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Ciclismo, Daniela Isetti: “Bisogna avviare i giovani alla multidisciplina. Il #Metoo? Ci vuole educazione ed etica da ambo le parti”

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Siamo ormai giunti alla fine della stagione 2019, dai Giovanissimi ai Professionisti, dalle donne agli uomini, è tempo di bilanci sulle corse e sulla situazione attuale del ciclismo, soprattutto quello italiano. Per questo motivo abbiamo parlato con Daniela Isetti, vicepresidente vicario della Federazione Ciclistica Italiana. Inoltre ci siamo soffermati anche su argomenti di grande attualità: il movimento #Metoo e la sicurezza stradale.

Vorrei partire innanzitutto da un suo giudizio per quanto riguarda la situazione attuale del ciclismo italiano.

“Il ciclismo italiano attuale gode di buona salute: le società di base hanno recepito la necessità di avviare i giovani alla multidisciplina. L’attenzione verso le esigenze della sicurezza vengono sempre di più recepite. Non sono solo i risultati internazionali a dare la dimensione di un movimento, ma anche una serie complessa di indicatori. Il ciclismo di oggi non è più solo uno sport, ma rappresenta anche uno stile di vita. Ovviamente serve sempre essere in movimento per recepire le necessità del movimento ed in questo abbiamo grandi margini di miglioramento”. 

I Mondiali nello Yorkshire: che valutazione complessiva si sente di poter dare sulle medaglie e non della spedizione azzurra? 

“I risultati hanno messo in evidenza il grande lavoro e la professionalità di tutti gli staff delle varie nazionali. Ci tengo sempre a sottolineare che i risultati del vertice dipendono anche dal lavoro preparatorio che fanno le società di base. Per questo i risultati che si sono visti in tutte le categorie impegnate nei mondiali britannici danno ampio riscontro al lavoro accolto a tutti i livelli. Quest’anno le donne, che ci hanno sempre gratificato con le loro medaglie, sono invece rimaste appena sotto il podio: ma non disperiamo, le nostre ragazze sono sempre al top del movimento”. 

C’è la volontà di proseguire il rapporto di fiducia con il CT Davide Cassani?

“La domanda va rivolta al Presidente Di Rocco, ma credo di poter dire che non mi risultano diverse volontà”. 

Qual è la situazione del ciclismo femminile italiano? Sia a livello di prestazioni delle nostre atlete, il movimento generale e questa battaglia del #Metoo che è arrivato anche nel nostro Paese.

“Il movimento femminile, come ho detto prima, ci regala sempre grandi soddisfazioni, e l’assenza di medaglie di questi ultimi Mondiali non ci deve spaventare. Il movimento è ricco di talenti, e vanno registrate anche diverse ex atlete che sono passate nel ruolo di tecnico (da ultima, solo per ricordare un nome, Giorgia Bronzini). Cito anche la nomina di Silvia Epis a direttore tecnico nazionale giovanile (per le categorie quindi maschili e femminili). Ci sono alcune contrazioni sul numero delle gare riservate alle categorie giovanili, e mi auguro che in futuro si possano creare incentivi per aumentare l’attività di base che comunque resta bene articolata. Che dire poi del #Metoo: polemiche che sono andate a scemare. Non servono questi picchi di discussione: serve mantenere sempre una costante educazione ed etica, senza mai esagerare da ambo le parti”.  

La sicurezza stradale in Italia. Parlando anche con l’ACCPI, ultimamente sta vedendo qualche cambiamento in positivo o, nonostante l’approdo in Parlamento, l’Italia è ancora indietro a livello mentale su questa questione? 

“L’argomento sicurezza è sempre in primo piano: nella gestione degli eventi, nella formazione dei tecnici e degli atleti. Servirebbe una maggiore cultura civica ed un maggiore coinvolgimento di tutte le istituzioni per la formazione nel senso di consapevolezza di tutti gli utenti della strada. Noi facciamo la nostra parte, ma il problema è talmente esteso che serve il concorso di tutti”. 

C’è qualcosa in particolare che le sta a cuore e per cui vorrebbe battagliare in futuro per proteggere il ciclismo italiano?  

“Mi piace seguire tante cose, il ruolo che occupo mi porta ad interessarmi di molti ambiti. Seguo in particolare la formazione, i tecnici (di cui sono rappresentante in consiglio federale e nel consiglio Coni), i progetti di formazione ed informazione legati allo sviluppo del turismo sportivo con la bicicletta. Per proteggere il nostro ciclismo occorre partire dai giovani, dare loro l’opportunità di incontrare tecnici, educatori e strutture in grado di ospitarli in sicurezza; occorre mantenere gli eventi sui territori, sostenere gli organizzatori ed incentivare le società di base aiutandole nel rapporto con le istituzioni e con la scuola. Il ciclismo fa parte della nostra storia, è uno sport che si mette a disposizione del pubblico e dal pubblico riceve tanto amore. Ecco perchè, come diceva il grande Alfredo Martini, abbiamo il dovere di non deludere”. 

 

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@lisa_guadagnini

Foto: FCI

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