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Ciclismo

Olimpiadi Parigi 1900: Enrico Brusoni e l’oro più contestato. Il Coni lo conteggia, il CIO no: alle radici di un mistero secolare

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Una medaglia persa e poi ritrovata. Per giunta d’oro. Vera, reale, concreta. Ma ufficiale, al momento, solo per il CONI, non per il CIO, che in ogni caso non tiene e non ha mai tenuto una classifica per Nazioni di ogni edizione olimpica, né tanto meno il medagliere, di volta in volta.

La medaglia d’oro in questione è stata… assegnata al legittimo proprietario quasi un secolo dopo la sua impresa e a cinquant’anni dalla sua scomparsa. Una storia particolare, singolare, quella dell’oro vinto a Parigi il 15 settembre 1900 da Ernesto Mario Brusoni, così citato nelle cronache dell’epoca, in realtà si chiamava Enrico, bergamasco nato ad Arezzo, nella corsa a punti (o meglio, delle volate) sui 5 chilometri. Ancora più singolare, poi, che lo stesso Brusoni, classe 1878, scomparso il 27 novembre 1949, conservasse quel successo (ottenuto dominando ben 5 sprint sui 10 previsti), come una vittoria qualsiasi, non certo la più significativa.

Enrico, così si faceva chiamare, aveva esordito nel 1897 nella Milano-Salsomaggiore, era soprattutto uno stradista dotato di velocità e fondo allo stesso tempo. Nel 1899 strapperà a Rodolfo Muller il primato italiano dell’ora per poi vincere le gran fondo di 504 chilometri nel 1902 e nel 1904. La medaglia del 1900 è frutto di studi particolari di diversi esperti, americani, svedesi e italiani (tra cui Elio Trifari, che è stato anche vice direttore della Gazzetta dello Sport e sicuramente, oggi, il più grande conoscitore in materia del nostro Paese).  Alla fine del 1991 Bill Mallon, USA, e Ture Wedlund, Svezia, decisero di dar vita alla ISOH, International Society of Olympic Historians, che tuttora esiste, Mallon è l’uomo cui dobbiamo i lavori pionieristici di ricostruzione dei risultati dei Giochi 1900 e 1904. D’accordo con il direttivo dell’ISOH, Mallon decise di respingere al mittente la posizione ufficiale del CIO – secondo cui è ufficiale tutto quello che è compreso nel rapporto inserito sul sito del CIO, ma alcuni resoconti sono molto poco dettagliati – e di adottare criteri condivisi per poter definire olimpica una gara. Alla fine, Mallon procedette alla ricostruzione, adottando questi criteri, che sono anche alla base dell’oro di Brusoni:

– la gara dev’essere stata ammessa alla partecipazione internazionale senza limitazioni; (esempio niente nuoto per marinai del Pireo come ad Atene 1896).
– la gara non dev’essere stata riservata ai professionisti secondo le norme di allora.
– la gara deve essersi svolta secondo le norme di una federazione internazionale.
– la gara non deve avere offerto premi in denaro di valore.

Applicando questi criteri, si arriva a 95 gare (fino a 20 anni fa si pensava fossero 87) disputate da 1.222 atleti di 28 Nazioni, di cui 22 donne a Parigi 1900. Gli italiani salgono ad almeno 24: e il loro bilancio è di 3 ori e due argenti. Tutti i testi riportano, nel ciclismo, una sola gara: in realtà, sulla pista di 500 metri del Velodromo di Vincennes, dal 9 al 16 settembre, si disputarono tre gare di spessore olimpico secondo la classificazione di Mallon. Oltre alla velocità, che tutti citano, si svolse anche una dietro motori di 25 km, senza italiani, e un’ americana. E qui spunta la bella sorpresa: la “Course des Primes” (corsa delle volate) su 10 giri, con sprint e classifica a punti a ogni giro, e punti doppi allo sprint finale, vide in gara il 15 settembre 28 atleti di 3 Paesi, Francia, Germania e Italia. Luigi Colombo finì ultimo, Giacomo Stratta nono: ma un aretino, Enrico Brusoni, che nelle cronache d’ epoca viene citato come «Ernesto Mario Brusoni», trionfò davanti al tedesco Karl Duill e al francese Louis Trousellier, che avrebbe poi vinto il Tour e la Parigi-Roubaix nel 1905.

Questa gara ancora non viene considerata ufficiale dal CIO, ma lo è per tutti gli storiografi ufficiali dei Giochi Olimpici e per il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

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gianmario.bonzi@gmail.com

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Foto: LaPresse

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