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Filippo Magnini e la pazza idea della caccia alla quinta partecipazione olimpica. Andrà fino in fondo?

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Perchè? Perchè un campione dal passato glorioso come Filippo Magnini, due volte campione del mondo dei 100 stile libero, bronzo olimpico nella 4×200, a 38 anni, sta pensando di rientrare in gara per dare l’assalto alla sua quinta Olimpiade? Abbiamo ancora negli occhi e nelle orecchie l’immagine e la voce del nuotatore pesarese che annuncia il suo addio alle gare dopo aver fallito la qualificazione agli Europei in vasca corta in un buio pomeriggio riccionese del dicembre 2017, le lacrime agli occhi di Federica Pellegrini (già ex all’epoca) in primis e di tanti suoi amici di piscina, rivali, compagni di avventure.

Sono passati due anni e mezzo e Filippo Magnini sta progettando il suo ritorno in vasca con tante, tantissime motivazioni. Prima fra tutte la voglia di tornare a nuotare in gara almeno per una volta da atleta pulito, la voglia di cancellare quelle macchie che hanno accompagnato l’ultima parte della sua carriera da atleta, che ad un certo punto della storia avevano sommerso di nero le tante belle pagine scritte nelle piscine di mezzo mondo e, tutto ad un tratto, tornate leggibili, con l’inchiostro ben visibile. Magnini non ha mai smesso di essere atleta negli ultimi due anni e mezzo. Meno privazioni, è vero, ma sempre e comunque una forma fisica invidiabile che gli permetterebbe di tornare a lavorare come ai bei tempi, magari con l’allenatore degli (ultimi) bei tempi, quel Claudio Rossetto che però si allena a Roma, mentre Magnini vive a Milano, l’ostacolo forse più insormontabile di tutti per la ripartenza.

E poi Giorgia, la compagna, e Sofia, la figlia di Giorgia Palmas e del suo ex Davide Bombardini, che hanno vissuto solo di striscio il Magnini atleta, l’idolo per cui tifare e battere le mani, sgolarsi tra le grida della bagarre di un arrivo in volata, quello che spesso e volentieri ha premiato in carriera il campione pesarese. E poi il bebè in arrivo, il primogenito per Filippo Magnini, che potrebbe respirare fin dai primi mesi l’aria impregnata di cloro che ha caratterizzato gran parte della vita del papà.

Il sogno, infine, di rientrare nel progetto olimpico della staffetta 4×100, un sogno rivitalizzato dallo spostamento dei Giochi di un anno, che, di fatto, ha riacceso il fuoco sacro nella mente del “Re Magno” che dalle Olimpiadi ha sempre raccolto meno di quanto sperasse, a partire da Atene, alla vigilia del suo doppio titolo mondiale nei 100, passando per Pechino, l’Olimpiade dei costumoni, fino ad arrivare a Londra, con le polemiche e a Rio nello scomodo ruolo di riserva. Stavolta anche il posto di riserva sarebbe un mezzo miracolo per Magnini che si andrebbe a scontrare con giovani interessanti, bravi, continui ma non dai tempi stratosferici nelle braccia e nelle gambe. Insomma, anche dal punto di vista tecnico l’azzardo sarebbe tutto sommato ponderato.

Il rischio di una figuraccia, per uno che ha vinto così tanto in carriera, c’è ma è tutto sommato accettabile. Magnini non deve dimostrare nulla a nessuno: potrebbe anche permettersi un’uscita di scena non da protagonista senza suscitare tenerezza o compassione ma mantenendo la sua dignità da atleta, mai persa anche nei momenti più difficili della carriera (Pechino e Roma i bocconi più amari da ingoiare). Al grido di “Non succede ma se succede” il nuotatore marchigiano saprebbe benissimo da dove iniziare per ritrovare la condizione giusta. Del resto anche Anthony Ervin vince una medaglia d’oro a Sydney nel 2000 e poi, dopo mille peripezie, rientrò a sedici anni di distanza per andare a vincere il secondo oro della carriera nei 50 stile libero a Rio ma Magnini potrebbe fare meglio e puntare alla sua seconda medaglia olimpica in staffetta (stavolta 4×100 stile) a 17 anni dalla sua prima e unica medaglia a Cinque Cerchi, il bronzo della 4×200 ad Atene.

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