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Ciclismo, Riccardo Riccò: “Per il doping ho rischiato di morire. Faccio il gelataio, tornerò a correre a 40 anni. Adesso i corridori sono puliti?”

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Riccardo Riccò sta scontando una squalifica di dodici anni per autoemotrasfusione, fino al 2023 non potrà tornare in gara. Nel frattempo il Cobra ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, spiegando subito il suo stato d’animo: “Lo so nel ciclismo mi considerano un appestato. Ma conosciamo bene anche l’ipocrisia di questo mondo“.

Il modenese conferma di aver rischiato di morire a causa del doping:Sì, per setticemia. Un batterio era finito nella sacca. Non si trattava di cattiva conservazione come molti hanno detto. Non tenevo il sangue nel frigo con la verdura, non sono scemo. Avevo un frigorifero apposito. Quando ho iniziato a stare male non sapevo cosa fare e la situazione è precipitata. All’ospedale mi hanno acciuffato per i capelli. La situazione era così critica che non ho avuto neppure il tempo di avere paura. Però il rischio è stato altissimo. Non lo sa nessuno, ma una volta finito tutto sono passato in ospedale a ringraziare i dottori“.

Riccò racconta anche la sua vita attuale: “Faccio il gelataio a Tenerife. Tutte le mattine mi alzo e via, a lavorare. Un amico mi ha insegnato l’arte e io ho aperto il Choco Logo a El Palmar. Faccio anche gelai per cani, ho una bella clientela. In Spagna ti lasciano lavorare, alle Canarie il clima è fantastico, ma noi italiani siamo considerati cittadini di Serie C. Però sarà la maturità, sarà il lavoro… un po’ come persona sono cambiato. Mi piace fare il gelataio. Però non proverò mai l’amore che ho provato e provo per la bici. Ora ci vado poco, però mi piace sempre. Quando mi alleno mi rigenero, la testa si rilassa. Però di corse ne guardo poche. Vedo che i miei ex colleghi vanno sempre forte come prima se non di più. Valverde è come l’aceto, più invecchia e più è forte. Aru mi piace. Sagan è un personaggio unico che fa bene al mondo del ciclismo. Nibali mi piace, è il più forte che abbiamo”.

Il Cobra non molla e anzi rilancia: “Tornerò a correre. Quando nel 2023 scadrò la mia squalifica avrò 40 anni. Sarò ancora competitivo. Se fossi allenato sarei più forte ora di prima. Fisicamente mi sento così. Ci sono squadre che mi vorrebbero. In caso contrario ne farei io una. Ma io prima o poi torno a correre“. E come aggiunge la moglie Melissa: “Sta buono, ma dentro soffre, si rode. Forse troverò pace solo il giorno che si attaccherà di nuovo un numero sulla schiena“.

Il ciclista rilascia un suo pensiero sulla presenza del doping in questo sport: “Sono puliti adesso i corridori? Ne avete la certezza? Io sono fuori dal mondo, non lo so. Ma lei cosa ne pensa? Poi è brutto chiedersi se la gente preferisce questo ciclismo o quello di qualche anno fa? Un aiuto chimico sotto controllo medico, anche se lo chiamate doping, fa meno male che gli sforzi di un ipotetico Tour a pane a acqua. E posso aggiungere che preferisco il doping chimico al motorino? Almeno devi avere il coraggio di giocare su te stesso. Con il motorino è un altro sport. Non sarei mai riuscito a usarlo. Mi sarei sentito una merda. Con il doping ho avuto paura di essere beccato, dei controlli. Per questo ho sempre fatto meno di quello che mi dicevano. Ma non ho mai avuto paura per la salute“.

Spiegazioni anche su un ipotetico accanimento dei giudici:Non ho mai contato troppo prima di dire quello che penso. Ero un giovane senza filtri, sempre pronto a esplodere. Non ho mai avuto vicino una persona che godesse della mia fiducia, a eccezione di Santuccione. Ma devo dire che non era neanche facile starmi vicino, aiutarmi. Basso, al contrario, è stato bravo a vendersi bene mediaticamente. E’ un suo merito. In più ha avuto anche la fortuna di avere vicino le persone giuste. Io appena ho avuto problemi sono spariti tutti. La maggior parte dei manager, i procuratori, pensa sono a far denaro e mi fanno schifo. Nel ciclismo pagano corridore e squadre, io estenderei la responsabilità ai manager e, per i giovani, ai famigliari. Le squadre sono pilatesche, se ne lavano le mani. Non ti dicono più che ti devi dopare, ma che devi portare risultati. Chiediti come“.

 





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