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Ciclismo

Fabio Aru, un Campione con la C maiuscola. Più forte della sfortuna. Obiettivo maglia gialla per i prossimi anni

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Se il 2 luglio, a Dusseldorf, ci avessero detto che Fabio Aru avrebbe chiuso il Tour de France nelle prime cinque posizioni, probabilmente ci avremmo messo la firma. Certo, dopo il magico assolo a La Planche des Belles Filles e la straripante condizione di forma mostrata nelle prime due settimane, con tanto di conquista della maglia gialla, si era decisamente alzata l’asticella delle aspettative, facendo venire l’acquolina in bocca.

Le Alpi, tuttavia, hanno respinto l’assalto al podio del capitano dell’Astana, senza tuttavia ridimensionarlo. Lampante il verdetto che emerge dalla due giorni su Galibier ed Izoard: nel ciclismo moderno non si improvvisa nulla. Il Cavaliere dei Quattro Mori, infatti, ha vissuto una primavera travagliatissima, bersagliato dalla sfortuna. Prima il ritiro dalla Tirreno-Adriatico per una tracheobronchite, poi la caduta in allenamento in Spagna a meno di un mese dal Giro d’Italia del centenario che doveva essere il suo grande obiettivo stagionale. Aru, dunque, ha perso svariati giorni di allenamento ed ha potuto riprendere l’attività solo gradualmente e dopo un intenso lavoro di fisioterapia. Il traguardo, giocoforza, è cambiato in corsa ed il mirino si è spostato sul Tour de France. Alla Grande Boucle l’azzurro ci è arrivato brillante, in forma, tirato a lucido, tanto da risultare per due settimane il più forte di tutti in salita. Nella terza settimana, poi, la preparazione a singhiozzo degli ultimi mesi ha presentato il conto. Senza il fondo necessario e con poche corse nelle gambe in questo 2017, Aru ha pagato i cambi di ritmo, peraltro nuovamente zavorrato dalla malasorte con una bronchite che lo ha colpito proprio nella fase cruciale della competizione.

Ecco perché la top5 conclusiva (difficile che l’italiano possa perdere un minuto dall’irlandese Daniel Martin nella cronometro di Marsiglia) va accolta come un risultato importantissimo e di prospettiva. Nelle difficoltà, prima ancora che nei successi, Fabio Aru ha dimostrato di essere un Campione con la C maiuscola. Laddove non arrivavano le gambe, ci ha messo un cuore sconfinato. Non è mai andato alla deriva, si è difeso con orgoglio, digrignando i denti, scomponendosi sulla bicicletta e dando tutto se stesso. Una tempra degna dei grandi eroi del passato.

Se lo scorso anno il sardo era stato respinto dal Tour, chiudendo 13° dopo una drammatica giornata di crisi nel tappone conclusivo, questa volta Aru ha dimostrato che un giorno potrà vincerlo. Ha compiuto ulteriori miglioramenti nei cambi di ritmo in salita, tecnicamente e tatticamente corre già da veterano, a cronometro si difende più che discretamente. In un periodo di mutamento al vertice delle gerarchie mondiali, con Chris Froome e Vincenzo Nibali 32enni ed Alberto Contador da tempo sul viale del tramonto, il portacolori del Bel Paese, a 27 anni e dopo aver già vinto una Vuelta e conseguito due podi al Giro d’Italia, rientra in quella ristretta cerchia di corridori in grado di giocarsi le grandi corse a tappe nei prossimi anni. Di sicuro gli servirà una squadra all’altezza della situazione, al contrario di un’Astana che in questa edizione, complice anche la sfortuna (gravissima la perdita del danese Jakub Fuglsang), lo ha lasciato troppe volte solo, costringendolo sovente a muoversi in prima persona, con inevitabile ed eccessivo dispendio di energie.

A freddo, dunque, il bilancio di Fabio Aru in questo Tour de France non potrà che rivelarsi soddisfacente. In attesa di una Vuelta dove potrebbe ritrovare da avversario l’amico Vincenzo Nibali, il Cavaliere dei Quattro Mori ha mostrato diverse sfumature del suo essere corridore: così implacabile quando nella condizione di poter vincere, così tenace ed inaffondabile nei momenti di difficoltà. Il sardo tornerà a casa rinfrancato e fortificato, certo che quella maglia gialla, un giorno, potrà essere sua.

federico.militello@oasport.it

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Foto: ASO Bruno

 

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