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Olimpiadi. La battaglia che vale la leggenda: Michael Phelps beffa Milorad Cavic nei 100 farfalla a Pechino per un battito di ali di farfalla

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Si può entrare nella leggenda per un centesimo, per un’unghia, per un battito di ali di farfalla. Se si nasce predestinati, ci si chiama Michael Phelps e ci si è messi al collo già sei medaglie d’oro nella stessa edizione dei Giochi Olimpici, si può. La storia è quella di una sfida che è entrata di diritto nella galleria dei momenti indimenticabili del nuoto e dello sport in generale.

Lo scenario è quello del Water Cube di Pechino, è il 16 agosto 2008 e il programma della penultima giornata del nuoto ai Giochi Olimpici cinesi prevede la finale dei 100 farfalla. Michael Phelps è, come da programma, il dominatore assoluto in vasca. Quando sta per partire la penultima delle finali che lo vedono protagonista, il cannibale di Baltimora ha già vinto sei medaglie d’oro, eguagliando il risultato ottenuto quattro anni prima ad Atene quando sfiorò il record di sette ori conquistato da Mark Spitz a Monaco 1972, ottenendo sei successi e “solo” un bronzo nei 200 stile libero e nella 4×100 stile libero.

A Pechino Phelps tenta un’impresa mai riuscita a nessuno nella storia: conquistare otto ori nella stessa edizione dei Giochi Olimpici e superare così il mito Spitz. Il 10 agosto vince l’oro nei 400m misti con il record del mondo (4’03″84). Si ripete il giorno dopo con la vittoria ed il record del mondo nella staffetta 4x100m stile libero (3‘08“24, con 47″51 in prima frazione che è record americano). Il 12 agosto vince i 200m stile libero, segnando un nuovo record del mondo (1’42″96). È oro anche il 13 sia nei 200m farfalla (1‘52“03) che nella staffetta 4x200m stile libero (6’58″56) ed entrambe le vittorie sono impreziosite da due nuovi record del mondo. Il 15 agosto domina la finale dei 200 misti conquistando anche in questa gara oro e primato del mondo (1’54″23).

Milorad Cavic, nato ad Anaheim, in California, da genitori serbi il 31 maggio 1984, ha all’attivo un oro europeo nei 50 farfalla conquistato ad Eindhoven pochi mesi prima dei Giochi Olimpici. Il meglio di sé, fino a quel momento, lo ha dato in vasca corta dove ha conquistato tre ori europei nei 100 farfalla. A livello mondiale quella è la sua prima, vera, grande vetrina anche se l’anno prima ai Mondiali di Melbourne aveva collezionato un doppio sesto posto nei 100 e nei 50 farfalla. Cavic si allena in America con uno degli storici tecnici Usa, Mike Bottom, appartenente a una numerosa e famosa famiglia di nuotatori e atleti. Ha il doppio passaporto e vive a Tustin nell’ Orange County con papà Dusko e mamma Ljiljana, entrambi serbi. Ha un fratello, Daniel, che gioca a basket.

È americano in allenamenti e lingua, ma serbo dentro. Agli Europei di Eindhoven, in marzo, alla cerimonia di premiazione dei 50 farfalla, oltre alla bandiera sulle spalle e all’ inno cantato parola per parola, aveva mostrato una maglietta con la scritta: «Kosovo è Serbia». Oro confermato, ma immediata la squalifica della nazionale serba, che gli aveva impedito di bissare il successo nei 100.

La marcia di avvicinamento alla finale dei 100 farfalla di Pechino per i due rivali è diametralmente opposta. Cavic arriva all’appuntamento più atteso concentrato e soprattutto riposato, per Phelps i 100 farfalla sono la settima delle sue otto terribili fatiche e la stanchezza inizia a farsi sentire. In batteria il serbo aveva alzato la voce con 50”76 che è record olimpico, tolto proprio a Phelps che aveva vinto l’oro quattro anni prima ad Atene senza costumone in 51”25. In semifinale ancora meglio Cavic, con 50”92 di Phelps che fa segnare 50”97. La corsia quattro, dunque, in finale è per il serbo, mentre Phelps, per la prima volta dall’inizio delle Olimpiadi, è relegato in corsia cinque.

Al tuffo Cavic è già avanti e Phelps sembra arrancare per tutta la prima vasca. L’americano, alla virata, è addirittura settimo e i centesimi che lo separano dall’ avversario, che tocca per primo, sono ben 62, un’enormità da recuperare in 50 metri. Nel Water Cube tutti battezzano la rimonta impossibile. Ma in quella magica settimana cinese nulla è impossibile per il cannibale. Phelps sa di essere ad un passo dalla leggenda e non vuole perdere l’occasione della vita per nulla al mondo. Guadagna da subito su tutti i rivali, a 20 metri dal traguardo le carte si rimescolano, qualcuno dei protagonisti come Crocker e Dunford, perde vistosamente ma Cavic sembra poter resistere al ritorno prepotente dello statunitense.

Sembra soltanto perché Milorad Cavic impara subito dopo aver toccato la piastra a sue spese che non è possibile stravolgere la storia. Il serbo di California è convinto di avere inflitto la prima sconfitta a Michael Phelps, di averlo costretto alla paura di doversi giocare il pareggio con Mark Spitz all’ ultima gara buona (la staffetta mista del giorno dopo) e di veder annullato il sorpasso sbandierato ai quattro venti. L’attimo che divide il tocco dei due dallo sguardo sul tabellone è, per la maggior parte dei presenti, caratterizzato dalla convinzione che stavolta Phelps non ce l’abbia fatta, che l’ incredibile sia avvenuto.

Il primo ad avere il dubbio è proprio lui, Michael Phelps. “Quando ho fatto l’ ultima bracciata – dichiarerà in sala stampa – ho pensato di aver perso ma per fortuna non è andata così. Non ho parole”. Il predestinato di Baltimora, a cui la Speedo ha immediatamente staccato come promesso alla vigilia un assegno di un milione di dollari, ha vinto: 50”58 contro 50”59. Un centesimo, la prima volta di Phelps a Pechino senza primato del mondo, una sfida tumultuosa decisa per un centimetro. Arriveranno le proteste formali dei serbi, zittiti dalla sequenza delle ultime bracciate fotografate dalla Omega, sponsor personale di Phelps, quando le immagini del primo replay sembrano dare ragione a Cavic, l’uomo che ha osato sfidare la leggenda.

Michael Phelps, il giorno dopo, vincerà con la nazionale statunitense anche la staffetta 4×100 mista conquistando l’ottavo oro nella stessa Olimpiade, impresa mai riuscita a nessun altro atleta nella storia, ringraziando quel battito di ali di farfalla che gli ha permesso di vincere la gara più difficile della sua strepitosa carriera.

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