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Ciclismo

Giro d’Italia 2016: da Nibali a Pozzovivo, cosa ci ha detto la corsa rosa

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Il Giro d’Italia, ormai, è alle spalle. È ora di provare a tracciare un bilancio di quanto successo nelle ultime tre settimane, soffermandoci su quanto fatto vedere dagli uomini di classifica o presunti tali.

Partiamo da Vincenzo Nibali (Astana). Il successo più sofferto della carriera, maturato indossando la maglia rosa solo l’ultimo giorno e dopo aver attraversato uno dei periodi più difficili della sua carriera. Crolla sulle Dolomiti, risorge sulle Alpi Orientali per andare rimontare in classifica grazie anche ad una squadra encomiabile nei momenti decisivi. Per il resto, abbiamo già parlato a sufficienza della doppia impresa a Risoul e Sant’Anna di Vinadio che è già nella storia del ciclismo.

Promossi Esteban Chaves e Steven Kruijswijk: il folletto della Orica-GreenEDGE ha conquistato il primo podio in grande giro confermando il trend di crescita emerso alla scorsa Vuelta a España, l’olandese ha dimostrato di poter competere, e anche bene, per una maglia prestigiosa. Entrambi sembrano aver trovato una nuova maturità e dopo questo Giro la loro carriera potrebbe cambiare in maniera sostanziale. Kruijswijk (LottoNL-Jumbo) può recriminare per la caduta sulla discesa dal Colle dell’Agnello che gli ha tolto la maglia rosa e la possibilità di cogliere il successo finale: anche le discese, però, fanno parte della corsa.

Alejandro Valverde (Movistar) pur soffrendo le salite oltre i 2300-2400 metri si è dimostrato un mostro di costanza. In qualche modo non è mai naufragato, anche in una corsa poco adatta alle sue capacità di adattamento alle salite di un certo tipo. In ogni caso terza posizione finale e una vittoria di tappa che lo proiettano tra i grandi del ciclismo capaci di salire sul podio a Giro, Tour e Vuelta. Più che convincente Bob Jungels (Etixx-QuickStep) che si è scoperto scalatore: nome pericolosissimo in ottica futura e vincitore della maglia bianca di miglior giovane, con i migliori fino all’ultima tappa.

Rafal Majka (Tinkoff) è rimasto per tutto il Giro nella terra di nessuno. Incapace di stare con i migliori ma allo stesso tempo abbastanza forte per veleggiare nella top 5 in classifica. I gradi di capitano non sembrano avergli giovato e torna a casa con una quinta posizione che sa onestamente di poco. Più arrembante e solido il Giro di Ilnur Zakarin (Katusha), che però è stato costretto al ritiro scendendo dall’Agnello. Memorabile, in negativo, la crono del Chianti con due cadute e un cambio di bici. Pasticcione ma potenzialmente da podio, abbina ad un grande motore anche la capacità di soffrire e una testardaggine vista a pochi in queste tre settimane. Da rivedere in alcuni frangenti di gara.

Passiamo alle noti dolenti. A partire da un Rigoberto Uran (Cannondale) che si è ritrovato solo nell’ultima tappa. Troppo poco per fare qualsiasi cosa dopo 18 giorni di assoluta trasparenza. Il settimo posto finale è una magrissima consolazione. Fuori dai giochi a causa di problemi fisici, Ryder Hesjedal (Trek-Segafredo), non è mai stato della partita. Dopo il Giro iconico di un anno fa era lecito aspettarsi di più, come da un Domenico Pozzovivo (AG2R) che è naufragato nell’ultima tappa. Peccato che già prima avesse un ritardo incolmabile e che sia in salita che a crono abbia palesato potenzialità nettamente inferiori agli altri contendenti.

Nella carrellata di uomini di classifica che abbiamo fatto, c’è posto anche per altri tre atleti. Tom Dumoulin (Giant-Alpecin) ha dimostrato di faticare a reggere sulle salite vere, come giusto che sia per un atleta con il suo fisico. Mikel Landa (Team Sky) ha fatto paura a tutti nella cronometro e solo problemi intestinali gli hanno precluso la possibilità quantomeno di provarci sulle salite, suo terreno di caccia ideale. Michele Scarponi (Astana) si è concesso anima e corpo per Vincenzo Nibali, rinunciando anche ad una possibile vittoria di tappa per fermarsi ad aiutare il capitano. Ma con la gamba che si trovava, il podio non era troppo lontano per l’Aquila di Filottrano.

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gianluca.santo@oasport.it

Twitter: Santo_Gianluca

Foto: Pier Colombo

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