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Atletica, Europei indoor 2015: Chesani esaltante! Che argento nel salto in alto!

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Dopo il bronzo di Federica Del Buono, arriva l’argento di Silvano Chesani nel salto in alto agli Europei indoor di atletica a Praga (Repubblica Ceca), terza medaglia di un’Italia che non ti aspetti.

Il 26enne trentino ha chiuso la gara con la misura di 2.31 metri, suo primato stagionale, la stessa del russo Daniyil Tsyplakov e del greco Adonios Mastoras: a fare la differenza, dunque, è stato il numero di errori. Tsyplakov ha conquistato l’oro per aver superato la misura vincente al primo tentativo, mentre i due rivali hanno valicato l’asticella al secondo, accontentandosi della piazza d’onore ex aequo.

A quasi 27 anni, dunque, Chesani celebra il primo alloro importante della carriera, in un palmares che sinora contava solo un argento ai Giochi del Mediterraneo del 2013.

In gara era presente anche Gianmarco Tamberi, fermatosi a quota 2.24 e settimo nella classifica finale.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

Foto: Fidal

15 Commenti

1 Commento

  1. Luca46

    15 Marzo 2015 at 13:43

    Il paragone con Campriani è proprio quelli che sposa la mia tesi. Forse mi sono espresso male. La federazione di tiro è abituata a raccogliere successi grazie anche a Campriani. Campriani non ha pensato minimamente di arrivare secondo ma ha fatto un errore. La federazione di atletica al contrario quando si fa finale è già un buon risultato. Questo porta psicologicamente a non credere fino in fondo nell’impresa. L’errore ci sta, io ho criticato il modo con cui sono arrivati. Per me è evidente che erano stanchi ed hanno ceduto alla stanchezza perché già appagati. Se la federazione italiana fosse abituata a vincere avrebbero raschiato il barile trovando le energie per fare un tentativo convinto poi se questo tentativo vada a buon fine o no è un altro paio di maniche. Comunque il bello di questo sito è poter discutere e mettere in pista idee diverse. Magari, chi lo sa, siamo fuori strada tutti e due.

    • ale sandro

      15 Marzo 2015 at 14:59

      O magari la federazione di tiro ha in questi ultimi anni,atleti di livello superiore a quelli dell’atletica leggera italiana in un palcoscenico mondiale oltre a Campriani (che sta perdendo parecchi testa a testa con questa nuova formula e anche lui cede eccome alla tensione, cosa assolutamente naturale per me), e non perchè in Fidal si accontentano di vedere i nostri in finale, ma perchè non li hanno atleti di quel livello per poter una volta raggiunta la finale,vederli salire a podio o vincere. Questo al netto di tutti gli improbabili paragoni tra i vari sport.
      La gara in uno sport individuale poi riguarda solo l’atleta e il suo valore,arrivati a un certo punto. E’ lui contro se stesso e gli avversari, la Federazione c’entrava prima se ha fatto le cose giuste.
      Se un saltatore in alto non ha in automatico quelle misure, non se le può inventare dall’oggi al domani, anzi da un minuto all’altro. Per questo quando andrà a fare un tentativo ,dopo che ha già raggiunto e anche superato i limiti attuali, pur provandoci al massimo delle sue forze fisiche e mentali, rischierà per esempio di fare la rincorsa male o sbagliare lo stacco e finire direttamente nei sacconi senza neanche esser riuscito a colpire l’asticella. Non ha i riferimenti attuali che permettano di poter rifare 1.97 nel caso della Trost per esempio, o fare per la prima volta il 2.34 per Chesani. Questo non vuol dire non averci provato, il non averci provato vuol dire andare dal giudice di gara e dire : “io mi fermo qui “. Oppure lasciar scorrere il tempo che ha ogni atleta a disposizione per il proprio tentativo. La Trost dice : “al momento del jump-off io stavo solo pensando a saltare al meglio”. Onestamente questa dichiarazione non mi sembra una cosa così lontana dalla realtà che ho visto. Capacità di entrare nel cervello degli atleti,per sapere cosa pensano o come si sentono, non ce l’ha nessuno.
      Ripeto,secondo me si continua a sottovalutare(non mi riferisco a te ma faccio un discorso generale) le difficoltà di uno sport complesso come l’atletica leggera, e una situazione italiana dove ci sono pochi atleti, non solo da medaglia ma anche da finale. Per questo si sottovalutano piazzamenti difficili da raggiungere quando non si hanno atleti che fanno da riferimento in quella specialità, anche raggiungendo una finale.

