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Ayrton Senna e i suoi 59 anni: il ricordo di un campione che vive ancora nel cuore di tutti

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Ricordare il passato aiuta a capire il presente e a dargli un significato diverso. Pensare che il 21 marzo del 1960 nasceva in Brasile una delle leggende più amate e mai dimenticate del Motorsport non è atto di proselitismo ma un dovere morale per chi ha potuto vivere certe sensazioni, testimoniandole alle nuove generazioni.

Parlare, dunque, di Ayrton Senna è qualcosa di più che approfondire ciò che abbia rappresentato come pilota in pista. I tre titoli mondiali in F1, le 41 vittorie, gli 80 podi e le 65 pole position non sono sufficienti per descrivere la grandezza di un fenomeno che viveva per essere il numero uno. “Non ho idoli. Ammiro il duro lavoro, la dedizione e la competenza...”. E’ una delle frasi più celebri del brasiliano. Una considerazione che rappresenta il suo spirito competitivo e la sua alta professionalità.

Il 1° maggio del 1994 la storia del campione si interruppe prematuramente ed improvvisamente. Erano le 14:17, GP di San Marino, la curva quella del Tamburello e la Williams Renault del pilota più amato e carismatico del Circus terminava la sua corsa per sempre. Al settimo giro di pista Ayrton perse il controllo della vettura, schiantandosi contro il muro di protezione della curva citata. La causa del crash, si appurò anni dopo, fu la rottura del piantone dello sterzo, che non gli permise di curvare in tempo: Senna riuscì solo a frenare, riducendo la velocità dai 310 ai 211 km/h. L’impatto fu frontale e talmente violento da far “rimbalzare” indietro la monoposto di Grove di circa 50 metri. I soccorsi non cambiarono il proprio destino ed alle 18.40, presso l’Ospedale Maggiore di Bologna, l’annuncio che nessuno avrebbe voluto dare ed ascoltare.

Dal quel giorno così tragico però l’immagine del fuoriclasse verdeoro ha assunto dei connotati diversi, quasi mistici. La sua aurea di leader sui tracciati di tutto il mondo non si limitava infatti solo alla F1. L’essere riferimento per il popolo brasiliano era un fatto ormai riconosciuto e le fondazioni a proprio nome, in aiuto dei bambini più poveri, hanno fatto sì che il personaggio non fosse solo casco e volante ma molto di più.

Tuttavia per chi è stato testimone delle imprese, difficile dimenticare la sua sensibilità di guida sul bagnato, quando a Donington nel 1993 divorò asfalto e avversari con una facilità impressionante, oppure gli show a Montecarlo, regalando esibizioni da stropicciarsi gli occhi: sei vittorie e 5 pole, tra cui il time-attack del 1988 quando Ayrton rifilò al compagno/rivale in McLaren Alain Prost 1″427.

E poi quel 1991 e il GP del Brasile. Una gara eroica con la McLaren Mp4/6, priva della funzionalità di alcune marce obbligando Senna a guidare in condizioni fisiche e mentali difficilissime. A rendere il tutto ancor più epico, ci fu l’arrivo della pioggia. Ayrton si sbracciava platealmente per indicare ai commissari di gara che la pista era in condizioni critiche. Un modo per porre termine a quella sofferenza infinita ma niente da fare. Nonostante tutto, il momento del meritato trionfo arrivava ed era un grido di gioia e di dolore ad udirsi sotto il casco.

Episodi che hanno concorso a rendere immune all’inevitabile ticchettio delle lancette il ricordo del pilota e dell’uomo, fonte di ispirazione per tanti, in pista e fuori.

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto: LaPresse

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