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Sci di fondo

“La sprint di Åre? Per me quello non è sci di fondo, bensì è un’americanata!” ‘L’ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa

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Lo Ski Tour 2020, ovvero la versione scandinava del Tour de Ski, è passata agli archivi. Fra le donne è giunta la prevedibile vittoria di Therese Johaug, la quale però non si è accontentata di imporsi, ma ha addirittura voluto sbaragliare la concorrenza. In campo maschile, invece, Pål Golberg ha primeggiato a sorpresa, approfittando della debacle di Alexander Bolshunov nell’ultima tappa.
In casa Italia è arrivato un podio con Federico Pellegrino, ma ancora una volta ha fatto discutere la gestione delle risorse umane. Andiamo a capire come e perché nella XII puntata de “L’ululato del Bubo”, in compagnia del campione olimpico di Torino 2006 Fulvio Valbusa.

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Bubo, cominciamo dal settore maschile. Dieci giorni fa, chi avrebbe mai scommesso un copeco su Pål Golberg vincitore dello Ski Tour 2020?
“È stata una sorpresissima. Vero che aveva dimostrato di essere in grande condizione già a Falun, la settimana precedente all’inizio dello Ski Tour, però, pur vedendo quanto stava andando forte, non lo si poteva certo pronosticare vincitore! Va anche detto che deve ringraziare Bolshunov e i suoi skimen”.

Parliamo appunto di quanto avvenuto domenica. Il russo aveva la vittoria finale in pugno, ma si è trovato a gareggiare con dei materiali assolutamente non all’altezza di quelli dei norvegesi. A causa di questo fatto è sprofondato in classifica. Cos’è successo?
“Si è gareggiato nelle condizioni peggiori in assoluto, ovvero quelle di neve umida cadente con temperature vicine allo zero. In questi casi sei obbligato a preparare due paia di sci. I norvegesi hanno scelto quelli con ‘il pelo’, ovvero con l’inserto centrale, e hanno fatto tombola. Invece i russi hanno optato per il paio con la sciolina e sono rimasti a piedi. D’altronde, in una situazione del genere, chi gareggia in casa sa come muoversi nel modo migliore. Ciò non toglie che in casa Russia sia stato commesso un grande errore di valutazione, a causa del quale Bolshunov ha perso lo Ski Tour 2020”.

Certo che per come sono andate le cose, si può davvero parlare di occasione persa per Johannes Høsflot Klæbo. È arrivato sesto a 34” e, se lo Ski Tour 2020 lo ha vinto Golberg, viene da pensare che il vero Klæbo avrebbe potuto festeggiare il successo…
“Eh sì, il buon Klæbo ha perso tantissimo terreno nelle prime due tappe e, se non fosse capitato, avrebbe potuto vincere lo Ski Tour e provare a riaprire la Coppa del Mondo, riportandosi a circa 200 punti da Bolshunov. Invece, nonostante la debacle domenicale del russo, è sempre a oltre 400 lunghezze di distanza. Però, come si dice a Verona, ‘i se, i ma e i forse sono parenti dei miei cog…ni!’ Quindi, è inutile che ne parliamo! È andata così, punto!”

Guardiamo all’Italia, il cui Ski Tour è stato un po’ lo specchio dell’intera stagione. Non trovi?
“Pellegrino ha disputato un buon Tour, ha dimostrato di essere tornato il numero due nelle sprint a skating e di essere competitivo anche in classico, dove è risultato il migliore dei non norvegesi. Certo, battere Klæbo resta praticamente impossibile, però la piazza d’onore di Åre, su un tracciato durissimo, ha dimostrato che la condizione atletica c’è. Poi, credo che a Trondheim la 34 km di Meraker si sia fatta sentire, perché in finale Chicco aveva davvero finito la benzina. De Fabiani non mi è dispiaciuto, è mancato il grande acuto, ma ha comunque limitato gli alti e i bassi, terminando il Tour in crescendo. Certo, il risultato dell’ultimo giorno è stato favorito da una 30 km condizionata dal meteo, dove russi, francesi e svedesi hanno tutti bucato la scelta degli sci. Però qui torniamo al discorso dei se, dei ma e dei forse. Quindi, va bene così. Alla fine mi sono piaciuti anche gli altri azzurri, perché al di là del piazzamento finale, Daprà, Salvadori e Ventura hanno tutti lottato fino alla fine. Curiosa la metamorfosi di Salvadori, il quale è andato meglio in classico di quanto non l’abbia fatto a skating, davvero in controtendenza con le sue caratteristiche”.