      @ Gabriele
      L’appagamento di Sarmiento magari può essere benissimo dovuto a una tattica di gara tipica di uno sport di combattimento: “sono in vantaggio,cerco di gestire difendendomi parando il colpo e rispondendo per non rischiare, invece di continuare ad attaccare”. Gli ha detto male,anche perchè quello era un fuoriclasse abbiamo detto.
      Riguardo a Occhiuzzi, per quanto sia stata bella e tirata la sfida di Napoli, si trattava non di una gara ufficiale a casa dell’azzurro,e ripeto in ogni caso l’ungherese non è certo meno forte dell’azzurro in senso assoluto, per cui secondo me ci può stare anche una partenza in finale più difficile, per chi non aveva in quel momento grandissimi risultati individuali.
      Purtroppo vedo altri esempi di potenziali campionissimi che non si esprimono con continuità, e li la situazione la vedo un po’ più vicina a ciò che state dicendo. Ma non in questi casi.
      Ripeto ancora, è solo il mio punto di vista.
      Detto questo chiudo qui le mie discussioni sull’argomento, vi ringrazio per la pazienza e la chiaccherata 😀

  2. Gabriele Dente

    15 Marzo 2015 at 00:02

    @ale sandro
    Beh, sì, senz’altro le variabili del perché si arrivi a un primo o a un secondo posto sono tante. Bonehkohal era un fuoriclasse, non ci piove, tuttavia lo stesso Sarmiento, pur riconoscendo il valore dell’avversario e il fatto che il suo oro fosse meritato, ammise di essere entrato in finale un po’ appagato. Questo me lo ricordo bene.
    Occhiuzzi l’ho visto battere Szilagyi qui a Napoli (a settembre in un quadrangolare con Dolniceanu e Samele) in un assalto testa a testa in cui nessuno dei due voleva perdere. Magari Occhiuzzi in quell’occasione era più in forma e (appunto) più motivato, ma l’Occhiuzzi di inizio assalto nella finale di Londra era proprio irriconoscibile.
    Non è che io pensi subito all’appagamento quando si arriva secondo invece che primo; riconosco come te che generalmente il più forte vince. Ma resto anche convinto che tra gli atleti azzurri sia abbastanza diffusa una certa “sindrome da appagamento” che talvolta non permette loro di giocarsi al meglio le occasioni della vita. E che a me, personalmente, non piace. Tutto qui…
    A presto!

    • Gabriele Dente

      15 Marzo 2015 at 00:05

      Mi correggo: Sarmiento non disse di essere entrato in finale un po’ appagato. Disse che, una volta andato in netto vantaggio nella finale, era subentrato un appagamento inconscio. Comunque la sostanza non cambia.

  3. alebi

    9 Marzo 2015 at 08:50

    Alla fine in questi campionati (in generale discreti per l’Italia) è successo quello che capita una volta su un milione e cioè di massimizzare le pochissime chances di medaglia: questi erano gli atleti che se la potevano giocare e questi hanno vinto! Però sono state delle belle vittorie perchè sia Trost che Chesani non hanno fatto una gara facile ma sofferta, dove ad un certo punto hai l’ultima possibilità e vai avanti solo se hai più testa che gambe per andare avanti. E infatti, secondo me, è proprio questo che hanno dimostrato rispetto al passato (soprattutto Chesani) 🙂

    Poi, per quanto “allude” educatamente Luca46, credo ci sia una spiegazione proprio nella poca dimestichezza con queste situazioni. La conferma me l’ha data la Kuchina stessa che l’anno scorso alla prima finale si accontentò dell’oro condiviso mentre questa volta (dopo la finale nei mondiali indoor, negli europei outdoor, nella golden league ecc…) è stata proprio lei a richiedere di saltare lo spareggio. Della serie: “Non voglio vincere UNA medaglia, ma LA medaglia d’oro”. Mentre per chi arriva per la prima volta al risultato credo sorga spontaneamente (e quindi non certo voluto) una sorta di appagamento che ti fa calare la concentrazione. Per questo da tutte le parti si “urla” di far fare esperienza, perchè solo l’abitudine alle finali ti fa entrare in una situazione di consapevolezza nei tuoi mezzi e anche di “avidità” (in termini sportivi).

