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Pallanuoto, intervista a Sandro Campagna: “Il bronzo di Rio è stato un grande risultato. Non è per niente facile salire costantemente sul podio…”

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ESCLUSIVA – Sandro Campagna da Palermo siede ininterrottamente sulla panchina della Nazionale italiana maschile di pallanuoto dall’autunno 2008. In questi otto anni consecutivi (altri tre li ha vissuti fra il 2000 e il 2003, prima di volare in Grecia a far diventare grande la Nazionale ellenica) ha conquistato, fra le altre cose: il bronzo ai Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009, l’argento agli Europei del 2010 ed alla World League 2011. Pochi mesi dopo, ai Mondiali di Shanghai, arriva la medaglia d’oro ai danni della Serbia, dopo i tempi supplementari, con una squadra composta da ben sette esordienti rispetto ai fallimentari Mondiali romani di due anni prima. Ma non finisce qui, perché la vita sportiva di Sandro Campagna non può essere illustrata senza le geometrie emozionali dei Cinque Cerchi colorati… Oro da giocatore a Barcellona ’92, quindi privilegiato protagonista della Partita del Secolo della pallanuoto universale, argento da allenatore alle Olimpiadi di Londra 2012 e bronzo ai recenti Giochi di Rio. In mezzo metteteci pure altri due pesanti metalli – bronzi – alla World League 2012 ed ai Campionati Europei di Budapest 2014. Più che un semplice coach, una guida per l’intero movimento pallanuotistico italiano, un totem, il simbolo pragmatico di un comparto continuamente chiamato ad affermarsi, confermarsi, rigenerarsi. Ma al condottiero siciliano le responsabilità non fanno paura, anzi, l’orgoglio per il delicato ruolo che ricopre con professionalità quasi maniacale non fa altro che autoalimentare fierezza, ambizione, voglia di lavorare. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente, il commissario tecnico palermitano siracusano d’adozione (“All’Ortigia mi hanno fatto innamorare irreversibilmente di questo sport”…), strappandogli un po’ del suo prezioso tempo. Ma è stato un enorme piacere che vorremmo ora condividere con tutti voi, gentili lettori e lettrici di OA Sport!

Ciao Sandro. I Giochi di Rio sono finiti da oltre due mesi e bisogna guardare avanti, ma noi vorremmo un po’ far rivivere ai nostri lettori le emozioni di una medaglia di bronzo dall’enorme peso specifico. Cosa può raccontarci il Condottiero del Settebello delle due intense settimane olimpiche in quel di Rio?

“Non sono state solo quelle due settimane intense, ma un intero anno solare… A Kazan abbiamo perso il bronzo iridato ai rigori, poi le scadenze, il raggiungimento della forma ideale, le difficoltà nel conciliare interessi della Nazionale ed interessi dei Club; giocatori sotto stress, 160 giorni di collegiali, infortuni. Eppure ci siamo portati dietro in Brasile, nonostante le tante difficoltà e lo scetticiscmo generale, un gruppo coeso, unito. Il bronzo di Rio è stato un grande risultato, con cui abbiamo chiuso un capitolo di quattro anni ricco di grandi soddisfazioni. Davvero un enorme lavoro lungo quattro anni…”.

Analogie e differenze, a parte il valore del metallo conquistato, fra il cammino che portò all’argento di Londra e quello vissuto in Brasile.

“Solo grandi differenze. Dopo i Mondiali di Roma, abbiamo vissuto la crisi di tutto il sistema pallanuotistico italiano; nel triennio 2010-2012 abbiamo conquistato un argento europeo, un oro mondiale e un argento olimpico… In quella fase vincente ho cambiato un solo giocatore nella rosa. I grandi cambiamenti sono avvenuti dopo, infatti siamo arrivati a Rio con poche certezze: è stato molto più difficile, a Londra eravamo arrivati da favoriti…”.