Passiamo al settore femminile. Qui, invece, la trionfatrice era annunciata e non si è limitata a vincere, ma ha voluto stravincere. Quali sono i tuoi pensieri al riguardo?
“Therese Johaug ha tenuto in pugno lo Ski Tour dalla prima all’ultima tappa, gioendo come una bambina per essersi tolta la soddisfazione di vincere anche una sprint, seppur sui generis come quella di Åre. Non so più cosa dire, è semplicemente superiore. Quantomeno c’è stato un bel duello per la seconda piazza. Al riguardo vorrei sottolineare che nella 15 km di domenica ho finalmente visto Heidi Weng correre con intelligenza, rimanendo il più possibile in scia a Østberg per poi sopravanzarla nel finale. Brava, con il secondo posto nello Ski Tour ipoteca anche quello nella classifica generale, visto che Natalia Nepryaeva si è dovuta ritirare dopo le prime tappe”.

Passiamo alle azzurre. Elisa Brocard, alla tenera età di 35 anni, è stata la migliore Onore a lei, ma non è un fatto inquietante per l’intero movimento?
“Sì, davvero applausi a Elisa, che ha dimostrato di avere ancora tanta voglia di faticare e di mettersi in discussione. Brava, perché ha sputato sangue per arrivare ventiquattresima e andrebbe presa come esempio, magari anche da alcune sue compagne di squadra”.

Noto una vena polemica, caro Bubo. A chi ti riferisci?
“Ormai siamo a fine febbraio, la stagione sta per finire e con essa gli alibi. A mio avviso è stato triste e bruttissimo non vedere né Greta Laurent, né Lucia Scardoni in partenza nella 15 km di domenica. A me queste cose non piacciono, perché il sottoscritto non si è mai ritirato da una gara, se non per cause tecniche o di salute. Fermarsi a una tappa dalla fine di un Tour, significa non onorare lo sci di fondo e la propria passione. So bene che dicendo così mi metterò contro tanta gente, ma non posso tacere al riguardo. Se sono state le due atlete a non voler partire, allora allenatori e direttori agonistici avrebbero dovuto fare capire loro il perché era doveroso concludere il Tour. Mi dispiace essere così duro, ma non ci sto a vedere certe cose”.

Posso fare l’avvocato del diavolo? Non sono state le uniche sprinter a ritirarsi l’ultimo giorno…
“So bene a chi ti riferisci, ma il caso è diverso. Maiken Caspersen Falla e Anamarija Lampic sono in piena corsa per vincere la Coppa sprint. Inoltre, non hanno nulla da dimostrare, visto il loro palmares e la loro stagione. In campo maschile anche Federico Pellegrino ha fatto la stessa scelta. Però avrebbe dovuto percorrere 30 km e non 15. Inoltre Chicco può a sua volta ancora provare a vincere la Coppa sprint. Lo sappiamo, Klæbo è praticamente imbattibile, ma metti il caso che abbia un altro problema fisico? Ecco, questi tre erano giustificati nel non partire. Greta e Lucia, invece, no”.

Proseguo nel ruolo di avvocato del diavolo. Va detto che Greta Laurent ha ottenuto il miglior risultato della carriera nella sprint sui generis di Åre…
“Verissimo e appunto per questo sarebbe stato davvero onorevole portare a termine il Tour, ma evidentemente certi sentimenti non albergano nel cuore degli atleti moderni del 2020. Certi eventi vanno conclusi, anche perché le ragazze sono portate in giro a spese della Fisi per gareggiare. Anche se sono delle specialiste della sprint, non dimentichiamoci che nel prossimo weekend non ci saranno prove adatte a loro. La prossima sprint sarà il 4 marzo. Quindi, a maggior ragione, effettuare gli ultimi 15 km per onorare lo Ski Tour, non sarebbe stato penalizzante”.

Concludiamo parlando della sprint di Åre, citata più volte. Ho letto commenti contrastanti. C’è chi ha detto che una volta toccato il fondo, si è deciso di scavare. Ad altri invece è piaciuta. Tu come ti poni?
“Secondo me si è voluto fare un esperimento. Se non si fa un test, non si può sapere l’effetto che fa. Ora che lo sappiamo, archiviamola pure. Per me non è sci di fondo, ma tutt’altra cosa. Lo dico nonostante mi sarebbe piaciuto parteciparvi. Anzi, io feci una gara del genere, nel circuito americano American Airlines a metà anni ’90. Si partiva alla base di una pista di discesa e si andava su a tutta. In cima, al posto del traguardo, c’erano tre troni. Il primo che arrivava si sedeva su quello centrale e, così facendo, vinceva la gara. Il secondo e il terzo si piazzavano ai suoi lati e quello era il podio. Però erano esibizioni, delle vere e proprie americanate. Non possono essere certo gare che assegnano punti di Coppa del Mondo”.

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ULULATO DEL BUBO – PUNTATE PRECEDENTI
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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Davide Glatz

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