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Boxe, tre morti sul ring nel 2019: da Dadashev a Day, bisogna aumentare la sicurezza

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Tre pugili professionisti sono morti nel 2019 in seguito a delle lesioni provocate sul ring: Martin Dadashev (23 luglio), Hugo Santillan (25 luglio) e oggi Patrick Day. Tre decessi avvenuti pochi giorni dopo dei combattimenti intensissimi, naturale causa dei pugni presi dagli avversari. I rischi sono sempre dietro l’angolo in questo sport, ma bisognerebbe aumentare la sicurezza della nobile arte tra i professionisti dove la violenza dei colpi può portare a delle conseguenze drammatiche.

Patrick Day era reduce da un’ottava ripresa durissima contro Charles Conwell ma il superwelter non è stato fermato dal suo angolo, l’arbitro ha stoppato il confronto due round più tardi e purtroppo la situazione era ormai già tragica per il 27enne; l’argentino Santillan era collassato durante la proclamazione del vincitore (si impose Eduardo Javier Abreu), era stato costretto a combattere in patria perché in Europa aveva perso la licenza in seguito a un incontro molto duro in Germania (a scopo precauzionale); il russo Dadashev aveva perso contro Subriel Matias a Oxon Hill (USA) e in quel caso era stato il suo allenatore Buddy McGirt a gettare la spugna all’undicesima ripresa, forse troppo tardi visti i seri danni cerebrali riportati.

Tre decessi che gettano nello sconforto tutto il mondo della boxe e i suoi appassionati. È difficile proteggere la salute degli atleti in uno sport di contatto come questo, ma è necessario continuare a lavorarci e migliorare. La chiave è sapere come fermare un combattimento in tempo e bisogna effettuare dei controlli di routine, eseguendo diverse risonanze magnetiche cerebrali (minimo due, secondo i medici che si occupano di questi tipi di atleti) durante tutto l’anno che certificano lo stato di salute del pugile.

 

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Foto: pagina Facebook Maxim Dadashev

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