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Alessandro Vaglio, baseball: “Mike Piazza una pietra miliare. Nuovi obiettivi per l’Italia, diamo chance ai giovani”

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Alessandro Vaglio, Capitano della Nazionale italiana. Basta questo per descriverne l’attuale importanza nel mondo del baseball azzurro, ma non solo: parliamo, infatti, anche di un autentico simbolo vivente della Fortitudo UnipolSai Bologna, un uomo che dal 2012 ne ha sposato la causa e non l’ha mai abbandonata. Il suo campionato è finalmente iniziato, come quello di tutto il batti e corri italiano, e anche il suo nome ha continuato a risuonare nelle partite contro Godo. A metà settimana, tra il primo e il secondo incontro, lo abbiamo raggiunto per un’intervista in cui ci ha raccontato sia della Fortitudo che della Nazionale, inserendo anche diverse riflessioni su baseball e dintorni.

Sul ritorno in campo, pur senza pubblico: “Scendere in campo dopo il periodo che abbiamo passato è stato emozionante. Non avere il pubblico sugli spalti ha avuto il suo impatto, però a livello emotivo è stata una ripartenza. Abbiamo affrontato questo periodo allenandoci in casa, ci siamo potuti allenare insieme un mese e mezzo. Scendere in campo e poter rivivere l’emozione della partita è stato sicuramente grandioso“.

Sul campionato: “Ci sono stati diversi cambiamenti, abbiamo ridotto a sette inning rispetto ai nove per l’impossibilità di avere giocatori stranieri nei roster. Potrebbe essere una prova per un gioco diverso, per attirare più pubblico e più media. Mai come quest’anno è un’opportunità per provare e per capire che prodotto viene fuori. In Italia, il fatto che non si possano portare degli stranieri fa sì che ci saranno squadre con un numero molto alto di italiani. Abbiamo l’opportunità di vedere che tipo di lavoro è stato fatto fino ad ora e fare gli accorgimenti necessari per migliorare i talenti sul nostro territorio. Sul personale, sono molto motivato in maniera positiva“.

Sull’Italia: “L’anno scorso abbiamo perso una grandissima opportunità, per alcuni atleti non tornerà più perché la prossima chance sarà nel 2028 e alcuni di noi avranno smesso. Quando ti vai a confrontare con giocatori che hanno sulle spalle 100-120 partite, per anni, hanno un’abitudine al gioco diversa rispetto a chi ne gioca 30-40. Abbiamo perso un’opportunità importante. Personalmente ho visto sfumare un sogno che era lì, raggiungibile. Quando si perde, si impara dai propri errori, si ricomincia. Abbiamo fatto una brutta qualificazione, ma inizia un nuovo progetto, un nuovo percorso, dei nuovi obiettivi. Tutti ci allacciamo le scarpe e andiamo a lavorare“.

Su Mike Piazza nuovo manager azzurro: “E’ una pietra miliare del baseball mondiale, quello che conta. Averlo è sicuramente motivante. Ho potuto lavorare con lui al Classic del 2013 e la conoscenza che ha lui del baseball ci permetterà sicuramente di fare un salto di qualità. Lui viaggia molto tra Stati Uniti e Italia. Non abbiamo ancora avuto modo di vederci, ma nel coaching staff c’è anche Bill Holmberg, che ha cresciuto me e tanti altri ragazzi della Nazionale. Sono certo che con queste due persone alla guida possiamo costruire un progetto che possa ambire sia al prossimo Classic che alle prossime manifestazioni che ci attendono“.

Sul legame con la Fortitudo: “Vengo a Bologna dopo un’esperienza a Grosseto, che mi ha dato l’opportunità di far vedere le mie doti e di poter giocare. Purtroppo l’ultimo anno ci sono stati problemi finanziari e la società è fallita. Bologna mi ha contattato e mi ha portato qui. Avevo un po’ paura di sapere cosa mi aspettasse. Invece in Fortitudo ho trovato una società seria: hanno una grandissima passione e correttezza verso il gioco e il rispetto degli accordi. Ho trovato un ambiente che a mio avviso è il posto migliore dove giocare a baseball in Italia. Pian piano è diventata la mia casa. Sono diventato il capitano, per me è diventata la mia casa“.

Sui talenti: “Bisogna avere il coraggio di dar loro una chance di giocare ad alto livello. Ogni atleta che abbia talento deve saper dimostrare di averlo. Chi riuscirà a gestirsi meglio durante le partite farà parte della Nazionale. Abbiamo molti giovani interessanti in tutti i ruoli. Basta avere coraggio e metterli in campo“.

Sulla convivenza sport-lavoro: “Ad oggi ci sono tantissimi giocatori in Italia che lavorano le loro ore, staccano, prendono la borsa, vanno al campo, vanno alle otto, qualcuno torna a casa, fa palestra, poi mangia, sta con la famiglia. Significa togliere tempo libero a se stessi, alle famiglie, al lavoro, non ci sono ferie. La gioia che si riceve facendolo si riceve dal campo e dai risultati che si ottengono. Le difficoltà in Italia sono sicuramente molte.Gli stipendi, se si possono chiamare tali, sono dei rimborsi spese che non compensano minimamente l’impegno che richiede andare a lavorare 8 ore al giorno, staccare e andare al campo. Il mercoledì prendersi le ferie, andare a giocare, a dormire alle 4 e riattaccare il giorno dopo è una cosa che non tutti riescono a fare. Ci vuole rispetto per chi sacrifica così tanto in nome di una passione“.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: FIBS / EzR NADOC

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