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Hockey pista, Alberto Greco: “A Lodi sono diventato uomo. Devo meritarmi la Nazionale, l’Italia può vincere”

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Hockey pista Alberto Greco

“Tutto è in movimento, tra pause e mutamento, crisi e rivoluzione, sarà la tua canzone”, cantavano i Negrita qualche anno ne “La tua canzone” e a giudicare dalla bellezza e dal peso delle parole della band toscana sembra che non ci andassero poi tanto lontano dal descrivere la vita di Alberto Greco, giocatore in forza al Lodi che ha vissuto una prima parte di Serie A1 di hockey pista a dir poco straordinaria.

Noi di OA Sport lo abbiamo intervistato per capire, nella sua dimensione totale fra campo e vita quotidiana, come è arrivato a raggiungere questi traguardi “intermedi” che, per Alberto Greco, sono solo piccoli – ma significativi – step di un percorso molto più lungo.

Buongiorno Alberto: la domanda – per rompere il ghiaccio – che ti vogliamo fare riguarda il tuo straordinario rendimento in questa prima porzione di campionato. Da dove arriva questa qualità?
“Ho colto la chiamata del Lodi come una grande opportunità, sotto tutti i punti di vista: dal campo all’extracampo, visto che sono anche uno studente universitario a Milano. Sono arrivato forse senza grandi aspettative, ma sono consapevole che “il mio” lo sto facendo al meglio. Se fin qui ho fatto bene il merito è anche della mia squadra, questo non va dimenticato: viviamo una stagione a intermittenza, non devo e non dobbiamo abbassare la guardia, anche perchè è un attimo cadere nell’errore”.

Ci hai accennato alla tua carriera studentesca: nel ping pong fra pista e attività di vità quotidiana, ci puoi dire cosa studi?
“Studio Ingegneria Civile al Politecnico di Milano. I primi tre anni, quando giocavo nel Trissino, li ho fatti all’Università di Padova mentre adesso sto frequentando un corso di specializzazione nell’ingegneria sismica. Vi preciso ovviamente, che adesso le frequentazioni sono in videoconferenza”.

Trissino prima e Lodi ora: quali sono state e sono tutt’ora le differenze che noti fra le due società?
“Trissino negli ultimi anni è cresciuta molto, sotto tutti i punti di vista: dagli aspetti in pista a quelli relativi alla dirigenza. La società si è installata stabilmente fra le prime cinque squadre d’Italia e questo ha aiutato la mia ascesa. 
A livello personale, posso dirvi inoltre che salutare quella realtà mi ha fatto bene sia come giocatore sia come uomo: non ero più un ragazzino, ma venivo visto a volte come un “prodotto della casa”; cosa che invece a Lodi non succede”.

Il tuo arrivo a Lodi è coinciso con un cambio anche in panchina per quanto riguarda la società giallorossa…
“Bresciani non ha nulla da invidiare a nessuno, anzi. Mi trovo bene con lui, perchè è una persona aperta e disponibile. Allena relativamente da poco tempo, cinque o sei stagioni, ma ha tantissimo da dare: di hockey ne sa veramente tanto”.

Stringiamo un attimo il focus sul tuo stile di gioco: qual è l’aspetto dove ti senti forte e quello invece dove stai cercando di lavorare in allenamento per migliorarlo?
“Sono un giocatore con una discreta velocità, a cui piace partire da lontano per penetrare nello scacchiere avversario. Se c’è un aspetto invece su cui devo migliorare è quello legato alla fase difensiva: una cosa che si acquisisce giocando tanto e facendo esperienza. Infine non mi vorrei dimenticare della parte psicologica del gioco, quello della gestione e del controllo delle partite: in questo abbiamo, qui a Lodi, un vero e proprio specialista che risponde al nome di capitan Illuzzi”.

Hai citato Illuzzi, noi ci aggiungiamo Francesco Compagno: l’intesa sembra essere totale. Come ti trovi con questi due giocatori?
“Illuzzi è fondamentale: è un pilastro a tutto tondo della squadra. Con Francesco poi ho un rapporto incredibile: trascorriamo molte giornate insieme e questo non può che aver aumentato il nostro affiatamento, cosa che poi si è riversata anche sul campo. Ci intendiamo con uno sguardo: abbiamo fatto tutta la trafila delle nazionali insieme, dall’Under 17 in poi affinando i nostri automatismi”.

Capitolo azzurro: a che punto pensi di essere della parabola che porta a indossare la maglia tricolore?
“La nazionale è un grande riconoscimento, ma so anche che non bisogna avere fretta in queste cose. Sono sicuro che nel giro di qualche anno riuscirò a far parte del gruppo azzurro, con l’intento di far parte di un gruppo che sarà competitivo per vincere qualcosa. Devo continuare a coltivare il tutto con voglia di lavorare e ambizione: e allora sarò sicuro di essermela guadagnata nel modo giusto”.

L’ultima domanda del nostro piccolo viaggio nel mondo di Alberto Greco è: se non avessi fatto l’hockeista, quale altro sport avresti voluto abbracciare?
“Se vi dicessi il calcio vi darei una risposta scontata, anche perchè molti miei amici ci giocano. Uno sport invece che mi è sempre piaciuto molto è la pallavolo: ci vedo la stessa intensità e la stessa dinamica dell’hockey su pista per certi aspetti”.

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michele.cassano@oasport.it

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Foto: Roberta Mirabile

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