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Tokyo 2021

Tokyo 2020: tra rinvii, boicottaggi ed esigenze degli atleti. Quando le Olimpiadi diventano un gioco politico

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I Giochi Olimpici smuovono il fatturato di due Continenti e non sono più… un gioco, da quasi un secolo. I contratti televisivi e gli investimenti pubblicitari hanno cambiato il volto delle Olimpiadi dalla fine degli anni ’60, ma le strumentalizzazioni politiche attorno alla più grande manifestazione sportiva del pianeta nascono in realtà molti anni prima, diremmo per i Giochi di Berlino ’36, assegnati prima che Hitler prendesse il potere in Germania, ma disputati durante la sua dittatura.

E’ opinione comunque il fatto che l’ultima Olimpiade fino al 1992 non toccata da fattori esterni, boicottaggi, appunto strumentalizzazioni ecc., sia stata quella di Tokyo 1964 (i casi della vita). Va detto che gli anni ’60 sono fondamentali nel panorama sportivo (discorso che vale per tutte le discipline) in quanto il fenomeno atletico cresce in maniera esponenziale in primis grazie alla diffusione della televisione. E questo in qualche modo trasforma i Giochi in una manifestazione attraente anche e soprattutto per chi vuole farne una piattaforma per manifestazioni (o rivendicazioni) politiche. Non solo. Lo sport anticipa addirittura le Organizzazioni intergovernativa a carattere internazionale, visto che paesi africani quali Ghana, Kenia, Nigeria e Zambia, per esempio, vengono riconosciuti prima dal CIO che dall’ONU. Siamo cioè nel periodo decisivo della decolonizzazione, che naturalmente rende lo sport sempre più globale, tant’è vero che i Giochi di Roma ’60 sono i primi a vedere una massiccia presenza dell’Africa nera e sopratutto i primi risultati ‘pesanti’ nell’atletica leggera.

E’ tutto un gioco di incastri, a catena: la presenza delle televisione rende lo sport evento ancor più seguito e quindi inevitabilmente fa crescere l’interesse economico attorno alle grandi manifestazioni nel decennio successivo, cioè negli anni ’70, quando per esempio nascono i Campionati Mondiali di nuoto (Belgrado ’73), piuttosto che tutte le altre edizioni della Coppa del Mondo negli sport invernali, eccezion fatta per quella di sci alpino presente dal 1967, mentre solo nel 1983 vedranno la luce i Mondiali di atletica. E tornando al decennio dei ’60, sono sempre gli anni della prima diffusione di massa del doping e dell’introduzione di controlli anti-doping. Un momento storico epocale, in cui la stessa definizione di dilettantismo diventa ormai obsoleta. Un numero crescente di atleti riceve già da tempo, infatti,  denaro contante e materiale tecnico gratuito  dalle industrie commerciali in concorrenza tra loro perché indossino i loro capi durante le gare e le premiazioni.

L’epopea romantica dello sport e delle Olimpiadi termina di fatto a Città del Messico, nel 1968, un anno che dice tutto già a evocarlo, segnato ovviamente da tensioni e conflitti. Basti pensare che il Messico si svena per i Giochi e i successivi Mondiali di calcio, ma tiene buona parte della sua popolazione in condizioni di povertà, motivo per cui è potenzialmente una polveriera. Per tre mesi, prima delle Olimpiadi, si susseguono scontri tra studenti e polizia fino alla la strage a Piazza delle 3 Culture (oltre 400 morti spacciati per una decina, 1200 feriti), dieci giorni prima del via (2 ottobre 1968), con le gare che incredibilmente iniziano lo stesso. La Germania partecipa con due rappresentative distinte; gli americani Smith e Carlos, come ben noto, protestano sul podio dei 200m (con guanto nero, a ricordare i lutti del popolo di colore, e calzini neri, a ricordare la miseria. E senza scarpe).

Quattro anni dopo Piazza delle 3 Culture, il sangue entra questa volta nel cuore delle Olimpiadi, cioè in quel Villaggio olimpico che sembrava sacro, inviolabile ed esempio unico di fratellanza fra popoli. Ecco la strage datata 5 settembre 1972: 11 israeliani uccisi da un commando di terroristi estremisti palestinesi (i Feddayn di Settembre Nero, 8 per l’esattezza): 2 atleti trucidati subito, gli altri all’aeroporto. Alle 4 del mattino scatta l’ingresso degli 8 terroristi nel villaggio. La richiesta dei terroristi è la liberazione di 236 loro compagni, prigionieri in Israele. Rifiutata. All’aeroporto i terroristi fiutano l’agguato dei cecchini tedeschi e lanciano una granata contro l’aereo, sul quale sono già saliti gli ostaggi, che muoiono tutti nel rogo del Boeing. Brundage, americano, presidente CIO dal ’52, annuncia la sospensione dei Giochi, che avviene effettivamente. Ma per un solo giorno, dopo essersi consultato con il Presidente del Comitato organizzatore, Daume. E le Olimpiadi si concludono in ritardo, lunedì 11 settembre

