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Dakar 2019: le tappe “Marathon” saranno decisive. Tanti chilometri e novità in Perù

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5541 km totali, 2889 km di prove speciali con il 70% di fondo sabbioso in 10 tappe. Signore e signori, questa è la Dakar 2019 giunta alla sua 41esima edizione, l’undicesima in Sud America e la prima solo nel territorio peruviano. Un percorso nel quale il coraggio, la voglia di vincere e la determinazione dei concorrenti faranno la differenza nel mix di zone aride e sabbiose tra la costa e la celebre cordigliera delle Ande, lì dove solo i più temerari possono spingersi. Nel rally raid più famoso del mondo si comincerà ufficialmente domani e i colpi di scena non mancheranno fino all’ultimo istante dell’ultima stage del 17 gennaio.

La sabbia sarà l’elemento caratterizzante e le due stage “Marathon” Arequipa-Moquegua (511 km, 352 di speciale per le moto e i quad) / Arequipa-Tacna (664, 352 di speciale per vetture, camion e SxS) e Moquegua-Arequipa (776 km, 345 di speciale per moto e quad) / Tacna-Arequipa (714 km, 452 di speciale per auto, camion e SxS) potrebbero decidere chi sarà il vincitore di questa gara. Le capacità di navigazione, infatti, saranno messe a dura prova e senza il supporto dell’assistenza i piloti dovranno superarsi per trovare la via che porta all’El Dorado.

Come sempre saranno cinque le categorie protagoniste: auto, moto, quad, camion e side-by-side. Tra le auto Carlos Sainz, vincitore 12 mesi fa e nel 2010, sarà uno dei grandi favoriti, membro di spicco dello squadrone X-Raid Mini che annovera piloti che han tracciato un’epoca: “Mister DakarStephane Peterhansel, con i suoi 13 trionfi (5 volte in moto e le restanti in auto) e il francese Cyril Despres (il migliore in ben 5 occasioni in moto), desideroso di centrare il bersaglio grosso. Un trio da 20 Dakar in bacheca. Il terreno di gara però potrebbe sorridere anche al qatariota Nasser Al-Attiyah su Toyota Hilux 4×4 da cui ci si aspettano grandi cose. Più difficile invece la corsa di un altro asso del volante come il francese Sebastien Loeb, al via con una Peugeot gestita dal team PH Sport ma non in maniera ufficiale dalla Casa del Leone che ha deciso di non prendere parte a questa ennesima avventura.

Tra le moto i nomi sono quelli dei due alfieri della KTM Sam Sunderland e Toby Price, dello spagnolo Juan Barreda su Honda e del francese Adrien Van Beveren su Yamaha. La Casa austriaca punta a centrare il proprio 18° sigillo in questa corsa e il britannico e l’australiano hanno forti argomenti a sostegno di questa candidatura, senza dimenticarci dell’austriaco Matthias Walkner, vittorioso nel 2018 sempre sulla moto di Mattighofen.

Nei camion e nei quad si potrebbe poi ragionare per dualismi. Nella sfida tra mezzi pesanti, i due equipaggi russi guidati da Eduard Nikolaev e Airat Mardeev, con il primo che vanta tre vittorie nel palmares ed è reduce dal successo ottenuto nelle ultime due edizioni e il secondo a segno nel 2015 e salito sul podio due volte negli ultimi tre anni, possono illuminare la scena. Mentre in sella alle Yamaha (quad) il duo argentino formato da Jeremías González Ferioli e da Nico Cavigliasso può dar manforte alla tradizione a larghe tinte sudamericane nella categoria.

Vi sarà inoltre una piccola rivoluzione che riguarderà le auto e i camion, che in caso di ritiro nelle prime tappe avranno la possibilità di rientrare in gara dopo il giorno di riposo, partecipando ad una classifica a parte rispetto alla generale. Da programma sono previste due partenze “mass start”, simili ad un GP: nella tappa 5 (Moquegua-Arequipa , 776 km totali) e nella stage 9 (Pisco-Pisco, 409 km totali). La tappa 8 (San Juan de Marcona-Pisco, 575 km totali) avrà un ordine di partenza misto per creare spettacolo: partiranno prima i migliori dieci delle moto, delle auto e in seguito i top-5 camion. E’ prevedibile che i piloti non faranno troppi calcoli e spingeranno con decisione per avere la possibilità di tracciare la loro strada ma ovviamente correndo rischi maggiori.

 

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto: Cristiano Barni / Shutterstock.com

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