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Tuffi grandi altezze, World Series 2018. INTERVISTA – Il “nuovo” Alessandro De Rose: “Dopo il bronzo mondiale me la voglio giocare con i big”

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ESCLUSIVA – La medaglia che ti cambia la vita. La rimonta di bronzo ai Mondiali di Budapest con la sfrontatezza e anche il pizzico di fortuna tipici del campione vero sono stati il punto di partenza per la nuova fase della carriera di Alessandro De Rose, specialista dei tuffi dalle grandi altezze che ieri sera, sulle rive del Possum Kingdom Lake in Texas, ha iniziato la sua avventura da “titolare” nelle Red Bull Cliff Diving World Series, la “Coppa del Mondo” di tuffi dalle grandi altezze che regala ogni anno emozioni e spettacolo a non finire e che quest’anno sarà trasmessa in diretta su IrcSportTv, la web Tv presente su OA Sport.

Una medaglia può cambiare la vita e infondere fiducia, consapevolezza e credibilità ad un atleta che finora era stato considerato un pioniere ma che invece vuole essere ricordato come un campione. Rispetto allo scorso anno è cambiato tutto – racconta Alessandro De Rose – il bronzo di Budapest e la vittoria di Polignano a Mare davanti al pubblico di casa mi hanno dato la possibilità di crescere e di diventare atleta titolare delle World Series. Questo significa che sarò al via di tutte le tappe e per essere protagonista ho cambiato tutto nella preparazione. Mi sono trasferito a Roma, sono seguito da un mago della piattaforma come Oscar Bertone (che ha preso il posto di Nicole, la fidanzata di De Rose, la sua allenatrice storica che è rimasta a Strasburgo per motivi di lavoro ndr), mi alleno mediamente sei ore al giorno con largo spazio, soprattutto al mattino, per il lavoro in palestra e sulle fasi acrobatiche ‘a secco’ e, in particolare al pomeriggio, con i tuffi dalla piattaforma 10 metri. È vero che ne mancano 17 rispetto alla gara ma riesco comunque a provare le evoluzioni che saranno il mio punto di forza in gara”.
Alessandro De Rose non si nasconde. Da atleta ambizioso qual è, il suo obiettivo è quello di dare fastidio ai “mostri sacri” della specialità come l’highlander britannico Gary Hunt, campione uscente delle World Series, oppure il colombiano  Gustavo Duque, il messicano Jonathan Paredes, gli statunitensi Colturi, Jones e Lobue e la batteria degli agguerriti europei. “Per me è il primo anno vero di World Series da titolare e dunque non so cosa aspettarmi – prosegue il tuffatore azzurro – non voglio creare attese troppo elevate ma so che posso essere competitivo ad alti livelli. Magari l’incognita può essere la continuità e, inizialmente, un coefficiente di difficoltà meno elevato rispetto a chi gareggia per vincere ma su questo aspetto prima della fine della stagione inseriró il triplo salto mortale indietro con tre avvitamenti, il tuffo più difficile che abbia mai eseguito e che Oscar Bertone mi sta facendo provare ogni giorno, che mi permetterà, se riuscirò ad eseguirlo al meglio, di colmare quel piccolo gap numerico nei confronti dei big che potrebbe davvero permettermi di entrare nell’elite della specialità. Quest’anno ci sono le finali del circuito mondiale a settembre a Polignano a Mare, è il nostro Mondiale, la nostra Olimpiade e gareggio a casa, in Italia. Mi piacerebbe davvero ripetere l’exploit dello scorso anno.
Da tutti De Rose è considerato un vero pioniere, perché è stato il primo italiano a cimentarsi ad altissimi livelli in questa specialità che attende il battesimo olimpico. “Per ora ci dobbiamo accontentare dell’appuntamento Mondiale che già ha aumentato la visibilità del nostro sport ma non basta – dichiara il tuffatore azzurro – io spero nell’inserimento dei tuffi dalle grandi altezze nel programma di Parigi 2024. Avrei ancora l’età giusta per giocarmi una medaglia. Guardandomi un po’ in giro ci sono diversi atleti esperti che hanno oggi gli anni che io avrei a Parigi e sono ultra competitivi. Ci vogliamo credere, la nostra è una disciplina in crescita praticata in tutto il mondo, che regala spettacolo ed emozioni. Ha tutte le carte in regola per far parte del programma olimpico”.
I tuffi dalle grandi altezze mancano anche dal programma degli Europei, che quest’anno vedranno Edimburgo ospitare le gare di tuffi. “Quello credo sia un problema di costi e di praticanti. In Europa fino a poco tempo fa non c’erano tanti atleti di altissimo livello da giustificare un investimento importante come quello dell’allestimento di un trampolino dalle grandi altezze che, lo ricordiamo, è ingente perché bisogna montare un’impalcatura di 27 metri è una piscina piuttosto profonda per permetterci di gareggiare ma anche qui la crescita del movimento europeo speriamo spinga prima o poi gli organizzatori dei campionati continentali a valutare il nostro ingresso nel programma”.
Gira e rigira ma la curiosità di chi assiste ad una gara, alla fine, è sempre la stessa: la sensazione, la paura, la tensione che può scatenare trovarsi in posizione di verticale su una piattaforma alta 27 metri che dà su una pozza d’acqua spesso piccolissima. “Ci si fa l’abitudine – commenta, sorridendo, De Rose – mai abbastanza ma ormai non si può più parlare di paura. È un punto di vista diverso, per me privilegiato. La tensione c’è ma perché si è concentrati sui meccanismi mentali e fisici che possono permettere di fare un buon tuffo. Il rischio esiste ma è tutto calcolato”.
Ieri le World Series sono iniziate, dal Texas, per un avventura che proseguirà il 30 Giugno a Bilbao in Spagna, il 14 Luglio a San Miguel, Azzorre, Portogallo, il 5 Agosto a Sisikon in Svizzera, il 25 Agosto a Copenaghen in Danimarca, l’8 Settembre a Mostar in Bosnia e si chiuderà il 23 Settembre a Polignano a Mare. Alessandro De Rose fissa i suoi obiettivi. “Sono un sognatore e dunque spero prima o poi di poter vincere la classifica generale – conclude il bronzo di Budapest – se si guarda lo scorso anno, quando non ho disputato tutte le gare, si scopre che non sarei stato così lontano dai primi, mancava davvero poco. Quel poco che non mancherà nella stagione che va ad iniziare: ci proverò con tutte le forze a giocarmela con i più grandi e a salire sul podio in qualche tappa. È tutto nuovo per me e voglio che questa sia la mia seconda vita da atleta perché questo è quello che ho sempre sognato di fare e vorrei lasciare un segno indelebile”.




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