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Ciclismo, che squalifica rischia Chris Froome? Ipotesi sei mesi e perdita della Vuelta, ma la mano pesante…

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Il mondo del ciclismo è stato travolto in settimana dalla notizia della non negatività al salbutamolo da parte di Chris Froome. Bisogna infatti precisare che il Codice Wada lascia questa sostanza in sospeso tra doping e non doping ed è proprio attorno a questo che ruoterà la sua difesa con l’obiettivo di ridurre ai minimi un’eventuale squalifica.

Il britannico, vincitore di quattro Tour de France negli ultimi cinque anni, dovrà dimostrare che i 2000 ng/ml di salbutamolo trovati nelle sue urine al termine di una tappa dell’ultima Vuelta di Spagna (il doppio rispetto al quantitativo consentito) sono la naturale metabolizzazione di una quantità lecita di un farmaco atto a lenire le sofferenze dovute all’asma. Entrando più nel dettaglio: diversi studi accademici, come ricorda anche il Corriere della Sera, dimostrano che dei puff ravvicinati di un broncodilatatore permettono di raggiungere addirittura delle concentrazioni triple rispetto a quelle riscontrate nelle urine di Froome.

L’ipotesi più probabile è quella di una squalifica di sei mesi e le conseguenze sono presto dette: perdita a tavolino della Vuelta 2017 con annesso successo di Vincenzo Nibali (arrivato secondo a Madrid) ma al tempo stesso avrebbe la possibilità di partecipare al Giro d’Italia e al Tour de France nel 2018, mantenendo così intatto il suo sogno di realizzare quella doppietta che manca dai tempi di Marco Pantani (1998). Sarebbe la risoluzione più gradita al corridore e al Team Sky ma c’è un’altra ipotesi percorribile: uno stop di 9-12 mesi per negligenza e quindi rientro in gara soltanto in vista del Mondiale di Innsbruck (se avrà il desiderio di tentare l’assalto alla maglia arcobaleno). In tutto questo va ricordato che Froome ha sempre dichiarato di essere asmatico e questo aspetto sarà sicuramente preso in considerazione dal tribunale giudicante ma sembra davvero molto difficile che la vicenda, visto anche il grande clamore mediatico, si possa concludere con un nulla di fatto.

Se dovesse essere dimostrata la volontà concreta da parte di Froome di utilizzare il salbutamolo come aiuto prestazionale (doping) allora si potrebbe arrivare a una squalifica di due anni (fino a un massimo di 4) ma questa ipotesi sembra davvero improbabile. Ricordiamo qualche precedente nella storia del ciclismo: Miguel Indurain (positivo al Tour de France 1994, assoluzione del campione spagnolo), Alessandro Petacchi (1320 ng/ml durante il Giro d’Italia 2007, un anno di squalifica da parte del Tas dopo aver ricevuto un proscioglimento) e Diego Ulissi (nove mesi dalla Camera disciplinare svizzera dopo una non negatività al Giro d’Italia 2014).

 





(foto Unipublic/Photogomez Sport)
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