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Ciclismo

Vuelta a España 2019: la consacrazione di Primoz Roglic. Una stagione stellare per un corridore completo

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Alla Vuelta a España 2019 Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) ha archiviato i seguenti record: primo sloveno nella storia a vincere un grande giro, primo corridore della ex Rabobank a vincere una corsa a tappe di tre settimane negli anni ’10 (l’ultimo a riuscirvi, prima dello sloveno, fu Denis Menchov al Giro 2009), primo corridore a vincere un GT in sella a una Bianchi nel nuovo millennio (lo storico marchio italiano era a secco dal Tour 1998 di Marco Pantani). Primo(z) di nome e di fatto, insomma.

Il corridore sloveno ha fatto una gara quasi perfetta (quasi per via delle troppe volte in cui è caduto), demolendo la concorrenza a cronometro e difendendosi in maniera impeccabile in salita. Tutti gli altri uomini di classifica hanno accusato almeno una giornata storta, lui no. I distacchi finali rendono bene l’idea di quanto appena scritto: Valverde 2° a 2’33”, Pogacar 3° a 2’55”, Nairo Quintana 4° a 3’46” e Miguel Angel Lopez 5° a 4’48”. Alla Vuelta la forbice tra il vincitore e la piazza d’onore non era così ampia dal 2007, quando Denis Menchov rifilò 3’31” a Carlos Sastre.

Questa vittoria suggella la stagione stellare dello sloveno. Roglic, nel 2019, pur non essendo un velocista, contando il successo nella classifica generale della Vuelta (non ancora ufficiale), ha ottenuto 11 primi posti (e non è ancora finita), il che gli permette di piazzarsi in quarta posizione, a pari merito con un certo Mathieu Van der Poel, nella classifica dei plurivincitori di stagione. Meglio di lui, per il momento, hanno saputo fare solo Dylan Groenewegen (14), Sam Bennett (13), Julian Alaphilippe e Orluis Alberto Aular (entrambi 12).

L’ex saltatore ha iniziato la stagione correndo e vincendo l’UAE Tour. Lì ha anche conquistato la seconda frazione con arrivo in salita battendo in volata una decina di corridori tra cui Valverde e Tom Dumoulin. Successivamente si è presentato alla Tirreno-Adriatico ove ha strappato il successo dalle mani di Adam Yates nella prova contro il tempo conclusiva. In seguito, oltretutto, ha dominato il Tour de Romandie, imponendosi in ben tre tappe, una a cronometro e due in linea in cui ha regolato gruppi nemmeno troppo poco nutriti in volata.

Al Giro d’Italia ha dominato le prime due cronometro, ma l’assenza di una squadra all’altezza, una brutta caduta nella discesa del Civiglio e Carapaz straripante lo hanno costretto ad accontentarsi del terzo posto, battuto anche Vincenzo Nibali. Un risultato, comunque, di assoluto prestigio, dato che era il primo podio in carriera per lui e in generale per un corridore sloveno. Oltretutto Primoz ha saputo fare tesoro degli insegnamenti della Corsa Rosa, che gli sono tornati molto utili sulle strade spagnole.

Roglic, nel 2019, è sbocciato definitivamente come corridore totale. Va fortissimo in salita e a cronometro, ma è anche molto veloce. Fa ancora qualche errore di inesperienza, soprattutto si fa trovare sovente in posizioni scomode quando è in gruppo. Ciò perché, nonostante quello che dice la carta d’identità, l’ex saltatore è ciclisticamente giovanissimo. Questo è il suo quarto anno da professionista ed il settimo in cui va in bici. L’altro lato della medaglia, però, è che nonostante abbia già 30 anni, davanti può avere ancora un lustro ad alti livelli.

Aspettiamoci, dunque, ancora molto da Roglic nei prossimi anni. L’ex saltatore si è levato la scimmia dalle spalle vincendo il suo primo grande giro e, ora, è pronto a inseguire obiettivi ancora più importanti. Giro, Tour, ma anche Mondiali e Olimpiadi 2020, entrambe gare con percorsi molto adatti a un corridore con le sue caratteristiche. La nuova generazione di uomini da corse a tappe, trascinata dal connazionale Tadej Pogacar e da Egan Bernal, Pavel Sivakov e Remco Evenepoel sta venendo fuori prepotentemente. Primoz, che, forse, andrebbe considerato a sua volta parte della sopraccitata (lui e Bernal sono passati pro nella stessa stagione), però, è pronto a dare battaglia per mantenere il suo posto all’apice della catena.

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Foto: Valerio Origo

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