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Tennis: e se il vero dominio di Federer fosse quello di oggi? L’analisi di un campione senza tempo che continua a stupire

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Ci è voluto qualche giorno per realizzare quanto accaduto domenica scorsa. Roger Federer è tornato a trionfare a Wimbledon, conquistando il suo ottavo titolo ai Championships. Un trionfo cercato, voluto, desiderato a lungo, dal 2012, anno della precedente vittoria seguita un mese dopo dalla bruciante sconfitta nella finale olimpica di Londra, proprio sul Centrale dell’All England Club. Probabilmente per molti è stata una vittoria “facile” e “scontata”, per quanto possa essere facile o scontato vincere un torneo dello Slam. Sulla sua strada non ha incontrato nessuno dei Fab Four, questo è vero, ma non per questo la vittoria dello svizzero deve perdere di valore. Il trionfo in Australia è stato certamente straordinario, anche e soprattutto per l’epica finale contro Nadal, ma il binomio Federer-Wimbledon è qualcosa di magico, poetico. Là dove tutto iniziò nel lontano 2003, lo svizzero è tornato a vincere 14 anni e 19 Slam dopo. Un vero e proprio dominio che genera un dubbio lecito: e se il vero dominio di Federer fosse quello di oggi?

L’elvetico è l’anello di congiunzione tra quelle che sono due ere tennistiche distinte e separate, rappresentando alla perfezione la transizione tra il gioco all’inizio della scorsa decade e quello attuale. L’unico elemento di continuità sono, appunto, le vittorie di Re Roger. Già, perché insieme al gioco è cambiato anche lo stesso svizzero. Aldilà dell’età (un uomo nei trenta è sicuramente più maturo rispetto ad un ventenne), Federer ha modificato il modo di stare in campo nel corso degli anni: dieci, dodici anni fa, Roger si “accontentava”. Era consapevole della propria superiorità e sapeva che, in un modo o nell’altro, avrebbe comunque portato a casa la vittoria. Il Federer di oggi, invece, è molto diverso: offensivo, propositivo, deciso a chiudere gli scambi con un vincente, che spesso risulta spettacolare e meraviglioso da guardare.

La vera forza del Federer attuale, infatti, non è il talento. O meglio, quello lo conosciamo, nonostante lo svizzero trovi sempre il modo di stupire, quel colpo che non ti aspetti. Il cambiamento di Roger riguarda la testa, il lato mentale. Un uomo che, sebbene non avesse più nulla (o quasi) da chiedere a questo sport, si è messo in discussione, stravolgendo praticamente tutte le certezze che gli avevano consentito di avere, ancora in attività, già un posto nell’Olimpo del tennis. Quanti al suo posto lo avrebbero fatto? Una scelta frutto di grande, grandissima maturità, ma dettata dalla voglia, insaziabile, di continuare ad essere il protagonista dei libri di storia tennistica (non gli era mai capitato di vincere Wimbledon senza perdere un set). Una scelta azzeccata, verrebbe da dire, non solo per i risultati raggiunti, ma per il consenso popolare che un campione universale continua ad ottenere.

Non mancano però, i detrattori, come sempre, anche se pochi rispetto alla moltitudine dei sudditi del Re. Nonostante le imprese di Federer, ci sono molti ‘se’ e ‘ma’ che però non scalfiscono affatto i traguardi raggiunti dallo svizzero. Proviamo ad analizzarli allora. Innanzitutto, l’assenza di avversari: a Roger viene imputato di non avere avuto, specie all’inizio della sua carriera, almeno un avversario ai suoi livelli. Un dubbio però sorge spontaneo: gli avversari mancavano davvero oppure era Federer troppo forte? Un indizio per il secondo caso è dato proprio dal 2017. I rivali non mancano di certo, su tutti Rafael Nadal, la ‘bestia nera’ dello svizzero. Ebbene, oltre alla finale di Melbourne, ricordate le due partite giocate tra Indian Wells e Miami? Somigliavano più a dei clinic, una superiorità tennistica a cui anche il fenomeno spagnolo ha dovuto inchinarsi. L’altro capo di imputazione sono proprio le sconfitte subite negli anni dai vari Nadal, Murray e Djokovic. Ebbene, senza quei dolorosi passi falsi, non avremmo certamente potuto godere del Federer attuale, che non avrebbe avuto bisogno di cambiare qualcosa.

Quelle sconfitte poi, danno ancora più valore alle vittorie di oggi, smontando il discorso dell’assenza di rivali. Federer infatti, nonostante la presenza dei vari Nadal, Djokovic, Murray, rimane il più vincente di ogni epoca. Gli avversari ora ci sono: è forse “colpa” dello svizzero se il serbo e lo scozzese sono in calo? È forse una colpa dello svizzero la superiorità mostrata finora? Di sicuro, i giocatori sopra citati, hanno dato a Federer la spinta per migliorarsi ancora di più, e tornare, dopo un’assenza di oltre sei mesi che per molti sapeva già di ritiro, con una brillantezza, sia atletica che tattica, mai viste prima. La sensazione, come forse nei primi anni di carriera, che quando Roger è in campo, il risultato dipenda solo da lui, sia in un senso che nell’altro. E l’impressione che tutto ciò che fa sul rettangolo di gioco sia semplice e naturale. Per lui però, non per gli altri. Tutto ciò quindi, ci porta a pensare che forse il dominio di Federer stia proprio in questo, più che nei risultati raggiunti finora. Nella straordinaria capacità di un campione senza età di reinventarsi mantenendo la stessa classe di sempre.

 

alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: pagina Twitter Wimbledon

 

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