    Poi c’è Federica Del Buono… praticamente un’aliena! Aveva tutti gli ingredienti per costruirsi un alibi grande come una casa e invece è scesa in pista per vincere una medaglia. La stavamo incensando troppo l’anno scorso? Colpa sua, ora si è messa in una situazione ancora più difficile 😀

    A momenti ci scappava anche un bronzo impronosticabile alla vigilia con Tumi, che nonostante la breve preparazione invernale ha ritrovato innanzitutto costanza di rendimento sui tre turni (in parole povere ha retto senza scoppiare). Bravissimo!! Gli auguro di ritoccare già da quest’anno il suo PB outdoor e di ricominciare a togliersi le soddisfazioni che merita.

    Poi mi sono piaciuti tantissimo Bussotti e Alloh. Finalmente per Audrey è arrivato un personale di maggior spessore, mentre il giovane mezzofondista ha dimostrato, oltre che di avere i tempi nelle gambe (cosa che, come scrivevo da altre parti, non si può dimostrare in Italia dato il livello veramente poco esaltante del mezzofondo maschile…. quindi fuori a fare esperienza!!!), anche una personalità che non guasta.

    Purtroppo le uniche vere “delusioni” sono arrivate da due atleti che stimo tantissimo e cioè Chiara Rosa e Schembri. Non tanto per il mero fatto di non aver raggiunto la finale ma perchè questa si raggiungeva con misure veramente modeste. E non esserci riusciti non fa onore a loro che di finali ne hanno fatte tante e che valgono molto di più della figura anonima che hanno fatto. Mi spiace tanto, spero si riscattino durante l’anno.

    Un’ultimo pensiero… ma la Derkach non può tornare a fare le prove multiple? Perchè nella gara secca non ci siamo proprio e questo discorso non è la prima volta che lo si fa.. Quando si vive una situazione di stallo, forse concentrarsi su obiettivi diversi può darti nuovi stimoli e ha l’età giusta per provare a cambiare. Con una preparazione mirata sull’eptathlon secondo me potrebbe togliersi soddisfazioni maggiori.

    • ale sandro

      9 Marzo 2015 at 15:48

      Proprio il discorso che facevi su Alessia a Londra ’12 e che mi trova d’accordo, fa capire come si sia arrivati sempre dopo, anche grazie alla federazione precedente. Per quell’Olimpiade furono diversi gli atleti ad aver avuto il minimo e non poterono andare, tra cui anche la giovane discobola Apostolico che ha palesato le sue difficoltà a proseguire a certi livelli ,anche in un ‘intervista tv a Report, se non sbaglio. In ogni caso certi ritardi si fanno sentire per tutti , anche per i potenziali campioni.
      Dicevamo poca lungimiranza, alla fine impedisce di avere quell’abitudine non solo alle difficoltà della gara importante,già di per sé notevoli, ma anche di tutto l’avvicinamento, il contorno che si fa sentire secondo me per un esordiente. In ogni caso vedo qualche passo avanti in tal senso con certe convocazioni (temo che in altri periodi Bussotti non sarebbe stato neppure preso in considerazione, anche senza avversari “interni”, per fortuna che oggi è stato fatto il contrario), ma serve ancora rischiare un po’ di più, del resto le tante corsie prive di italiani in varie specialità dovrebbero invogliare a lanciare i giovanissimi promettenti. Oltre a Bussotti penso a tutta la nidiata di piccoli mezzofondisti/crossisti sia tra i maschi che tra le femmine che sta venendo fuori con l’ottimo lavori di tecnici ,compreso Stefano Baldini. Non bisogna aspettare che ci sia il tempone spontaneo, delle volte bisogna cercare di “provocarla” se così si può dire.
      Che dire della Del Buono che non ho già detto da un anno a questa parte…che spero la preparazione per lei proceda sempre senza alcun tipo di problema, ecco , spero solo questo. Per come è venuta fuori la gara c’è davvero tantissimo su cui investire.
      La Alloh finalmente “sgrassa” il personale. Una caratteristica dei velocisti visti finora mi sembra sia quella di avercene parecchia anche dopo i 60, è evidente che questa era solo una tappa e che il lavoro punta come logica vuole ai 100. Spero che il lavoro francese abbia dato nuovi stimoli positivi a Tumi e Obou, il potenziale per avvicinare Mennea e i 10 netti secondo me in Italia al momento ce l’hanno proprio loro. Certo ci vorrà ancora tanto lavoro e tempo.
      Anche io rimango stupito dalla Derkach, peccato perchè di talento ne ha , ma continua ad essere troppo discontinua anche a breve distanza di tempo. Riguardo il curare le prove multiple aspetterei di vederecosa succede fino alla fine del quadriennio, secondo me quando avrà 23 anni si potranno avere tutti gli elementi per un primo bilancio di carriera ed eventualmente fare cambiamenti.
      Ci voleva comunque questo piccolissimo brodino caldo per l’atletica italiana, poi ovviamente arriverà il clou della stagione e capiremo se ci sarà un pasto più sostanzioso 😀

