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Scherma

L’Italia è grande: il mito di Nedo Nadi, il più grande polivalente della storia della scherma

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Nedo Nadi - La Presse

Non c’è fioretto senza Francia“, si beavano i francesi agli albori del novecento. E in effetti un transalpino, Christian D’Oriola, sarà poi eletto schermidore del XIX secolo. E se fosse un errore? Perché Livorno e una palestra mitica, sede della Fides, hanno regalato all’Italia e allo sport mondiale uno dei talenti più completi di sempre: Nedo Nadi.

Nedo è figlio d’arte: suo padre, Beppe, maestro e animatore del Circolo Fides di Livorno, lo inizia già a sei anni alla pratica del fioretto. Va a Stoccolma, nel 1912, appena 18enne: scusa mal di gola, teme di deludere il padre. Ma bastano i primi successi per rinfrancarlo. Quando c’è lui in pedana la sala si riempie, anche se mancano i francesi che non hanno ottenuto dagli organizzatori certe modifiche al regolamento. Nedo Nadi conclude il torneo imbattuto nel fioretto, davanti a un altro azzurro, Pietro Speciale. Quinto è Edoardo Alaimo. L’assalto più sofferto è con l’austriaco Richard Verderber. Il giovane livornese, con la febbre alta, lo sogna la notte precedente la finale. Ma quella faccia giallastra e quegli occhi lucenti non gli fanno perdere la calma. In pedana l’italiano trionfa. E’ leggenda, solo agli inizi.

La sua vita è un susseguirsi di trionfi, persino in Guerra: con il grado di tenente del Reggimento Cavalleria Alessandria gode di tre decorazioni al valor militare. Nessuno al mondo è bravo come lui in tutte le armi. E otto anni dopo Stoccolma 1912, perdendo però un’alta Olimpiade che sarebbe stata trionfale, Berlino 1916, il livornese Nadi stupisce il mondo. Anversa è un tour de force, per Nedo. Il 15-16 agosto prende parte alle gare di fioretto a squadre insieme con il fratello Aldo. Elimina Danimarca, Stati Uniti e Inghilterra senza storia. La sfida con la Francia è decisiva. Tra i transalpini c’è Lucien Gaudin, che viene battuto da Aldo, ma supera Nedo, riportando in vantaggio i transalpini. Puliti batte Ducret per decretare poi l’8-7, sofferto, degli azzurri. Il 18 agosto Nedo trionfa nel fioretto individuale, con Gaudin assente causa un alluce destro in fiamme dopo uno scontro con un collega americano. Nedo vince 10 assalti su 11. Re Alberto I del Belgio, sul podio, gli dice: “Ancora voi qui? Mi pare di avervi già premiato due giorni fa”. Il livornese prontamente risponde: “Con il permesso di vostra maestà, ritornerò altre volte”.

E’ di parola. Dal 19 al 21 agosto l’Italia costruisce la medaglia d’oro nella spada a squadre, un’arma che il papà di Nedo non considera nobile. E infatti Nadi non si iscriverà nella gara individuale, mancando così l’appuntamento con la storia completa. I giornali definiscono Nedo “superbo”, Aldo “nervoso e guizzante”. Tre vittorie e una sconfitta, con il Portogallo (!), prima di incontrare gli Stati Uniti: Nedo, ancora una volta febbricitante, “tocca” con un capolavoro al primo assalto Lyon, questi depone l’arma issando sulle spalle il livornese. Il 26 agosto altro primo posto nella sciabola a squadre e il giorno dopo quinta vittoria nella sciabola individuale: la lotta è in famiglia, oro a Nedo e argento ad Aldo.

Anversa, che dilata la leggenda di Nedo Nad, lega anche alo schermidore italiano alla donna che sarà sua moglie, Roma Ferralasco. Intanto però, nel marzo del 1921, il campione emigra in Argentina su inviato di Eugenio Pini, un’altra celebre “lama” di inizio secolo che da tempo vive in Sud America: diventa direttore della sezione scherma del Jockey Club di Buenos Aires. Un’esperienza eccitante e ben remunerata, integrata a quella di giornalista per La Naciòn. Ma la nostalgia lo consuma: rientra in Italia nel 1923, deperito e vuoto. Ma rifiorisce grazie all’attaccamenti e alla devozione di Roma, ritrovando anche il piacere di salire in pedana. Gareggia sino al 4 febbraio 1931 quando al Teatro Lirico di Milano surclassa il campione ungherese Piller: in sei anni è uscito imbattuto da 72 tornei ed è stato “mondiale” dei maestri ad Anversa nel 1930.

Conclusa la carriera, diventa commissario tecnico della Federscherma, nel 1935 è anche presidente federale, dal 1938 scrittore e giornalista, fa il direttore nella scuola magistrale di scherma. Improvvisa, il 29 gennaio 1940, la notizia della sua morte, a 46 anni.

E’ lui, il più grande?

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gianmario.bonzi@gmail.com

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Foto: LaPresse

1 Commento

1 Commento

  1. OLIMPIONICO

    24 Aprile 2020 at 19:56

    Bell’ articolo: un’ immensa GLORIA OLIMPICA ITALIANA !

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