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Boxe, Olimpiadi Rio 2016: a cosa serve combattere se i verdetti sono già scritti?

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La storia della boxe olimpica è piena di verdetti discussi e discutibili, ma ve ne sono alcuni che fanno gridare allo scandalo, proprio perché sulla carta indiscutibili, se non nella visione dei giudici. L’ennesimo capitolo di questo triste libro è stato scritto ieri sera sul ring dei Giochi di Rio 2016, in occasione della finale dei pesi massimi, dove al kazako Vassiliy Levit non è bastato malmenare dal primo all’ultimo momento il russo Evgeny Tishchenko per laurearsi campione olimpico. I tre giudici hanno infatti visto un altro match, assegnando all’unanimità il titolo al russo, al punto da far pensare che il verdetto fosse già scritto ancor prima di cominciare. A cosa serve, allora, combattere?

L’ingiustizia della proclamazione è stata talmente evidente che sia durante la proclamazione che durante la premiazione Tishchenko è stato sonoramente fischiato, ma davvero non si può far nulla contro questi casi di? Che Tishchenko fosse uno dei pugili preferiti delle giurie lo si era già capito: il russo si era già imposto in modo poco evidente sull’azzurro Clemente Russo, ma ancora prima aveva vinto un titolo mondiale battendo in finale il cubano Erislandy Savón, che pure aveva dominato l’incontro. In questi casi non stiamo parlando della moda di lamentarsi dopo i verdetti che spesso c’è nel pugilato, ma di casi evidenti a tutti: laddove è il pubblico neutro a ribellarsi e fischiare, evidentemente un problema c’è.

L’AIBA deve assolutamente dimostrare la volontà di cambiare questa situazione, altrimenti dovrà essere considerata la prima responsabile al ripetersi di queste situazioni. Un’inchiesta interna per verificare eventuali casi di corruzione è assolutamente necessaria, così come una rivisitazione dei regolamenti, ristabilendo una maggiore trasparenza come qualche anno fa, quando il punteggio veniva mostrato in diretta colpo dopo colpo. In questa ristrutturazione della boxe olimpica, che non può più essere rimandata, la boxe deve essere pronta anche all’eventualità di saltare un’edizione olimpica per ripurificarsi: la nobile arte è infatti la prima vittima di tali verdetti scandalosi, e ne esce con la propria credibilità fatta a pezzi. Il pubblico non può che allontanarsi da uno sport dove il risultato è spesso conosciuto ancor prima dell’inizio del match, e ieri lo stesso kazako Levit sembrava esserne cosciente quando, dopo aver messo quasi KO l’avversario, è uscito dal ring con un sorriso sarcastico alla lettura del verdetto finale.

Di casi, volendo analizzare le cose più a fondo, ce ne sono stati anche altri: pensiamo, ad esempio, alla semifinale dei pesi leggeri, laddove il brasiliano Robson Conceição, padrone di casa, ha sconfitto il campionissimo cubano Lázaro Álvarez. Praticamente insuperabile nel corso del quadriennio, il caraibico è stato battuto per la seconda volta in una semifinale olimpica: a Londra, l’oro nella sua categoria fu britannico, a Rio c’è da supporre che possa essere brasiliano, anche se questa sera il francese Sofiane Oumiha farà di tutto per evitarlo, nella speranza che i giudici decidano di fare appello alla propria coscienza.

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giulio.chinappi@oasport.it

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