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Calcio, il protocollo di sicurezza mette in pericolo il termine e l’inizio della nuova stagione del campionato

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Sì, no, vedremo, non so. Sono giorni da punti interrogativi, sono giorni nei quali non si sa dare una risposta. Eppure, dovrebbe arrivare per quanto riguarda il calcio, ma al momento si prende tempo.

L’attività individuale, sui campi da gioco, è ripresa e lo stesso accadrà dal 18 maggio nella sua collettività. C’è però un problema: il protocollo. Stando al parere del Comitato tecnico scientifico, basterà un solo caso positivo per costringere l’intera squadra a essere posta in quarantena per 14 giorni. Un punto che chiaramente pone immediati dubbi sul ripresa reale del campionato. Giova ricordare che il Cts ha sottolineato che le misure previste dal protocollo per la ripresa degli allenamenti di gruppo saranno sotto la diretta responsabilità del medico sociale.

A questo punto non sarebbe solo a rischio la conclusione della stagione 2019-2020, ma anche l’inizio della prossima nel mese di settembre, dal momento che una cura o un vaccino non ci sarà. Verrebbe da dire di seguire il protocollo tedesco, dove è previsto che il singolo caso positivo venga analizzato e posto in quarantena, mentre il resto della compagine può continuare, sottoposta a maggiori controlli. Un ragionamento etico e politico, che parte da un presupposto chiaro in terra tedesca: “L’obiettivo non è garantire la sicurezza totale, al 100%, per tutte le persone coinvolte, perché sarebbe impossibile. Ma è considerare l’importanza sociale, politica ed economica del calcio e assicurare uno sviluppo che presenti un grado di rischio accettabile dal punto di vista medico“.

Da noi l’importanza economica e sociale del calcio è di minor importanza? Servirebbe una risposta chiara perché in queste condizioni sperare di giocare senza alcun caso positivo è davvero complicato e la medesima situazione vi sarà nei prossimi mesi. Per cui le opzioni sono due:

  1. Cambiare la posizione del Cts e seguire il protocollo tedesco.
  2. Fermare tutto fino a che non vi sarà una cura che possa garantire il contagio “0”.

E le conseguenze? Decisamente pesanti in caso di stop sotto il profilo economico, non soltanto per la questione diritti televisivi, ma anche per tutto quello che il calcio rappresenta, in quanto industria nel nostro Paese. L’Italia può permettersi questo stop? Spetterà al Governo prendere le decisioni del caso.

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

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Foto: LaPresse 

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