A Montreal ’76 ecco le Olimpiadi faraoniche, ma purtroppo solo per l’alto costo della manifestazione e soprattutto il boicottaggio clamoroso dei paesi africani in segno di protesta contro la Nuova Zelanda, per i rapporti con il Sudafrica dell’Apartheid (Gabon, Gambia, Isole Mauritius, Lesoto, Madagascar, Malawi, Mauritania, Rep. Centroafricana, Tanzania e Zaire, dieci Paesi africani dicono no prima delle Olimpiadi, come anche lo Sri Lanka. Ma a Giochi cominciati, altri 20 Paesi africani rinunciano, assieme a Iraq e Guyana per solidarietà); a Formosa viene imposta la denominazione Taiwan, come per i Giochi del ’60 a Roma. Risultato: no e arrivederci. Olimpiade col mitra e l’elmetto, si dice all’epoca, per l’imponente apparato di sicurezza allestito. Inevitabile dopo la strage di Monaco ’72.

I Giochi di Mosca ’80 subiscono il boicottaggio da parte degli Stati Uniti (con Canada, Germania Ovest, Giappone, Israele e Cina, mentre l’Italia partecipa senza gli atleti “militari”) per il “caso Afghanistan (il 27 dicembre 1979, con quasi 100.000 uomini, l’URSS invade l’Afghanistan). Il 20 febbraio il Presidente USA Jimmy Carter annuncia il “no”. Italia: sì a Mosca, ma senza bandiera e senza atleti militari. Lo sgarbo verrà restituito quattro anni dopo, per non meno precisati motivi di sicurezza. Niente atleti dell’URSS e paesi alleati (Romania a parte) a Los Angeles ’84 (dove ricomparve la Repubblica popolare cinese dopo il 1952). A Seul ’88 mancherà invece Cuba, così come la Corea del Nord. Il mondo si ritroverà unito a Barcellona ’92, ma ben diverso dopo il crollo del muro di Berlino.

Oggi la situazione è decisamente mutata: i boicottaggi politici non si vedono più, ma a comandare sono televisioni, sponsor e i soldi dei paesi più ricchi, nell’est Europa e nell’est asiatico. Ed ecco che (vedi Pechino 208) le finali di nuoto si disputano al mattino (quando solitamente vanno in scena le batterie) per consentire la visione delle Finali nel prime-time americano in uno sport molto seguito negli Stati Uniti durante i Giochi. Situazione che si ripeterà anche a Tokyo, nel 2021.

In passato solo le Guerre Mondiali avevano cancellato le edizioni delle Olimpiadi, si pensi a Berlino 1916, Tokyo (e poi Helsinki) 1940, Londra 1944. Tokyo 2020 passerà alla storia come la prima edizione posticipata in assoluto e soprattutto la prima in un anno dispari. Non verranno disputati più tardi dell’estate 2021, forse anche in Primavera, scelta però sgradita al network televisivo NBC che di fatto comanda lo sport mondiale. E’ un rinvio che sicuramente fa storcere il naso ad alcuni campioni, ma tirare il fiato ad altri che non sapevano più cosa fare, allenarsi, smettere, continuare, ma a che ritmo ecc. Dall’America all’Australia, dal Canada alla Gran Bretagna gli atleti premevano per far rimandare l’edizione dei Giochi al prossimo anno e alla fine il CIO si è dovuto arrendere, con l’accordo tra il Presidente Bach e il Premier giapponese Abe, proprio ieri, 4 mesi prima dell’ipotetica Cerimonia inaugurale. A definire la data ci penserà la Commissione di coordinamento del CIO e il comitato organizzatore, sentiti i pareri delle principali federazioni internazionali, in particolare atletica e nuoto, che ora devono rimodulare a loro volta i calendari finiti nel caos per i rinvii a catena.

Il punto più impegnativo dell’accordo tra Losanna e Tokyo è stato ovviamente quello legato all’aspetto finanziario, ai contratti tv e sponsor, alle clausole assicurative, alle penali e al villaggio per gli atleti da 15.000 posti. Ora tutto dovrà restare cristallizzato per altri 12 mesi. E resta da capire cosa cambia oggi con i criteri di qualificazione.

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gianmario.bonzi@gmail.com

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Foto: LaPresse

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