  4. ale sandro

    8 Marzo 2015 at 17:53

    Bravissimo Chesani, che fa lo stagionale battendo avversari ben più quotati di lui andando a medaglia. Col personale sarebbe potuta arrivare la vittoria, ma mi sembra pure possibile che si possa anche andare in riserva mentale e fisica, così come accaduto alla Trost. Del resto gli avversari non sono certamente gli ultimi arrivati. Mi aspettavo qualcosina meglio da Tamberi , comunque il settore del salto in alto italiano mi sembra tutto tranne abulico. Lo applaudo senza distinguo di sorta, anche pensando ad altri settori nettamente deficitari.

    • Luca46

      10 Marzo 2015 at 00:04

      Quello che volevo dire è che da questi dettagli si vede che l’atletica italiana non crede in se fino in fondo. Arrivi a medaglia ed hai già vinto. Manca la bava alla bocca, quella che ha portato la Juve di Conte da un settimo ad un primo posto per fare un esempio emblematico. Non c’è l’abitudine a vincere. Era stanca pure la russa ma ha avuto la cattiveria. Poi magari sbagliavano uguale ma con il giusto atteggiamento che ci deve essere. A volte la differenza è tra chi ci crede e chi no.

      • Gabriele Dente

        10 Marzo 2015 at 00:26

        Sono d’accordo. Guardi gli azzurri come esultano per una semifinale vinta e capisci che perderanno la finale. Questa cosa l’ho sempre notata anch’io. Secondo me l’abitudine a certi traguardi conta sicuramente. Ma contano soprattutto, secondo me, il carattere e la mentalità vincente. Il primo è un fatto personale (vedi Valentina Vezzali, tanto per fare un esempio!). La seconda se la inculca l’atleta, ma gliela la inculcano anche l’ambiente (diciamo genericamente la federazione) e i tecnici.

