umane e caratteriali. Un esempio di serietà ed abnegazione in tutte le compagini di cui ha fatto parte. Una sicurezza per la Nazionale italiana, anche in vista delle prossime Olimpiadi. Damiano Caruso è un ottimo corridore, ma non un fenomeno e di certo non lo diventerà adesso. Piace così tanto perché a 33 anni ha superato i propri limiti, fissando ogni giorno l’asticella più in alto. Dal sogno top5 è passato a quello del podio ed infine è maturata persino la pazza idea di provare a vincere il Giro d’Italia.

Avrebbe potuto accontentarsi, Damiano, lo avremmo compreso tutti. Che fosse un signor corridore è un dato di fatto: non si giunge per caso tra i primi 10 in tutti e tre i grandi giri. Ma quando ricapita l’occasione di salire sul podio? Oggi si sarebbe potuto limitare a stare a ruota, magari marcando un Simon Yates non brillante e confidando nella cronometro di domani: avrebbe conservato il secondo posto in surplace. Invece, ancora una volta, il siciliano si è spinto oltre: ha provato a ribaltare completamente il Giro. E lo ha fatto con un’azione romantica, di quelle che non siamo purtroppo più abituati a vedere, ma che sono entrate nell’immaginario collettivo ed hanno reso il ciclismo uno sport tanto popolare. Caruso, insieme al fedelissimo Pello Bilbao, ha attaccato nella discesa del Passo San Bernardino, gettandosi all’inseguimento del francese Romain Bardet: mancavano ancora due GPM di prima categoria da scalare, a prima vista poteva sembrare un tentativo suicida, un autentico salto nel vuoto. Eppure Damiano Caruso ci ha provato, a costo di saltare per aria. Ha creato scompiglio, ammaliato da un soave sogno rosa che lo ha proiettato in una sorta di trance agonistica. Non ha vinto il Giro, ma ciò che lo rende davvero grande è il modo in cui ha provato a farlo. Ed il successo di tappa rappresenta il meritato premio per un’impresa che resterà impressa nella memoria.

Damiano Caruso ha tenuto altissimo l’onore dell’Italia, quasi in maniera commovente. L’Italia che ha fatto la storia di questo sport e che ora si sente tanto piccola e talvolta non all’altezza nel confronto con altre nazioni. L’Italia che a Milano vedrà sventolare sul podio il Tricolore in maniera tanto inattesa quanto gradita. Ed il merito è tutto di quest’uomo siciliano figlio di un ciclismo d’altri tempi. Uno sport fatto di valori, sofferenza, umiltà. Caruso non è e non sarà il salvatore della Patria, ma ci ha indicato la via. E chissà che tanti giovani non siano stimolati e pronti ad emulare lo scudiero diventato cavaliere.

Foto: Lapresse

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