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Wimbledon 2019: Roger Federer, Rafael Nadal e il tempo che non passa. Novak Djokovic e qualche possibile problema

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E’ stata una giornata veramente intensa, quella vissuta sul Centre Court di Wimbledon per le semifinali maschili, che hanno visto i tre migliori interpreti del tennis mondiale, Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer, succedersi nei loro impegni, e gli ultimi due sfidarsi per la quarantesima volta.

L’uomo che in tanti hanno definito “intruso”, ma che di intruso alla fine dei conti non ha avuto proprio niente, risponde al nome di Roberto Bautista Agut. Spagnolo, mai troppo sotto i riflettori nonostante una carriera estremamente valida, è giunto in semifinale con l’etichetta di quello miracolato, fortunato ad esser arrivato in semifinale sull’erba più famosa del mondo e altre definizioni simili. Niente di tutto ciò: ha anzi confermato che, se non ha mai perso al primo turno, ed era già arrivato due volte agli ottavi, un motivo c’è, ed è stato capace di tenere Djokovic preda di un certo qual nervosismo per moltissime decine di minuti. Il serbo, a differenza del match contro David Goffin, si è perso per un po’ quando ha ceduto prima il break e poi il secondo set, facendo fatica a ritrovare il filo del discorso. In ogni caso ci è riuscito, ma il segnale lanciato dice che in finale avrà bisogno del controllo completo della situazione, un obiettivo peraltro complesso da raggiungere vista la presenza che si avvicina dall’altra parte della rete.

Dopo le 2 ore e 48 minuti riservate al numero 1 del mondo, è stato il momento della sfida più attesa, di un quarantesimo capitolo della saga tra Rafael Nadal e Roger Federer che pochi osavano sperare di vedere, ma un po’ tutti volevano all’uscita del tabellone. In molti, visto il cammino dello spagnolo (pur privo di teste di serie affrontate) e quello dello svizzero, avevano già pronosticato una finale Djokovic-Nadal. Tuttavia, l’erba si è dimostrata ancora una volta il feudo di Federer, che ha impostato la partita sul piano a lui più congeniale, quello degli scambi corti, ma che anche dovendo affrontare gli scambi lunghi non ha minimamente temuto il suo storico rivale. Decisivo in particolare il tie-break del primo set, in cui due volte l’iberico avrebbe potuto fuggire e nel quale in entrambe le occasioni lo svizzero non gli ha lasciato margine, prendendo egli stesso in mano la situazione. Paradossalmente, ma non troppo, il fatto di aver perso con rapidità il secondo parziale ha rappresentato la chiave del successo di Federer, capace di togliere certezze al suo avversario attimo dopo attimo nei minuti successivi. Come in ogni finale d’alto livello che si rispetti, però, non è mancato il pathos: il challenge inconsapevolmente sbagliato dall’elvetico, i miracoli uno più mostruoso dell’altro sui match point del mancino di Manacor, il Centre Court ogni volta sempre più incapace di contenersi. Il quarantesimo incontro tra le due leggende del tennis non ha deluso, ma ha mostrato una volta di più la forma di Federer, decisamente a suo agio nel proprio elemento e che mai è apparso nelle condizioni di rischiare, anche nei momenti più difficili.

L’unica domenica di gioco di Wimbledon prevede per la terza volta una finale in salsa serba e svizzera, com’era già accaduto nel 2014 e nel 2015. Soprattutto la prima delle due è passata alla storia: pur nella sconfitta, ha inciso nella leggenda forse più di tante vittorie il nome di Federer, mentre ha consegnato al mondo un Djokovic definitivamente in grado di dire la sua anche sui sacri prati. Potrebbe essere la nona dell’uomo di Basilea o la quinta del nativo di Belgrado: in qualunque caso, è facile aspettarsi tennis ancora di altissima qualità. In più, lo svizzero ha ancora un tabù da sfatare nei tornei maggiori, dove non ha mai sconfitto Nadal e Djokovic, ma soltanto uno dei due.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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