      • ale sandro

        10 Marzo 2015 at 08:36

        Mah..io invece penso che esistano ancora delle gerarchie e dei valori in campo.
        Delle volte non si guarda la realtà delle cose, e non ci si rende conto di come un’atleta possa essere in un momento di carriera superiore a quello della sua avversaria. Per me Kuchina stava saltando meglio della Trost, ci sta la sua vittoria e non c’entra nulla motivazione in più o altro. Era più forte. Poi si parla di esultanze, vogliamo parlare della Licwinko ,campionessa mondiale indoor lo scorso anno in casa, che pregò alla stessa russa di non saltare e vincere a pari merito (cosa che la russa fece a differenza di quest’anno) : un’altro po’ festeggiava il bronzo più dell’oro mondiale in casa dello scorso anno. Ed era una delle leader stagionali a differenza di Trost. E per favore non mi si racconti di Polonia cenerentola dell’atletica perchè sarebbe barzelletta non da poco. Non parliamo neppure di Chesani.
        Se non ci fosse stata “la bava alla bocca” nè Chesani nè Trost avrebbero fatto podio, e neppure il personale stagionale…e la Juve di Conte a mio avviso era la squadra più forte del lotto, poi la motivazione conta sono il primo a dirlo, ma se non parti da una base alta ti scordi risultati positivi.
        E mi chiedo cosa si deve fare quindi. Continuare con i “bravo però..” anche quando non hanno molto senso? Non c’è l’abitudine a vincere, quindi non facciamoli andare neppure a medaglia così di abitudine ce ne sarà ancora meno.
        E si continua a mischiare i fuoriclasse assoluti come la Vezzali, pensando che gli atleti forti o potenziali campioni debbano ottenere lo stesso numero e livello di vittorie.
        Il vizio di ragionare esclusivamente in base alla casellina di sinistra del medagliere non tramonta mai, neppure quando si cerca faticosamente di risalire da autentiche macerie, presenti tuttora. Esultano tutti , anche atleti di paesi forti,per passaggi del turno che evidentemente non si aspettavano,magari anche perchè non avevano mai dimostrato prima quel valore in tempi o misure. Dovrebbero forse piangere?
        Continuo a ritenere che molti appassionati e addetti ai lavori dicano a parole di aver capito quanto sia difficile la situazione dello sport italiano, ma poi quando si tratta di applaudire sportivamente un risultato senza dubbio positivo, non diano affatto questa impressione di aver compreso le cose.

      • alebi

        10 Marzo 2015 at 11:33

        Guarda Luca (perdonami la familiarità) ma la Kuchina, a differenza della Trost, sapeva già per esperienza che la gara non sarebbe finita lì col terzo errore a 1.99. Alessia invece è stata pure lei vittima dell’incomprensione che si è creata per qualche minuto e questo inevitabilmente ti toglie della carica agonistica. Resta un po’ di rammarico perchè, come lei aveva affermato prima della gara, era ben allenata e si sentiva pronta per ottime misure. Ecco forse un 1.97 lascia un po’ di sensazione di incompiuto, anche perchè come dice Ale Sandro i tentativi a 1.99non sono stati proprio belli… di gran lunga migliori quelli della Kuchina (che evidentemente ormai maneggia con costanza queste misure mentre Alessia rientrava dall’infortunio).

        Al contrario ho apprezzato un pelo di più la gara di Chesani perchè onestamente ho temuto uscisse subito, dopo i due errori a 2.24. E lì invece, a differenza del passato, è scattato qualcosa di testa che gli ha permesso di proseguire ben oltre la gara. E non dimentichiamo che è praticamente arrivato ai suoi limiti, infatti 2.34 sarebbe stato il suo personale, non certo misure alle quali è così tanto abituato.

        Il discorso di Gabriele sull’esultanza invece lo trovo un po’ fuori luogo. Condivido il fatto che l’ambiente italiano (in numerosi sport) sia piuttosto protettivo, quando invece a volte esigere risultati sarebbe più professionale, visto che parliamo al 99% di adulti che fanno questo di mestiere (non farebbe male nemmeno una piccola presa di posizione contro chi abitualmente corre e salta sotto i propri standard). Ma rimproverare di esultare per una semifinale vinta è ingiusto. Intanto perchè si tocca la sfera personale, ognuno ha un proprio carattere (difficilmente a tal proposito si vedrà la Kuchina urlare come la Trost) e le manifestazioni di gioia/tristezza sono conseguenze della trance agonistica appena vissuta. Non dimentichiamoci poi che lo sport, in particolare l’atletica, è prima di tutto una gara contro i propri limiti, perciò anche abbattere di un centesimo/centimetro un PB è una soddisfazione immensa che l’atleta deve essere libero di vivere come vuole (bellissima e meritata la gioia della Alloh all’ufficializzazione del nuovo PB). Poi a dirla tutta la Vezzali urla anche dopo aver sconfitto l’avversaria al primo turno, appunto perchè è fatta così 🙂