Cosa porti a bordovasca del Sandro Campagna giocatore del Settebello targato Ratko Rudic che ci ha regalato la più bella partita in assoluto nella storia di questo sport?

“Due decenni di carriera da giocatore, non solo il periodo di Rudic, tra Nazionale e Club (Roma-Ortigia, ndr). Fortunatamente ho sempre trovato degli ambienti positivi nella mia lunga esperienza in vasca. La mia personalità in panchina è figlia di questo passato, ovviamente, poi ho cercato di metterci del mio”.

Come si vive, da allenatore, nella “dolce prigione” chiamata Nazionale italiana maschile di pallanuoto? Purtroppo o per fortuna (ce lo dirai tu), il tricolore è chiamato sempre a sventolare sui podi internazionali…

“Si vive tutto con grande senso di responsabilità, quindi si è sempre sotto pressione… I media non guardano a nulla, pretendono solo la vittoria e quindi è tutto amplificato. In questo periodo storico ci sono 4-5 squadre fortissime, non è per niente facile salire costantemente sui podi internazionali, ma noi ci stiamo riuscendo, servono sempre motivazioni”.

Leggendo le convocazioni per il primo collegiale del nuovo corso del Settebello, in programma al Centro Federale di Ostia dal 3 al 9 novembre, è impossibile non notare che fra i 23 atleti selezionati ci sono ben 20 under23 e solo quattro sono i reduci di Rio. Può darci la giusta chiave di lettura per queste sue scelte?

“Il primo collegiale serve per meglio rendersi conto dei giovani validi sul panorama italiano, tutti ragazzi che ho seguito nelle competizioni internazionali giovanili. Mi aspetto delle risposte, bisogna allargare gli orizzonti in vista dell’’imbuto’ rappresentato dal biennio 2019-2020. Ma nel 2017 non possiamo certo presentarci ai Mondiali solo con i giovani, per questo non dovete pensare che le porte siano chiuse agli ‘anziani’…”.

Quali sono i giovani italiani che potrebbero fare un ulteriore salto di qualità nel prossimo quadriennio?

“I quattro che hanno vinto il bronzo a Rio…”.

L’Italia è già sullo stesso piano di Serbia e Croazia (autentiche dominatrici negli ultimi anni) o manca ancora qualcosina per tornare a primeggiare su tutto e tutti? Anche perché ti manca una sola medaglia olimpica da allenatore del Settebello, per completare l’invidiabile collezione…

“La Serbia è giusto che abbia vinto l’oro olimpico, aveva vinto tutto il resto nel triennio precedente, con un gruppo maturo ad ogni livello, età media 28 anni… Noi siamo lì per fare il nostro dovere come sempre, ma ci sono anche la Croazia, il Montenegro, l’Ungheria, la Spagna, gli USA…”.

Uno sguardo al nostro massimo Campionato. Vedi Recco irraggiungibile o potrebbe essere davvero l’anno del ricongiungimento definitivo di Brescia e Sport Management? Possiamo ancora reputare la nostra A1 il torneo nazionale migliore al mondo?

“No, non possiamo giudicarlo tale, quello ungherese è di altissimo livello, la nostra A1 è tra i migliori tre. Il Recco è ancora la squadra più forte, ma le altre due possono ulteriormente avvinarsi. Il livellamento generale sta avvenendo comunque verso l’alto, mi aspetto sempre più equilibrio”.

Un tuo personale giudizio sulle novità regolamentari che la FINA ha già iniziato a sperimentare a livello giovanile e che potrebbero interessare anche voi a breve.

“A fine anno si capirà, non è detto che vengano attuate, potrebbe rimanere tutto inalterato. Non mi sento di esprimere un giudizio oggi”.

Lasciamoci con una domanda leggera e “surreale”… Potessi rinascere allenatore, di quale squadra in quale sport diverso dal tuo vorresti esserlo?

“Senza dubbi della Juventus, la mia squadra del cuore!”.

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giuseppe.urbano@oasport.it

Foto: profilo FB SandroCampagnaOfficial

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