        • Gabriele Dente

          12 Marzo 2015 at 22:05

          Sì, diciamo che era un po’ fuori luogo perché più che altro era generico (mi riferivo soprattutto ad altre situazioni viste in altri sport). Gli atleti di cui si parla qui vanno sono applauditi, sono d’accordo. E, per rispondere ad ale sandro, non è che io giudichi male chi non vince. C’è solo un pizzico di rammarico per un comprensibile appagamento che a volte secondo me dimostra chi soccombe sul più bello di fronte all’avversario più affamato di lui (mi vengono in mente Occhiuzzi a Londra e Sarmiento a Pechino).
          Non sono stato un grande atleta ma lo sport è metafora della vita e so che cosa vuol dire soffrire per arrivare a un traguardo, ti assicuro 😉

          • Luca46

            12 Marzo 2015 at 23:40

            Ci tengo a precisare che da parte mia c’è grande soddisfazione per i risultati di Trost e Chesani. Preciso anche che non ho affatto detto che si doveva vincere. Io sostengo che si doveva deporre le armi in maniera diversa e questo non è un buon segnale quando si vuole risalire la china. A mio parere si deve lavorare su questi dettagli mentali. Non sono stati salti sbagliati, semplicemente non hanno saltato.

          • ale sandro

            13 Marzo 2015 at 01:08

            Molto semplicemente allora, abbiamo una diversa idea del perchè si arrivi a una vittoria e a un secondo posto.
            Luca ritiene che Chesani e Trost non abbiano nemmeno saltato perchè immagino pensi fossero appagati, io ritengo invece lo abbiano fatto e siano stati battuti da avversari che semplicemente erano migliori di loro. Magari tra cinque/sei mesi la cosa potrebbe essere differente, chi lo sa.
            Poi ci sono sicuramente casi di atleti con favore di pronostico in un testa a testa finale,che non riescono a battere l’avversario ampiamente alla loro portata. Capita, ma non era il caso dei due azzurri secondo me. E non era nemmeno il caso di Sarmiento con l’avversario Iraniano, un vero fuoriclasse, a Pechino, oppure di Occhiuzzi con Szilagy che ritengo sciabolatore migliore dell’azzurro. Ci sono talmente tante variabili in gioco, che pensare subito all’appagamento riguardo al perchè di un secondo posto invece di un primo, mi sembra ingeneroso nei confronti dell’atleta e sembra quasi un disinteressarsi di quelli che sono i valori in campo.
            Con un ragionamento del genere,estremizzando il tutto, si potrebbe dire che l’altro giorno Campriani nell’ultimo tiro degli Europei 10 m, quando si trovava in testa dopo la bella rimonta abbia avuto un “appagamento” , mentre sappiamo molto bene quali sono le problematiche del nuovo regolamento da due anni a questa parte, il valore di Niccolò e come sia difficile la tenuta mentale in quello sport. Non è la “fame” di vittoria dell’avversario ad averlo superato, ecco. E stiamo parlando appunto di un fuoriclasse, non di outsider, manco di lusso, come gli azzurri dell’atletica.
            Per me per risalire la china nell’atletica (e nello sport), si intende avere atleti competitivi in più specialità possibili, non i vuoti e le voragini in questi ultimi anni. Cosa che purtroppo non si comprende bene spesso. Se non hai uno che ti fa da punto di riferimento in una specialità, anche non vincendo magari ma piazzandosi vicino alle posizioni di vertice, stai fresco a pensare di tornare a vincere. E devi passare per le sconfitte, o per le medaglie prima di arrivare al primo posto. La tenuta mentale ,se sei nelle posizioni alte, la devi avere per forza altrimenti ti puoi scordare di rialzarti ogni volta da ripetuti infortuni seri , come accaduto a Chesani e non mollare mai, o riavvicinarti ai due metri come sta cercando di fare la Trost. Non vinci neppure un campionato nazionale senza di quella.
            Poi per carità, ripeto, ognuno ha il suo punto di vista.

  5. Luca46

    8 Marzo 2015 at 17:14

    L’atletica azzurra può tornare col sorriso. Non voglio fare il guastafeste ma non mi sono piaciuti i finali di gara di Chesani e Trost dove hanno staccato la spina quando si poteva per lo meno provare a fare il colpaccio. Ciononostante un grande grazie.

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